Uno Stato palestinese sarebbe un pericolo mortale per Israele 17/02/2024
Uno Stato palestinese sarebbe un pericolo mortale per Israele Analisi di Antonio Donno
In un articolo di Michael Rubin, Accelerating Palestinian Statehood Would Be Dead Wrong, pubblicato sul “Washington Examiner” del 13 febbraio 2024 [https://www.aei.org/op-eds/accelerating-palestinian-statehood-would-be-dead-wrong/], viene riportata una frase di Biden: “Hamas non rappresenta il popolo palestinese”. È proprio vero? La realtà ci ha insegnato in molti anni tutto il contrario. I bambini palestinesi vengono istruiti nelle loro scuole a odiare Israele e a volerne la distruzione, a ritenere gli ebrei i nemici numero uno dell’Islam, allo scopo di farne dei combattenti fino all’esito finale: la cancellazione dello Stato ebraico dalla carta geografica del Medio Oriente e il trionfo completo dell’Islam nella regione. Allo stesso modo, nonostante il regime repressivo di Hamas nella Striscia di Gaza sia dominante a tutti i livelli, è praticamente impossibile sentire dalla bocca di un qualsiasi palestinese se non disprezzo e odio nei confronti di Israele. Il tutto favorisce il dominio totalitario di Hamas a Gaza. Scrive Rubin con grande precisione: “Si consideri i palestinesi: “L’idea che sia una disputa territoriale piuttosto che l’antisemitismo a motivare il rifiuto palestinese di Israele ignora la storia”. Così, Biden, Blinken, Sullivan e soci ritengono che la causa del terrorismo sia ravvisabile nel torto inflitto ai palestinesi e che il rimedio consista nella soluzione di conflitti territoriali, cioè con la nascita di uno Stato palestinese accanto a Israele: “Questo è pensiero magico – scrive ancora Rubin – perché ignora l’ideologia”, che ha le sue basi nell’odio contro l’ebreo e contro Israele. La vera soluzione, dunque, è la cancellazione dello Stato ebraico e la sua integrale sostituzione con uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme.
La cecità americana di fronte a questa realtà, che affonda le sue radici nei secoli, porta l’Amministrazione Biden a ritenere che la creazione dei due Stati sia l’unica, vera soluzione dell’annoso problema, il cui inizio non sta nella creazione di Israele nel 1948, ma ancora prima, quando, negli anni ’20, i primi halutzim ebrei misero piede in Palestina e cominciarono a farla rinascere dalla sua secolare miseria. Il rifiuto della presenza ebraica nella regione da parte del mondo arabo è così radicato ideologicamente e religiosamente che ignorare questa secolare realtà da parte di Biden e soci “[…] mette a nudo la loro ignoranza sulle radici del conflitto e sulla forma che assumerebbe uno Stato, secondo la mentalità dei palestinesi”, cioè un nemico mortale nei confronti di Israele, uno Stato islamico il cui compito sarebbe quello di riunificare tutto il territorio “dal fiume al mare” sotto l’egida dell’Islam.
Alla fine della seconda guerra mondiale, l’atteggiamento americano era ben diverso. Nel 1946, l’Intelligence Office of the Department of War (poi Defence Intelligence Agency) analizzò la situazione mondiale indicando nel comunismo e nell’islamismo i due nemici più pericolosi per la democrazia americana e occidentale. In particolare, il terrorismo dei Muslim Brotherhood invase l’intera regione mediorientale, cercando di impedire in ogni modo la partizione della Palestina in due Stati e la nascita di uno Stato degli ebrei, i nemici mortali dell’Islam. Questa ideologia, oggi, non è cambiata e pervade nella stessa misura dei primi anni del dopoguerra l’atteggiamento islamico nei confronti di Israele. Nonostante gli “Accordi di Abramo”, è assai difficile credere che nella mentalità della popolazione araba sia venuto meno il disprezzo verso l’ebreo e il suo Stato. È un’ideologia, scrive Rubin, incancellabile.
Biden e soci incorrerebbero in un errore fatale se dovessero riconoscere “unilateralmente” – conclude Rubin – uno Stato palestinese, il cui obiettivo sarebbe quello di distruggere Israele, piuttosto che migliorare il tenore di vita dei suo popolo, esattamente come ha fatto finora Hamas nella Striscia di Gaza. Il terrorismo avrebbe un’impennata tragica in tutto il Medio Oriente, con esiti imprevedibili negli equilibri internazionali. Nella sua storia dell’Irgun – voglio concludere con una frase di Menachem Begin – il leader ebreo scrisse che l’Arab Bureau, che durante la guerra aveva sede al Cairo, elaborò un documento che “guardava ben al di là della vittoria di Hitler. Affermava, non senza soddisfazione, che il numero degli ebrei che desideravano andare in Eretz Israel dopo la guerra si sarebbe considerevolmente ridotto”. Non fu così, ma l’odio contro Israele permane nella mentalità dei suoi nemici.