Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Un reportage scandaloso Ettore Mo, un esempio di giornalismo da non imitare
Testata: Corriere della Sera Data: 07 luglio 2003 Pagina: 1 Autore: Ettore Mo Titolo: «E dov’altro sarebbe potuto avvenire, questo miracolo, se non ...»
Sul Corriere della Sera del 07/07/03 Ettore Mo firma un pezzo inquietante, dove, protagonisti di una guerra di ingiustizie e torti, di morti innocenti, di terrorismo, dei minorenni israeliani, messi a confronto con dei minorenni palestinesi, diventano gli accusatori dello Stato d'Israele e di Sharon. Uno Stato dipinto da Mo, usando giovani ingenui, come il peggior Stato di assassini che possa esistere: quello ebraico.
E dov’altro sarebbe potuto avvenire, questo miracolo, se non nella terra di San Francesco? L’avventura italiana dei ragazzi d’Israele e della Cisgiordania è soltanto l’ultimo episodio di un’iniziativa intrapresa dieci anni fa per allacciare un dialogo o, meglio, «gettare un ponte» tra l’infanzia e l’adolescenza delle due comunità, tuttora caparbiamente attestate sulla propria «sponda». Era il ’93 o il ’94 quando la signora Rutie Atsmon, ebrea, decise di fondare una rivista bilingue - ebraico ed arabo - scritta da ragazzi e destinata ai ragazzi, che prese il nome di Windows , Finestre. «Avessi saputo i guai e le difficoltà che ho dovuto affrontare - mi disse quando l’incontrai la prima volta a Tel Aviv, tre anni fa - avrei lasciato perdere». E pochi giorni fa, a Gubbio, con la stessa franchezza: «I guai ci sono ancora, uno per capello, mancano i soldi, mancano i finanziamenti. Ma non possiamo chiudere, perché a quelle Finestre è appesa ora la bandiera della pace. La redazione è in una stanzuccia al piano terra di un condominio popolare, al centro di Tel Aviv. Li ho visti al lavoro: facevano tutto con grande entusiasmo. Né poteva essere diversamente. È la redazione più giovane del mondo: dai 10 ai 14/15 anni. Che è l’età dei dieci ragazzi/e sbarcati a Gubbio - tutti giornalisti di Windows in trasferta premio. Mi raccontano che per andare in ufficio, i «colleghi» palestinesi residenti in Cisgiordania o nella striscia di Gaza dovevano premunirsi di un permesso speciale dell’esercito israeliano. «Oggi che siamo in guerra - concludono - è ancora più difficile. Il giornalista inizia a raccontare di questi dieci ragazzi, tutti minorenni, e chiude questo primo blocco riportando la dichiarazione dei giovani riguardante i permessi che i palestinesi, non tutti, devono avere per entrare in Israele e per attraversare determinati luoghi tra la Cisgiordania, Gaza e Israele stessa. Il bravo Mo non ricorda, però, perché i palestinesi sono costretti a girare come trottole e ad aspettare ore prima di attraversare i posti di blocco. Negli ultimi due anni, da quegli stessi posti di blocco tanto criticati, ogni giorno, dentro ambulanze, sotto le macchine, addosso ai bambini, ai vecchi, si nascondono cinture esplosive. Ogni giorno, là dove l'odio prevale sull'amore per i propri figli che si fanno saltare in aria imbottendosi di tritolo, con lo scopo di uccidere più civili israeliani possibili, i soldati israeliani bloccano decine di terroristi suicidi. Il giornalista conosce forse un modo migliore per fermare, quando non c'é la volontà, chi ti vuole uccidere a tutti i costi? La delegazione (chiamiamola così) è ospite della Tenuta di Fassia, complesso agrituristico in collina che più arioso e verde non potrebbe essere tra querce e cipressi, la vecchia Gubbio sparpagliata appena più lontano, laggiù, nella calura. La gestisce la signora Elena Mancini Griffoli, alla cui intraprendenza è in gran parte dovuto questo non piccolo evento culturale. Perché è subito chiaro che i ragazzi hanno portato in Umbria, in regalo, un sacco di testimonianze dirette e di angosce personali: e che approfitteranno di quest’angolo di terra neutrale per raccontare, senza filtri, la realtà del loro Paese. Che subito illustrano, con dei disegni. Li hanno appena fatti, sul tavolone del refettorio, passandosi matite e pennarelli ed è sufficiente darvi un’occhiata per capire da che «zona» viene l’autore. Per i palestinesi, la realtà è fatta di carri armati, elicotteri Apache in volo sui Territori, bambini che portano l’amichetto morto sull’ambulanza, soldati che sparano, filo spinato. Qualche tempo fa avevano anche allestito una mostra di disegni sul tema «sognando la pace», che furono esposti a Parigi e nello studio dove Pablo Picasso aveva dipinto «Guernica». Si è avuto l’impressione che, nella competizione pittorica, i ragazzi della stella di Davide si siano sentiti un po’ a disagio, non avendo a disposizione, per la propria tavolozza, argomenti e «colori» altrettanto drammatici. In questo passaggio del pezzo Ettore Mo dimostra apertamente la sua posizione rispetto al conflitto tra israeliani e palestinesi. Il giornalista é uno di quelli che fa differenza tra morti. Quelli