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La Repubblica Rassegna Stampa
04.04.2024 Israele,il dibattito interno
Analisi di Enrico Franceschini

Testata: La Repubblica
Data: 04 aprile 2024
Pagina: 24
Autore: Enrico Franceschini
Titolo: «La svolta del “mea culpa”»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/04/2024, a pag. 24, con il titolo "La svolta del mea culpa" l'analisi di Enrico Franceschini

ENRICO FRANCESCHINI | Cristofariphoto
 Enrico Franceschini

Uno dei veicoli della Ong World Central Kitchen distrutti da un drone israeliano. “Non doveva accadere” è il commento del ministro della Difesa Yoav Gallant, mentre Netanyahu esprimeva il suo profondo cordoglio per le vittime del tragico errore

Il mea culpa di Israele per l’uccisione dei sette operatori umanitari di World Central Kitchen a Gaza è un fatto raro. Nel giro di 24 ore, Benjamin Netanyahu ha espresso “profondo rammarico per un tragico errore”, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il Presidente della Repubblica Isaac Herzog si sono pubblicamente scusati, il generale Herzi Halevi, capo di stato maggiore dell’esercito, ha parlato di “grave sbaglio”, concludendo senza mezzi termini: “Non doveva accadere”. Nel dicembre scorso, nota ilNew York Times , il governo di Gerusalemme impiegò giorni a riconoscere la propria responsabilità per un bombardamento nel centro della Striscia che aveva causato la morte di decine di civili. Questa volta la reazione è stata rapida, collettiva e di contrito imbarazzo. In sei mesi di guerra, non era mai successo.

Un’ammissione di colpa così netta si è verificata di rado nei 76 anni di vita dello Stato ebraico. Gli israeliani non amano l’autoflagellazione: una delle caratteristiche nazionali è lachutzpah , espressione yiddish che significa “sfacciataggine”, a costo di ferire i sentimenti altrui e di cacciarsi nei guai. Conseguenza in parte di una secolare storia di oppressione, in cui gli ebrei erano costretti a piegare la testa, come non intendono più fare da quando hanno uno stato. Perché stavolta l’hanno fatto? Si possono individuare tre motivazioni. La prima è che, a differenza dei quasi 200 operatori umanitari palestinesi morti dall’inizio del presente conflitto, sei delle sette vittime sono stranieri (tre britannici, un americano-canadese, un australiano, un polacco), di Paesi tra i più stretti alleati di Israele: la strage potrebbe essere la goccia chefa traboccare il vaso nel distanziamento dell’Occidente dall’operazione israeliana a Gaza. La seconda ragione è che l’accaduto può dare altre prove all’accusa di crimini di guerra rivolta a Israele presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia. La terza è che Israele ha bisogno di World Central Kitchen: la ong ha reagito all’incidente con la sospensione delle attività umanitarie nella Striscia, aggravando il rischio di carestia, catastrofe di cui le Nazioni Unite imputano la responsabilità a Gerusalemme. Le indiscrezioni dei giornali israeliani indicano altre due possibili ragioni. Una è che Israele abbia capito che la guerra di Gaza sicombatte su un duplice fronte: il campo di battaglia e l’informazione globale. Vincere sul secondo non è meno importante che sul primo: se non esprimessero senso di colpa, Netanyahu e i suoi ministri fornirebbero altro materiale ad Hamas per guadagnare consensi davanti all’opinione pubblica internazionale. C’è infine un’ulteriore possibilità, che il destinatario del messaggio sia interno, non solo esterno: ovvero le forze armate e i servizi di sicurezza di Israele. La stampa di Gerusalemme riporta scarsa coordinazione fra i comandanti locali e il comando centrale: ognuno decide per proprio conto. Un certocaos appartiene alla tipica anarchia israeliana, ma rischia di compromettere tutto, sommato al nuovo errore attribuito all’intelligence: secondo fonti del quotidiano Haaretz , l’ordine di tirare missili sul convoglio umanitario sarebbe stato provocato dalla sospetta presenza di un leader di Hamas a bordo. L’uomo di Hamas non c’era: se per un tranello ordito dai jihadisti, magari nascondendo sull’auto un telefonino, o per un’informazione errata, poco cambia, è il secondo abbaglio per l’infallibile spionaggio israeliano dopo il mancato allarme sull’aggressione del 7 ottobre. Il senso del messaggio governativo a militari e spie sarebbe: così non si può andare avanti. Sono tutte ipotesi. Ma il mea culpa di Israele è abbastanza inedito da poter diventare un game changer : una svolta. Resta da vedere se aiuterà a portare al rilascio degli ostaggi e al cessate il fuoco, come chiedono la comunità mondiale e una parte crescente della società israeliana.

 

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