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Libero Rassegna Stampa
15.07.2003 Quello di Jenin non fu massacro:
ecco come è andata

Testata: Libero
Data: 15 luglio 2003
Pagina: 1
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Jenin: adesso anche le fonti palestinesi lo ammettono: non fu un massacro ma una battaglia in cui morirono quasi solo terroristi e soldati israeliani»
Riportiamo l'articolo di Dimitri Buffa pubblicato su Libero martedì 15 luglio 2003.
Non un massacro ma una battaglia organizzata dalla Jihad islamica, da Hamas
e da Fatah per contrastare l'esercito israeliano che era penetrato nel campo
profughi di Jenin per arrestare tutti i terroristi che vi si nascondevano.
La farsa e la mistificazione internazionale adesso sono veramente finite
perchè nello studio che verrà pubblicato fra qualche giorno dal "Jerusalem
Post" sono gli stessi media arabi, i loro siti internet e le dichiarazioni
di testimoni palestinesi che hanno visto cosa é successo a Jenin tra il 4 e
l'11 aprile 2002 a mettere fine a una messe di menzogne diffuse ad arte da
alcune di quelle organizzazioni umanitarie che svolgono di fatto il compito
di fiancheggiare ideologicamente la guerriglia palestinese.
500 morti civili bruciati e messi in fosse comuni? Ma quando mai?
In realtà i morti palestinesi non furono più di 53, 34 dei
quali armati di tutto punto. Non basta, nel rapporto di 35 pagine scritto
da Dore Gold, direttore del Jerusalem center for public affairs é contenuta
anche la confessione dei capi della Jihad, di Hamas e di Fatah che ammettono
di avere preparato una grande trappola all'esplosivo per gli israeliani e di
essersi fatti scudo di donne e bambini per poi addossare la colpa di queste
morti agli odiati ebrei.
Vedremo adesso l'onestà intellettuale di quei media, italiani ed europei,
da "Manifesto" e "Liberazione", passando per "l'Unità" e "l'Avvenire" fino ad
arrivare alla blasonata Cnn, che all'epoca puntarono il dito accusatore
contro Israele. Quanti di loro pubblicheranno questo rapporto?
Per la cronaca, già dopo l'operazione "Homat maghen" (muro difensivo) era
venuto fuori che Jenin era una cittadella in cui erano state allestite una
decina di fabbriche di esplosivo oltre a laboratori logistici in cui
venivano confezionate le cinture che poi gli "shaid" indossavano per andarsi
a fare esplodere in Israele. Tanto da essersi guadagnato il poco invidiabile
appellativo di "paradiso dei martiri suicidi".
Anche durante la prima intifada Jenin era stata il quartiere generale delle
"Black panthers", cioè i terroristi che all'epoca non si suicidavano ma
andavano a fare incursioni tra le famigliole delle colonie della Giudea e
della Samaria.
Quasi 14 mila persone vivono a Jenin che è una specie di ghetto dove i
terroristi tengono in ostaggio l'inerme popolazione civile costretta spesso
a fungere da scudo umano. Esemplare a tal proposito furono le testimonianze
di alcuni idraulici palestinesi che raccontarono già nel maggio 2002 a
quotidiani egiziani di avere trasformato le condutture della maggior parte
delle case del campo profughi in ordigni dinamitardi a telecomando: senza
che le famiglie potessero farci niente centinaia di case andarono distrutte
così al passaggio dei soldati israeliani. Ma non dagli stessi soldati.
Tra i primi propagatori delle menzogne su Jenin c'era anche un nemico storico di Israele: il commissario europeo per i rifugiati Toerie Todd Larsen, che poi é anche colui che continua a difendere i soldi Ue all'Anp, negando che tali fondi siano utilizzati per arricchimento personale e per finanziare il terrorismo. Larsen ha anche cercato in ogni maniera di boicottare la commissione d'inchiesta del parlamento europeo, voluta e proposta dai radicali della lista Bonino, che si dovrà occupare dell'utilizzo di tali fondi.
Prima della battaglia finale del 4-11 aprile 2002, che sterilizzò gli
avamposti del terrore, Jenin era stato il luogo da dove erano partiti una
serie di terribili attacchi rivendicati da Hamas in territorio israeliano.
Tra essi il più sanguinoso fu quello del 31 marzo 2002 ad Haifa in cui un
"suicide bomber" si fece saltare in aria con 15 israeliani.
In quell'occasione i soldati israeliani individuarono la cellula che aveva
organizzato il tutto e uccisero cinque terroristi, tra cui Qis Adwan che era
il capo operativo di Hamas a Jenin.
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