Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/03/2024, l'analisi di Anna Zafesova a pag. 9, con il titolo "La trincea di Volodymyr".
Anna Zafesova
Volodymyr Zelensky: "Stiamo cercando di non retrocedere" è il disperato appello del presidente ucraino all'Occidente, che non ha ancora capito l'importanza di sconfiggere Putin
«Stiamo cercando di non retrocedere»: la frase che Volodymyr Zelensky ha pronunciato qualche giorno fa nell’intervista al Washington Post riassume molto efficacemente non soltanto la situazione al fronte della resistenza contro gli invasori russi, ma anche l’umore del Paese in questa terza primavera di guerra. Una guerra alla quale in questo momento mancano munizioni, aerei, uomini, ma soprattutto una prospettiva. Un anno fa, l’attesa della imminente controffensiva estiva riempiva gli ucraini di speranza. Un anno dopo, perfi- no notizie che in altri tempi sa- rebbero state applaudite come positive - come le promesse di un coinvolgimento militare più diretto di Emmanuel Macron, considerato per molto tempo dagli ucraini come uno dei leader europei più inclini a compia- cere il Cremlino, o la conferma degli affondamento di altre na- vi russe della flotta del Mar Nero in Crimea - suscitano spesso a Kyiv una reazione di giubilo stanca, appannata dalle bombe che piovono su Kharkiv, dai mis- sili che martellano Odessa e Dnipro, dalle centrali elettriche ridotte in macerie e dallo stillici- dio quotidiano delle morti di civili negli attacchi aerei russi (senza parlare delle perdite al fronte). La nuova ondata di bombardamenti russi non viene più nemmeno mascherata da «attacchi mirati a bersagli militari», con i propagandisti televisivi moscoviti che discutono con gusto di come radere al suolo le città ucraine, e Vladimir Putin che promette una reazione ancora più temibile a quella “pista ucraina” che insiste a vedere nella strage rivendicata dall’Isis nel teatro Krokus di Mosca. Il licenziamento di Serhiy Shefir, uno dei principali consiglieri del presidente ucraino, e soprattutto uno dei suoi migliori amici che lo affianca dai tempi dei teatri studenteschi e della fondazione del suo teatro comico Kvartal-95, appare come un altro segno della fine di un’epo- ca: nell’amministrazione di Ze- lensky, il 59enne produttore e attore si occupava soprattutto dei rapporti con i big dell’econo- mia, i famigerati oligarchi. Dopo due anni di guerra, gli oligar- chi sono stati drasticamente ri- dimensionati, politicamente ed economicamente, e gli equi- libri del potere sono stati ribal- tati. Esattamente cinque anni fa, il 31 marzo del 2019, Zelen- sky aveva vinto il primo turno delle presidenziali, iniziando la sua trionfale corsa verso una presidenza - tre settimane do- po avrebbe ottenuto un clamo- roso 73% dei voti, unendo per la prima volta nella Storia quasi tutto il Paese - che si presentava come un cambio generaziona- le, un tentativo di pace e un so- gno di futuro europeo. Oggi, le nuove elezioni sono rinviate al- la fine della guerra, il presiden- te veste verde militare e gli idoli dell’opinione pubblica ucraina sono i generali, mentre perfino le vecchiette e i bambini distin- guono a orecchio i rumori pro- dotti dai diversi calibri dell’arti- glieria. La guerra non è più un’e- mergenza, è il presente, il passa- to e molto probabilmente il fu- turo, ed è proprio una prospetti- va di questo futuro che l’Ucrai- na sente oggi la mancanza, tra lo stallo al fronte e quello nel Congresso Usa sugli aiuti, l’e- saurimento delle munizioni nei magazzini europei e lo scon- tento interno che inizia a getta- re un’ombra sul consenso nazio- nale finora quasi monolitico. Si tratta di passare in difensi- va, sia metaforicamente che let- teralmente, e l’apparizione di Zelensky a Sumy, al confine con la Russia, tra le trincee e le fortificazioni che l’Ucraina sta costruendo in fretta lungo tutta la linea del fronte, è forse un se- gno di svolta strategica perfino più dell’ammissione, fatta dal leader ucraino nell’intervista al- la Cbs, sulla possibilità di un “dialogo” con la Russia dopo che «Putin avrà perso i territori che controlla dal 2022». I me- dia russi interpretano la frase come un compromesso rispetto alla condizione del ritorno ai confini del 1991 (inclusi la Cri- mea e la parte del Donbass occu- pati dal 2014), ma in realtà Ze- lensky ha soltanto precisato che «non ci sarà bisogno di liberare tutti i territori occupati militar- mente» perché sarà lo stesso pa- drone del Cremlino a voler negoziare, se costretto a battere in ritirata. Il problema è che una nuova controffensiva ucraina appare in questo momento diffi- cile, e anche se una massiccia avanzata russa per ora è più un timore strategico di Kyiv e delle capitali occidentali che un peri- colo imminente, un altro anno come il 2023, di sanguinoso stallo al fronte, sarebbe politica- mente insostenibile. Un sondag- gio pubblicato in questi giorni dall’istituto demoscopico ucrai- no Ppi mostra che il 61% degli ucraini è favorevole a prosegui- re la guerra fino alla vittoria, ma il 39% è più incline a una tregua con negoziato. Il sondaggio non specifica quanti dei sosteni- tori della tregua sono pronti a cedere territori alla Russia e quanti soltanto a “congelare” la linea del fronte, in quello che viene chiamato nel gergo politi- co ucraino lo “scenario corea- no”. Un altro numero però è for- se ancora più preoccupante: il 78% degli interrogati è contra- rio alla nuova legge sulla mobili- tazione, con le sue sanzioni du- rissime contro i renitenti, e il nuovo comandante delle truppe ucraine Oleksandr Syrskiy ha annunciato che la stima di 500 mila nuove reclute - richiesta dall’ex comandante Valery Zaluzhny, licenziato da Zelensky due mesi fa - verrà rivista al ribasso. Non potrà però scendere a zero: l’armata dei volontari che nel febbraio 2022 avevano permesso di non condurre una chiamata alle armi totale, ha bi- sogno di rinforzi dopo due anni di massacro al fronte.
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