L’Italia abbandona Kiev Analisi di Antonio Fraschilla
Testata: La Repubblica Data: 17 marzo 2024 Pagina: 5 Autore: Antonio Fraschilla Titolo: «Armi all’Ucraina, lo stallo dell’Italia: riserve al limite e nessun contratto nuovo»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 17/03/2024, a pag. 5, con il titolo "Armi all’Ucraina, lo stallo dell’Italia: riserve al limite e nessun contratto nuovo", l'analisi di Antonio Fraschilla.
Antonio Fraschilla
Abbiamo dato mezzi in gran parte vecchi, ma utilissimi all’inizio della guerra. Poi abbiamo dato pochino, se non un sistema antimissilistico di nuova generazione. Ma il futuro prevede praticamente il nulla, considerando che siamo al limite con le riserve di armamenti e non abbiamo in corso contratti con produttori del settore per dare mezzi e materiale a paesi terzi. Il supporto dell’Italia all’Ucraina sul fronte militare si sta riducendo e non ci sono cambi di scenario a breve.
Di certo c’è che a oggi negli otto pacchetti di aiuti all’Ucraina inviati dai governi Draghi e Meloni in Parlamento non è stata prevista alcuna spesa aggiuntiva per il bilancio dello Stato: ma l’utilizzo di materiale già in possesso di esercito, marina e aeronautica per un valore, stimato da fonti non ufficiali, di circa 2,2 miliardi di euro. Soldi che saranno coperti in parte dall’Europa che ha destinato un pacchetto di aiuti da 5,5 miliardi di euro per rifornire i magazzini dei Paesi Ue che hanno dato sostegno all’Ucraina.
Nel 2022, con il governo Draghi, sono stati dati mezzi datati ma che nell’emergenza della guerra erano molto utili: un centinaio di semoventi ammodernati con l’aiuto degli americani, lanciarazzi e cannoni in dotazione all’esercito da venti e trent’anni.
Con il governo Meloni è stata conclusa l’intesa, avviata dal precedente governo, con la Francia per dare a Kiev il sistema antimissilistico Samp/t: si tratta di un sistema missilistico terra-aria di ultima generazione sviluppato dal consorzio europeo Eurosam per l’Italia e la Francia.
L’Italia ha consentito poi alla Germania di produrre nell’azienda tedesca nel Lazio Rheinmetall un sistema antiaereo. La società tedesca con operai, ingegneri, manager e brevetti interamente italiani nel dicembre 2022 ha ricevuto dal governo di Berlino una commessa per due batterie complete da donare all’Ucraina, con una spesa di 182 milioni di euro. Si tratta di cannoni mobili a tiro rapido. Alcuni comandanti dell’esercito ucraino sono arrivati in gran segreto a Ciampino per poi andare nella fabbrica tedesca e fare dei corsi di addestramento.
Ma dal 2023 la linea ribadita dal governo italiano è stata quella di «non dare mezzi offensivi ma solo di difesa». Così oltre ad equipaggiamento per attacchi chimici e nucleari e ai missili per la contraerea Aspide terra-aria e lanciarazzi di tipo Milan, l’Italia non ha dato altro. Anche perché per non andare sotto le riserve minime da garantire all’interno del sistema Nato, altro non abbiamo nei magazzini. «Il problema è che non abbiamo risorse illimitate — aveva già detto il ministro Guido Crosetto lo scorso dicembre prima di portare in Parlamento l’ottavo, e al momento ultimo, pacchetto di aiuti — e l’Italia ha fatto quasi tutto ciò che poteva fare e non esiste molto ulteriore spazio».
Il problema dunque riguarda il futuro. A oggi non è in discussione in Consiglio dei ministri un pacchetto di aiuti che preveda anche investimenti con l’avvio di contratti per l’acquisto di armi. Inghilterra, Francia, Germania e Finlandia stano investendo centinaia di milioni per produrre armi da destinare all’Ucraina rendendo anche pubblici gli elenchi. L’Italia al momento no: ed è l’unico grande paese Ue che non ha contratti in corso per la produzione di armi da destinare a Kiev né ha mai reso pubblici gli elenchi con il dettaglio dei rifornimenti allegati agli otto pacchetti di aiuti già approvati dal 2022 a oggi.
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