7 Ottobre: al Museo ANU di Tel Aviv, uno spazio di angoscia, rabbia, dolore e frustrazione Commento di Claudia De Benedetti
Testata: Shalom Data: 19 febbraio 2024 Pagina: 1 Autore: Claudia De Benedetti Titolo: «7 Ottobre: al Museo ANU di Tel Aviv, uno spazio di angoscia, rabbia, dolore e frustrazione»
Riprendiamo da SHALOM online l'articolo di Claudia De Benedetti del 18/02/2024 dal titolo "7 Ottobre: al Museo ANU di Tel Aviv, uno spazio di angoscia, rabbia, dolore e frustrazione".
“7 Ottobre” è il titolo della nuova mostra che sarà inaugurata il 23 febbraio ad ANU il Museo del Popolo Ebraico di Tel Aviv. Eloquente il sottotitolo: “Uno spazio di angoscia, perdita, frustrazione, rabbia e dolore”. L’esposizione temporanea raccoglie le opere di 24 artisti la cui attività creativa riflette i tempi atroci che la società israeliana sta affrontando dal 7 ottobre. Qualcuno dei 24 artisti è vivo, qualcun altro è morto assassinato il 7 ottobre o è caduto durante la guerra in corso, altri abitavano o abitano al sud d’Israele e hanno subito la perdita dei loro cari, delle loro case, o le loro famiglie sono state colpite dagli orrori del massacro. La mostra propone uno spaccato crudo e realistico, che non lascia spazio alla commiserazione, dello stato d’animo degli israeliani e registrare l’esplosione creativa unica che è ben avvertita dall’inizio della guerra. Le conseguenze degli orribili attacchi del 7 ottobre 2023 e della guerra che ne è seguita hanno portato molti israeliani a ripensare al modo in cui interpretano la loro storie personali, l’arte e la cultura: la sensazione prevalente è che anche quando la guerra sarà finita, nulla potrà più essere come prima, che la rabbia e il profondo dolore avranno un effetto duraturo sulle vite di tutti. Nei momenti di gioia così come nei momenti di tristezza, in Israele come ovunque nel mondo, l’arte è sempre stata un mezzo per affrontare e lottare. Gli artisti in mostra rispondono e ritraggono in modo esemplare gli eventi che hanno vissuto, interpretando e articolando memoria collettiva. Nelle parole di Sophie Barzon MacKie, sopravvissuta al massacro nel Kibbutz Be’eri e curatrice della locale galleria d’arte rasa al suolo, “l’arte articola gli eventi e ci fornisce immagini” e ancora “quando si odono i cannoni, le muse tacciono. Il luogo comune secondo il bisogno di sopravvivere calma le idee, i pensieri e la creatività sembra essersi capovolto in questa guerra, e in tutto il paese si assistead un’abbondanza di creatività in tutti i campi dell’arte: si odono i cannoni, le voci delle muse emergono sempre più chiaramente dal profondo della gola”. Tra i primi a dare voce al dolore personale e collettivo dopo il 7 ottobre ci sono stati i musicisti israeliani. La colonna sonora della mostra è perciò composta dalle canzoni che sono state più ascoltate in Israele dal 7 ottobre, canzoni note che la guerra ha caricato di nuovi significati. Alla fine della prima settimana di guerra, i musicisti hanno iniziato ad esibirsi volontariamente in tutto il paese, offrendo un temporaneo sollievo, un’opportunità di stare insieme ai familiari delle persone rapite o uccise, a chi è sopravvissuto a traumi impensabili, a chi era in procinto di partire per la guerra. I musicisti hanno suonato ai funerali e negli ospedali, si sono esibiti per gli sfollati del Sud e del Nord, per i sopravvissuti ai massacri del festival musicale e per i soldati nei luoghi di ritrovo, spesso solo con una chitarra e un grande cuore. Definire questi raduni come semplici spettacoli è riduttivo: si è trattato di incontri intimi tra esseri umani, a volte sono stati proprio gli artisti i primi ad ascoltare le storie degli sfollati, delle persone che erano state ferite o avevano perso i propri cari. Incontri che non saranno dimenticati per la loro energia emotiva e umana che certo sarà argomento di discussione futura.
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