Ecco chi finanzia il terrorismo palestinese lo conferma anche il New York Times
Testata: Il Foglio Data: 10 luglio 2003 Pagina: 3 Autore: un giornalista Titolo: «Così i (molti) soldi di Riad arrivano ai»
Riportiamo un articolo pubblicato su Il Foglio giovedì 10 luglio 2003. E' curioso e rivelatore notare come l'argomento sia quasi assente sui nostri media. Che interessi poco sapere chi tirava fuori i soldi per aumentare il livello di "martirio" dei terroristi suicidi ? E dire che il NY Times non è la Sentinella del Canavese ! Mentre Abu Mazen di fronte ai veti di Arafat medita ancora una volta di dare le dimissioni, l’accanita opera di documentazione di uno dei forum internazionali dedicati a fare un po’ di chiarezza nella babele mediorientale alza un velo su uno dei temi più spinosi dell’Intifada palestinese. Su quante risorse finanziarie ha davvero potuto contare Arafat, e soprattutto, quante di esse sono andate a sostegno delle organizzazioni terroristiche e dei suicidi che hanno falcidiato centinaia di civili israeliani? Il quesito, segnatamente rivolto all’Arabia Saudita, è stato risollevato il 24 giugno dal New York Times con un’inchiesta, fondata sull’indiscrezione riservata di forti pressioni da parte dell’Amministrazione americana sulla corte di Al Saud perché i fondi ufficiali destinati al sostegno della causa palestinese, chiamati da anni in gergo "conto 98" dal numero del deposito presso la Banca di Sviluppo Islamica di Jeddah detenuto a questo fine dal Fondo di Sviluppo Saudita, fossero sottoposti a controlli più penetranti. Adel al Jubeir, l’uomo che nel post 11 settembre la corte saudita ha incaricato delle operazioni di pubbliche relazioni negli Usa atte a difendere un’immagine sempre più offuscata dalle collusioni di principi della Corona con la causa di Osama bin Laden e del terrorismo islamista, aveva sino ad allora negato che il sostegno finanziario saudita andasse al terrorismo. Ancora il 18 maggio, aveva negato che "un solo cent" dei 56 milioni di dollari raccolti con una maratona televisiva di 11 ore a sostegno della lotta palestinese fosse andato "a sostegno di Hamas, di organizzazioni terroristiche, o di individui coinvolti con atti di terrorismo. Sosteniamo i fratelli palestinesi finanziando l’unica organizzazione loro legittima rappresentante, l’Anp, e attraverso organizzazioni internazionali come quelle delle Nazioni Unite o della Mezzaluna rossa. Contribuiamo alla creazione di ospedali, programmo di formazione al lavoro, sostegno ai disoccupati, per consentire a migliaia di fa- miglie di avere pane sulla tavola e medicine per i propri bambini, visto che con l’Intifada oltre il 50 per cento dei palestinesi è caduto sotto la soglia della povertà. Ma accusarci di sostenere il terrorismo è senza senso, svolgiamo accurati controlli sui meccanismi di erogazione dei nostri fondi". A giugno, dopo l’inchiesta del New York Times la difesa è rimasta altrettanto ferma ma le sue parole hanno hanno preso impercettibilmente a cambiare. "Se una famiglia perde chi contribuiva al suo sostentamento e finisce in povertà, sì, certo, noi la sosteniamo finanziariamente. Alcune di queste famiglie sono quelle dei martiri suicidi? Sì. Ma noi diamo loro denaro per evitare la disperazione della povertà, indipendentemente da ciò che hanno fatto o non fatto i loro familiari caduti. E’ un incentivo al terrorismo questo? No. E’ sostegno caritatevole per vincere la povertà". Argomento scivoloso.
Il Middle East Media Research Institute A poche settimane dalle domande del New York Times, c’è chi ha pensato a dare le prime risposte chiare, attraverso un lavoro certosino compulsando centinaia di documenti ufficiali sauditi, e risfogliando annate intere di stampa araba alla ricerca dei diversi incontri di emissari di Riad in Palestina e palestinesi in Arabia Saudita. Il lavoro si deve a Steven Stalinsky, direttore generale del Memri, Middle East Media Research Institute, uno degli osservatori permanenti che consente giorno per giorno anche su Internet di seguire "dal di dentro" come fonti ufficiali e ufficiose arabe si pronunciano sui problemi mondiali. E le conclusioni sono leggermente diverse da come le fonti ufficiali saudite tentano indefessamente di affermare. Innanzitutto, le cifre. Che hanno una loro imponenza. Al di là dei fondi ufficiali del "conto 98" all’Anp, il sostegno saudita alla lotta palestinese si realizza tramite due grandi chele. Il Comitato popolare per l’assistenza ai Mujaheddin palestinesi, creato sin dall’indomani della guerra dei Sei giorni e presieduto dal principe Salman Ibn Abd Al-Aziz, governatore di Riad. E inoltre il Comitato per l’Intifada Al Quds e il Fondo Al Aqsa, che agiscono di conserva, sono stati istituiti nell’ottobre del 2000 sotto diretto impulso del principe della Corona in persona, Abdullah Ibn Abd Al-Aziz, e sono presieduti dal ministro degli Interni saudita, principe Nayaf Ibn Abd Al-Aziz. Il vertice della famiglia reale. Ebbene i due canali hanno contribuito alla causa palestinese, secondo le fonti saudite citate da Stalinsky, per non meno di 15 miliardi di rials tra il 1998 e giugno 2003: si tratta di più di 4 miliardi di dollari, concentrati soprattutto negli ultimi due anni. Non pochi, 4 mila miliardi di vecchie lire l’anno dalla sola Arabia Saudita. Ma Stalinsky ha fatto di più. Spulciando le fonti dell’attività del Comitato presieduto dal principe Salman, ha trovato una dichiarazione di ringraziamento dello sceicco Ahmed Yassin, il leader di quella Hamas che i sauditi negano di finanziare. La gratitudine ai principi di Riad è espressa dallo sceicco il 29 aprile 1998, per un versamento a "combattenti" che in quella data ammonta a poco meno dell’equivalente di un milione di dollari, ma è difficile sostenere su queste basi che Hamas non abbia visto un quattrino. In più, sono pubblicati secondo la loro sequenza temporale i documenti dei due organismi presieduti dal principe Nayaf in ordine alle decisioni di contribuire per 20 mila rial (circa 6 mila dollari) per ogni "martire" palestinese, la stessa cifra per ogni handicappato permanente, 15 mila per ogni ferito, 10 mila per ogni prigioniero degli israeliani, decisioni assunte tra il marzo e l’ottobre 2001. Si pubblicano anche i successivi resoconti delle migliaia di famiglie palestinesi così sostenute, e i milioni di dollari complessivamente devoluti a tale causa di sostegno "diretto" di azioni terroristiche. Entro il solo 2001, la cifra su questo capitolo di spesa ammontava a 124 milioni di rial. Dei 15 miliardi di rial complessivi dal ’98 a oggi, almeno 2 sono andati direttamente a rifondere i "martiri" (circa 500 milioni di euro). "La possibilità che i fondi filantropici sauditi raggiungano organizzazioni terroristiche e finanzino attività stragiste è inesistente", ha detto il ministro degli Esteri saudita Saud Al-Faisal il 23 giugno. Si direbbe il contrario. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare il proprio plauso alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.