Minacce dall'Iran: Israele in massima allerta Analisi di Gianni Vernetti
Testata: La Repubblica Data: 05 aprile 2024 Pagina: 32 Autore: Gianni Vernetti Titolo: «La via per una pace stabile»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 05/04/2024, a pag. 32, con il titolo "La via per una pace stabile" l'analisi di Gianni Vernetti.
Gianni Vernetti
Cresce di ora in ora la tensione fra Gerusalemme e Teheran dopo che nei giorni scorsi scorsi l’aviazione israeliana aveva distrutto uno degli edifici dell’ambasciata della Repubblica Islamica a Damasco, uccidendo Mohammed Reza Zahedi, alto comandante delle Guardie Rivoluzionarie ed uno degli architetti di quell’“Asse della Resistenza” (Iran, Siria, Hamas, Hezbollah, Houthi) che, come ricorda spesso la guida spirituale Ali Khamenei, non cerca né la pace, né la soluzione del conflitto israelo-palestinese, ma insegue l’obiettivo di “estirpare il cancro sionista”, eliminando per sempre la presenza ebraica dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo.
E mentre Israele è in stato di massima allerta in attesa della risposta di Teheran con un possibile attacco di droni o di missili da crociera lanciati direttamente dall’Iran o dalle milizie filo-iraniane in Libano e Siria, emerge sempre più con chiarezza la dimensione “regionale” del conflitto in corso.
Il pogrom del 7 ottobre nel sud di Israele con gli stupri seriali, le torture e il tragico bilancio di vittime è stato realizzato da Hamas, ma è soltanto uno dei capitoli di un disegno molto più ampio ideato e armato dalla Repubblica Islamica dell’Iran, che cerca in ogni modo di affermare il proprio modello arretrato e totalitario sull’intero Medio Oriente.
La posta in gioco travalica anche gli antichi “limes” competitivi all’interno del mondo islamico (la sunnita Hamas è oggi organica alle componenti sciite in Iran, Siria, Libano e Yemen), e l’obiettivo di Teheran è chiaro: mantenere elevata la tensione politico-militare con Tel Aviv, allontanare ogni possibile forma di accordo di pace fra Israele e mondo arabo, usare strumentalmente il conflitto israelo-palestinese.
Di fronte a questo scenario sempre più “regionale” e che investe interessi geopolitici e geo-strategici più ampi, è tempo per Israele, e per l’Occidente, di rilanciare due progetti che possono rappresentare una risposta innovativa e strutturale all’impasse del conflitto permanente: gli Accordi di Abramo e il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (Imec).
Sul primo punto l’idea lanciata dall’intellettuale David Grossman su questo giornale è intelligente e coraggiosa: includere l’Autorità Nazionale Palestinese negli Accordi di Abramo, quello straordinario accordo di pace siglato nel 2020 fra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco che prende il nome da Avraham/Abramo/Ibrahim che ebrei, cristiani e musulmani considerano il patriarca del Monoteismo.
L’apertura degli Accordi di Abramo all’ANP, oltre che offrire una cornice politico-istituzionale innovativa al dialogo israelo-palestinese, permetterebbe anche la ripresa dei colloqui fraIsraele e Arabia Saudita, interrotti dopo il 7 ottobre, riaprendo la strada alla possibilità che il custode dei luoghi santi di Mecca e Medina possa giungere ad un accordo di pace con Israele, capovolgendo così in modo radicale la narrazione dell’impossibilità della convivenza fra ebrei e musulmani in Medio Oriente.
Ma come ha insegnato il Piano Marshall in Europa dopo il secondo conflitto mondiale, la pace ha bisogno di sviluppo per essere duratura. Ed è qui che entra in gioco la seconda “cornice” del Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (Imec). Il progetto, lanciato in occasione dello scorso G-20 a Delhi, può rappresentare una grande opportunità di sviluppo e stabilità fra India, paesi del Golfo, Arabia Saudita, Israele ed Europa, attraverso la creazione di una rete multimodale di 4.800km di connessioni navali e ferroviarie in grado di unire i porti indiani di Mundra e Khanda, quelli emiratini di Fujarah e Jebel Ali, quelli sauditi di Dammam e Ras al Khair per poi giungere attraverso la Giordania ed i territori palestinesi alporto israeliano di Haifa, hub strategico per connettere l’intera rete con i porti europei.
Il “corridoio” non è soltanto un’alternativa alla Via della Seta di Pechino, ma permetterà la creazione di una grande area di sviluppo economico fra Europa e India, la cui condizione per essere realizzata è la pace e la sicurezza fra Israele, Arabia Saudita e paesi del Golfo, anche superando le tre “strozzature geopolitiche” che hanno storicamente condizionato i rapporti fra il Mediterraneo e l’Indo-Pacifico: il canale di Suez e gli stretti di Hormuz e Bab el Mandab, oggi costantemente minacciate dall’Iran e da suoi proxyes.
Gli Accordi di Abramo e il Corridoio India-Medio Oriente-Europa hanno diversi nemici a cominciare dalla Russia, alleata di Iran e Siria, che oggi scommette sull’instabilità permanente in Medio Oriente, per “distrarre” l’Occidente dal fronte ucraino, ma l’inclusione dell’Autorità Palestinese in entrambi i formati rappresenta un’opportunità che Israele potrebbe cogliere per tentare una strada di costruzione di una pace stabile e duratura nell’intera regione.
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