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Il Foglio Rassegna Stampa
11.07.2003 Ieri con la Persia come oggi con gli USA
ecco perchè stare dalla parte di Reza Palhavi

Testata: Il Foglio
Data: 11 luglio 2003
Pagina: 1
Autore: Maurizio Stefanini
Titolo: «La Persia, da Ciro allo scià, era amica degli ebrei. Poi arrivò Khomeini»
Sulla Persia della dinastia Palhavi si sono scritte molte sciocchezze e falsità. Si è fatta - e si fa - pure dell'ironia. Come quella fatta da Sigmund Ginsberg sul Foglio di domenica 6 luglio, dove dà del fesso al figlio dello Scià. Un suo fiduciario lo avrebbe derubato di quasi tutto il suo patrimonio. E chi si fa truffare è un fesso. Meglio tiranno, ha scritto Ginsberg, il popolo lo apprezzerebbe di più.
Strano ritratto quello del Foglio. Noi invece siamo d'accordo con il pezzo di Stefanini che rimette le cose a posto.

Da una parte le dichiarazioni dell’ex presidente Rafsanjani secondo cui "la questione palestinese sarà risolta quando l’Islam avrà la sua bomba atomica"; l’annuncio che l’Iran ormai dispone di un missile in grado di colpire Israele; il sabotaggio di Hezbollah alla road map. Dall’altra la massima provocazione degli studenti in rivolta: "Bisogna distruggere il regime degli ayatollah,
non Israele"! In mezzo il processo del 2000 ai tredici ebrei accusati di spionaggio. Senza dimenticare le accuse della magistratura argentina ai Servizi segreti iraniani di essere le menti dei micidiali attentati antiebraici di Buenos Aires del 1992 e 1994.
Eppure, in passato fu proprio questa Persia, oggi sostituitasi a Saddam nella guida del fronte del rifiuto, il grande amico degli ebrei, come oggi gli Stati Uniti. A partire da quando Ciro il grande liberò gli ebrei dalla
cattività babilonese. "Ciro il Messia", lo definisce addirittura il Profeta Isaia. E anche Esdra afferma che Dio "mosse lo spirito di Ciro". Sembra evidente la simpatia ideologica tra il monoteismo ebraico e il quasi monoteismo
zoroastriano, e molti studiosi oggi pensano che sia stato lo zoroastrismo a ispirare alla teologia ebraica idee come quelle del giudizio universale, del diavolo o degli angeli. Ma c’è pure chi pensa che il passaggio sia stato nell’altro senso, dall’ebraismo allo zoroastrismo. Come che sia, per lunghi
secoli ebrei e persiani hanno vissuto bene assieme. Scrive Paul Johnson nella sua "Storia degli Ebrei": "Sembra che fra tutti quelli che li dominarono gli ebrei abbiano prediletto i persiani; non si ribellarono mai contro di loro: anzi, mercenari ebrei aiutarono aiutarono i persiani a soffocare la ribellione egizia". Nella raccolta di 650 documenti commerciali in caratteri cuneiformi scritti tra 455 e 403 a.C. nella città di Nippur l’8 per cento di tutti i nomi sono ebraici. Il libro di Ester ci ricorda che tutto questo potere degli
ebrei alla corte persiana suscitava ogni tanto gelosie e malumori. Ma nell’istruttivo finale ancora ricordato con la festa del Purim è poi la favorita ebrea del Gran Re a spuntarla, mandando il ministro antisemita sulla stessa forca che aveva riservato ai suoi correligionari.
Gli ebrei si ribellano invece a ripetizione ai macedoni, distruttori dell’impero persiano. E quando una potenza iranica si riforma con i successivi imperi dei Parti e dei Sasanidi, spesso gli ebrei rimasti dal lato romano e bizantino del confine si trasformano in micidiali quinte colonne. Nel 115 d.C., quando Traiano raggiunge la massima espansione dell’impero entrando nella capitale partica di Ctesifonte, è proprio una violenta insurrezione
ebraica nelle retrovia a obbligarlo alla ritirata dall’Iraq. E quando tra 602
e 627 il Gran Re Sasanide Cosroe tenta l’affondo finale contro i bizantini lo accompagna una legione di ebrei, che per alcuni anni occupa la Palestina. Sono questi ebrei che nel 614, al momento della conquista di Gerusalemme, massacrano 90 mila cristiani: strage che risponde alle dure leggi antisemite
del basileus Foca, e a cui poi seguirà un altrettanto feroce pogrom al momento
della riconquista bizantina. Anche nella vicina Arabia in quegli anni le tribù ebraiche filopersiane si scontrano con le tribù cristiane filobizantine, al fianco delle quali sbarca un corpo di spedizione del negus cristiano d’Etiopia. La nascita di poco posteriore dell’Islam può anche leggersi come
reazione del nazionalismo arabo, che si crea un monoteismo indigeno finalmente indipendente da queste influenze straniere apportatrici di discordie.

