I dipendenti dell'UNRWA che hanno partecipato al pogrom del 7 ottobre sono solo la punta dell'iceberg
Ci si dimentica facilmente che l’UNWRA – Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente – è stata creata nel 1949 dall’ONU da cui dipende ancora oggi, sebbene questa organizzazione copra solo una parte del suo budget, il resto dipende dalla buona volontà dei Paesi che sostengono la sua attività. Va precisato che, contrariamente alla norma e alla definizione dell'Alto Commissariato per i Rifugiati della stessa ONU, lo status di rifugiato palestinese si trasmette di generazione in generazione. Sembra che nel 1949 vi fossero 700.000 rifugiati; oggi sono sei milioni, distribuiti in 59 campi profughi, di cui 10 in Giordania, 9 in Siria e 12 in Libano. Per la cronaca, 800.000 ebrei che vivevano in certi Paesi da secoli furono cacciati in un’operazione di pulizia etnica che non suscitò l’indignazione globale. Per loro non è stata creata alcuna organizzazione internazionale. Fu la solidarietà ebraica a venire in loro aiuto. Oggi sono cittadini a pieno titolo in Israele e in altri Paesi. Perché allora i rifugiati palestinesi sono ancora in quei campi? Ci sono due risposte a questa domanda. La prima è che beneficiano del vitalizio e dei servizi dell'UNRWA; la seconda è che i cosiddetti Paesi ospitanti si rifiutano di integrarli e di concedere loro dei diritti. Il 99% del personale dell'UNRWA ha lo status di rifugiato. Oltre il 70% del personale opera nel settore educativo. I programmi educativi dell’UNRWA dovrebbero insegnare i valori della pace e della tolleranza. Ahimè, niente è più lontano dalla realtà. Anno dopo anno diverse ONG lanciano grida d’allarme. Prove alla mano, esse dimostrano che i libri di testo insegnano l’odio e la demonizzazione degli ebrei. Non c’è alcuna traccia di Israele nelle carte geografiche che appaiono in quei libri di testo, finanziati in gran parte dall’Unione Europea. Le proteste delle autorità israeliane cadono nel vuoto. Gli europei si accontentano di ammonimenti senza sanzioni reali e senza insistere su un monitoraggio regolare. I bambini palestinesi sono esposti fin dalla prima infanzia a una narrativa alternativa che non ha alcuna somiglianza con la verità storica. Una narrativa alla quale è stato esposto lo stesso personale dell’UNRWA nella Striscia di Gaza. Non c’è dunque da stupirsi nell’apprendere che alcuni di questi membri del personale sono dei simpatizzanti, se non degli attivisti di Hamas. Israele ha dimostrato, con prove alla mano, che almeno dodici funzionari dell'UNRWA hanno preso parte alle atrocità del 7 ottobre su appello di Hamas. Sono stati identificati grazie alle foto che loro stessi hanno scattato e diffuso. Uno di loro ha rapito una donna israeliana e l'ha trascinata a Gaza, dove si ritiene sia ancora detenuta? Questa volta l’indignazione è quasi generale. I principali Paesi occidentali sospendono i loro contributi all’UNRWA. Il Segretario Generale dell'Onu si dice scandalizzato, ma supplica i Paesi donatori a revocare una sospensione che colpisce duramente i palestinesi, che vivono degli aiuti dell'Unrwa. Non menziona la riforma necessaria di un'organizzazione che ha prodotto tali mostri. È molto probabile che ce ne siano stati degli altri che operano ancora al suo interno.