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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.07.2003 Una cronaca corretta
E Informazione Corretta ne prende atto con piacere

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 luglio 2003
Pagina: 13
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Israele chiude Ramallah e cerca l'ostaggio»
Francesco Battistini scrive un articolo equilibrato, che cura nei minimi particolari ogni fonte, esponendo i fatti di cronaca con pari dignità e rispetto sia per i palestinesi, sia per gli israeliani, senza pregiudizi nè voli pindarici. Gliene diamo volentieri atto. Speriamo che duri..... Ecco l'articolo:
Fuori i megafoni, dentro le truppe. Mentre a Tel Aviv ricompare lo spettro del terrorismo. Alle tre del pomeriggio torna il coprifuoco, a Ramallah. I soldati israeliani avvertono la popolazione palestinese: vietato uscire di casa. Da tre giorni si sta cercando di scoprire chi e perché ha rapito Eliyahu Gurel, un tassista israeliano di 61 anni immigrato dall’Iraq quand’era bambino, pacifico padre di quattro ragazzi che l’altro giorno è sparito nel nulla. Eliyahu ha detto solo di stare bene, in una chiamata di venerdì scorso. Poi, la voce d’un arabo ha comunicato che l’uomo è sotto sequestro. Nessun grande gruppo palestinese ha rivendicato l’azione, anche se Hamas qualche giorno fa aveva minacciato nuovi rapimenti d’israeliani da scambiare con terroristi in carcere. Il governo palestinese solo ieri ha preso le distanze da quell’annuncio e ora della faccenda si occupa Abu Mazen in persona, primo esempio di collaborazione sul campo. Decine di detenuti palestinesi, temendo che il rapimento possa danneggiare la loro imminente liberazione, hanno chiesto il rilascio di Gurel. A Camp Ofer, da dove si coordinano le indagini, c’è però qualche dubbio sul fatto che i sequestratori chiederanno uno scambio con prigionieri: forse, è l’azione di qualche cellula contraria alla tregua.
Tregua che tiene, sia pure a fatica. Nella notte sul lungomare di Tel Aviv un uomo è entrato in un bar armato di pugnale: tre feriti, tra cui una donna in gravi condizioni. Secondo la polizia si tratterebbe di un attacco terroristico. L’attentatore, palestinese, è stato fermato (e leggermente ferito) dall’agente di guardia al night club. Qualche ora prima a Ramallah, dove due giorni fa è stato mandato all’ospedale il politologo palestinese Khalil Shikaki («colpevole» d’un sondaggio non gradito agli estremisti), è stato trovato ucciso un sospetto informatore della polizia. La tensione gioca scherzi anche grotteschi: un giornalista britannico, John Morgan, omonimo d’un ricercatissimo mercenario stragista dell’Ira, è stato bloccato dopo una segnalazione dell’ intelligenc e inglese. «Che ci fa l’Ira a Ramallah?», si chiedeva ieri un editoriale del Jerusalem Post : niente, perché il giornalista è stato rilasciato. A Gaza, invece, una strada che gl’israeliani avevano riaperto ieri mattina ai palestinesi ieri sera è stata bloccata da una piccola folla di coloni. La hudna insomma è già qualcosa, ha detto da Parigi il presidente francese Chirac, ma non c’è da illudersi troppo.
Lo stallo è soprattutto in tre punti. C’è lo smantellamento dell’ala militare di Hamas e Jihad, che Sharon considera irrinunciabile: a Gaza, la polizia palestinese ha sequestrato armi e arrestato alcune persone, scatenando l’ira di Hamas («Se ci disarmate, addio tregua - dice Abdel Rantisi, numero due del movimento -: è un messaggio di avvertimento all’Anp»). Altra questione, il rilascio dei prigionieri. I palestinesi lo ritengono scarso nelle cifre e troppo lento. Ieri hanno chiesto un intervento del Quartetto Usa-Russia-Ue-Onu. E’ probabile che verrà scarcerato chi sta dentro da più di dieci anni. Di certo non uscirà Marwan Barguti, capo dei tanzim, accusato di 26 omicidi e ieri condannato ad altri sei mesi d’isolamento («Gli israeliani vogliono uccidermi - ha protestato -, mi hanno rinchiuso in una cella piena di scarafaggi»). Infine, c’è il ruolo di Arafat. Sharon e Abu Mazen lo vorrebbero fuorigioco, ma il raìs nelle ultime ore ritrova appoggi dall’estero: una visita a Ramallah del ministro russo Ivanov, la solidarietà della Giordania, l’altolà del ministro degli Esteri britannico Jack Straw. Che a Sharon ha detto di considerare l’uomo in kefiah ancora un interlocutore, in quanto «democraticamente eletto dai palestinesi». Ariel ha incassato, ma ora avverte: se Arafat costringe Abu Mazen a dimettersi, la tregua torna in discussione.
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