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Avvenire Rassegna Stampa
16.07.2003 un ottimo esempio di correttezza e trasparenza
un'attenta analisi sull'accordo politico tra Arafat e Abu Mazen

Testata: Avvenire
Data: 16 luglio 2003
Pagina: 17
Autore: Graziano Motta
Titolo: «Israele, attentato scuote la tregua»
Riportiamo l'attenta analisi di Graziano Motta pubblicata su Avvenire mercoledì 16 luglio 2003.
Ancora un attentato palestinese a Tel Aviv, nella zona più bella del lungomare, quella del promontorio di Jaffa, molto frequentata le sere d'estate per la frescura e per i tanti ritrovi. A compierlo un giovane palestinese venuto da Gerusalemme (dal villaggio di El-Lazarieh, quello della Tomba di Lazzaro, alle pendici del monte degli Ulivi) armato di un coltellaccio dalla lunga lama, trenta centimetri, con cui ha ferito prima un agente di sorveglianza all'ingresso di un ristorante, poi due passanti, uno dei quali -Amir Simchon, 24 anni- è deceduto. Anch'egli però è stato ferito, a colpi di pistola alle gambe, da un avvocato messosi ad inseguirlo con un altro coraggioso, consentendo così la sua cattura. Tutto questo si svolgeva alle una e mezza dell'altra notte.
In ospedale il terrorista non esitava a dichiararsi membro delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, il gruppo che si richiama ad al-Fatah, il partito di Arafat e di Abu Mazen. Che, qualche ora prima a Ramallah, al termine di un incontro di alcune ore, avevano annunciato la fine dei loro contrasti politici, ovvero della crisi che ha squassato per una settimana i vertici della politica palestinese. "Tutto risolto tra noi", avevano detto ai giornalisti in attesa.
Hanno così raggiunto un compromesso sui due punti, le prerogative del governo in materia di sicurezza e la conduzione del negoziato con Israele, che avevano sollevato le critiche del comitato centrale di al-Fatah, tanto aspre da indurre Abu Mazen a dimettersi dall'organismo e a lasciare anche intendere di potersi dimettere da primo ministro. Per una settimana Abu Mazen non ha avuto contatti di sorta con Arafat, amareggiato dal fatto che questi non aveva solidarizzato con lui; e il rasi da parte sua aveva marcato il suo dissenso parlando con quegli esponenti dell'establishment che si erano attivati per una riconciliazione. Il compromesso consiste in "una formula che consente di preservare le prerogative di ciascuno", ha detto un portavoce, precisando che Arafat manterrà la responsabilità sulle questioni di sicurezza in generale, il ministro della sicurezza Mohamed Hahlan (uomo di Abu Mazen) le avrà in seno al governo e il Consiglio di sicurezza nazionale, un organismo presieduto da Arafat, non ha avuto ampliate le sue competenze, come chiedeva il rasi. Per quanto riguarda il negoziato con Israele -Abu Mazen era stato accusato di essere "cedevole" -la "formula" ha riguardato "i modi e i mezzi con cui gestirlo", senza altre precisazioni. Si ha dunque la conferma che Arafat mantiene il controllo ultimo e definitivo sulle azioni di governo e sul processo di pace, nonché sui problemi della sicurezza; ma quanto sia l'autonomia di Abu Mazen (e di Dahlan) nell'attuazione della Road Map resta da conoscere o da verificare. Ieri comunque Arafat e Abu MAzen hanno parlato delle scadenze del piano di pace con il generale Omar Suleiman, capo dei servizi egiziani, inviato a Ramallah dal presidente Mubarak.
Un compromesso che ha lasciato sempre più convitno il primo ministro israeliano Sharon, che ha concluso la visita ufficiale a Londra e stamane sarà a Oslo, della necessità di neutralizzare Arafat e che i PAesi europei "taglino ogni legame con lui". Per Sharon l'attentato di Tel Aviv ha evidenziato la necessità che l'Autorità palestinese conduca una lotta decisa al terrorismo. A Gerusalemme si pensa di attribuire la responsabilità dell'azione a un gruppo di palestinesi finanziati dall'Iran, con basi a Nablus e a Jenin che avrebbe già compiuto altre imprese dopo la proclamazione della tregua.
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