Prima zoroastriana, poi musulmana
Quando la Persia zoroastriana è conquistata dai musulmani per gli ebrei è un colpo, ma non più di tanto. Ancora nell’XI secolo le cronache ci descrivono l’Esilarca, discendente della casa reale di Davide, regnare con poteri sovrani sulla comunità ebraica di Mesopotamia e Iran su incarico del Califfo, di cui è ministro. L’antisemitismo nasce invece nella reazione xenofoba all’invasione mongola, e cresce nel XVI secolo quando la dinastia Savafide impone come
religione di Stato lo sciismo duodecimano, che una lunga storia di persecuzioni ha reso settario e intrattabile. "Secondo la loro dottrina dieci cose sono impure", ricorda nel 1684 il tedesco Engelbert Kaempfer, segretario
dell’ambasciatore svedese. "L’urina, lo sterco, lo sperma, il sangue, il cadavere, il vino, l’alcool, i maiali, i cani e gli infedeli". Tuttavia, di ebrei in Persia ne rimangono parecchi. E trovano la loro grande occasione
con la monarchia occidentalizzante dei Pahlavi. Fino a quel momento, gli ebrei
sono stati una minoranza relativamente povera, rispetto alla potenza imprenditoriale degli armeni. Ma col boom del petrolio molti di loro acquisiscono un ruolo importante nelle relazioni con l’Occidente. Nel 1951
Mousa Bral, deputato ebreo al Parlamento iraniano, va in visita a Tel Aviv, e dice che tra i 70 mila ebrei presenti in Iran ci sono 10 miliardari, un migliaio di membri dell’élite economica del paese e 5 mila ricchi commercianti.
Non soltanto l’Iran dello scià ha rapporti diplomatici con Israele e lo rifornisce di petrolio, ma fa da centro di transito verso lo Stato ebraico per gli ebrei emigrati dal mondo arabo, dal Pakistan e dall’India. E nei rapporti pesa anche un’influente comunità di circa 45 mila israeliani di origine
iraniana, la stessa cui oggi appartengono il presidente della repubblica Moshe Katsav e il ministro della Difesa Shaul Mofaz.
Due delle prime mosse dei khomeinisti, quando nel 1979 vanno al potere, sono quelle di consegnare la sede dell’ambasciata israeliana all’Olp e di condannare a morte come "spia israeliana" l’importante imprenditore ebreo Habibullah Al-Qanian. Molti ebrei scappano, e la comunità iraniana cala dalle 85 mila unità del 1978 alle 50 mila del 1986, alle 35 mila di oggi. Tra i fuggiaschi, oltre che negli Stati Uniti e in Israele ve ne sono alcuni che finiscono a Milano. La Costituzione della Repubblica islamica all’articolo 13 considera gli ebrei una "minoranza religiosa riconosciuta", con diritto
a seguire il proprio diritto privato e gestire proprie scuole. Inoltre hanno un deputato al Parlamento. Ma l’articolo 14 specifica poi che questi principii si applicano soltanto a coloro che "non si impegnino in cospirazioni o attività contro l’Iran e la Repubblica islamica dell’Iran". E nella prassi anche scambiare lettere con parenti in Israele è considerato "attività antiiraniana".
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