israeliani non contano. Il fatto grave é che, per far credere al lettore che gli israeliani massacrano i palestinesi, inizia a scrivere delle falsità e ad evidenziare e potenziare dei fatti che avverrebbero nei territori dove vive la popolazione palestinese. Dipinge la scena come in uno dei peggiori film, dove un esercito di soldati ( israeliani) uccidono, umiliano, intimidiscono, massacrano e trucidano bambini innocenti ( palestinesi) utilizzando carri armati, elicotteri mentre bambini palestinesi portano l'amichetto morto sull'ambulanza. Dove ha mai visto queste scene? Conclude scrivendo: soldati che sparano, filo spinato. Il giornalista confonde, e in qualche modo, anche più avanti, tende a paragonare, con l'utilizzo di termini equivoci e ben scelti, tipo filo spinato, lo stile di vita dei palestinesi con lo stile di vita, che non esisteva, dei deportati ebrei in campo di concentramento. Soldati che sparano, filo spinato da tutte le parti, come per dire: ma come, proprio voi ebrei che siete morti in 6 milioni perchè i nazisti vi hanno rinchiuso e massacrato nelle camere a gas, state oggi facendo lo stesso con i palestinesi? Ettore Mo si permette inoltre di scrivere che i ragazzi con la stella di Davide si sono sentiti a disagio perché non avevano a disposizione, per disegnare, argomenti e colori drammatici quanto quelli dei palestinesi. Da questo é appunto evidente la posizione squilibrata del giornalista. Ha la presunzione di dichiarare, tra le righe, che gli israeliani vivono in pace, che i loro morti non contano e che, anzi, non hanno angoscie, dolori, morti. Più che mai falso. Dalla seconda intifada il popolo d'Israele ha perso 762 civili e migliaia di feriti resteranno invalidi per sempre. ( per approfondire vi suggeriamo di dare un'occhiata alle cifre reali: http://www.amicidisraele.org/cifre.htm) Il terrore regna sui bambini, che non dormono la notte per paura, e sulle famiglie. L'economia é a pezzi.
E' necessario però ricordare che i soldati israeliani si trovano nei territori contesi per prevenire attachi terroristici da parte di palestinesi, che i soldati appartengono a uno Stato democratico, quello d'Israele, ed'è fondamentale non confondere e mettere sullo stesso piano il terrorismo palestinese con le azioni di prevenzione e difesa dell'esercito israeliano. E' vero che nei territori la popolazione subisce dei torti, la gente muore, c'é la fame. Ma perché? Uno perché fino ad ora gli arabi tutti non hanno mai accettato, fin dal 1948, e ancor prima, la nascita di uno Stato ebraico, e l'obiettivo è e resta distruggere il nemico sionista, due perché tutti i finanziamenti, compresi quelli dall'Europa, tutti i soldi dei ricconi arabi, invece di finire a favore della costruzione di un futuro migliore per il popolo palestinese, finiscono per alimentare e finanziare i gruppi terroristici. Meglio vedere impietose scene di fame al telegiornale dove, poveracci nei campi profughi, campi profughi mai eliminati dai palestinesi stessi, per poter gridare forte: vedete come gli ebrei ci ammazzano e ci ammassano?
Ma si può arrivare al punto di invidiare la sofferenza altrui? C’è una cosa che tutti accomuna, da una parte e dall’altra della Linea Verde: la paura. Parla Laila, 14 anni, palestinese, che vive nei Territori occupati: «Andare a scuola è pericoloso, abbiamo sempre paura che ci sparino. I soldati dicono che c’è il coprifuoco e bisogna rispettarlo: ma allora, come facciamo a seguire le lezioni? Bisogna sfidarli, i soldati». Atroce vedere riportato da un giornalista, che per professione non dovrebbe essere di parte, una simile dichiarazione estorta con una domanda squallida: ma si può arrivare al punto di invidiare la sofferenza altrui? L’escalation dell’attività suicida dei kamikaze semina il panico dall’altra parte. Dice Yael, 13 anni: «Abito al centro di Tel Aviv e ho molta paura degli attentati. Non salgo mai sugli autobus perché li fanno saltare in aria con dentro la gente. Perciò i miei genitori mi devono portare a scuola e dagli amici in macchina. Praticamente, non vado più da nessuna parte. Sto tappata in casa. Vivo col cellulare». Le fa eco Shai, 15 anni, israeliano: «Mio padre mi proibisce di prendere l’autobus: e così alle mie due sorelle, che vanno all’Università. La nostra attività motoria è stata ridotta di almeno due terzi. Siamo diventati cittadini sedentari per forza. Che fare, d’altra parte? Gli attentati continuano e dopo ogni attentato la gente scende in strada e grida "morte agli arabi"».
Il giornalista riporta questo passo senza ricordare chi sono gli attentatori. Vogliamo ricordarlo che sono dei palestinesi che partono da quei territori, di cui lui stesso parlava, dove gli israeliani sono costretti a stare per difendersi? I soldati israeliani, praticamente identificati da Ettore Mo come assassini, hanno un nome e cognome, i terroristi no. Non si capisce né chi sono né da dove arrivano, né quello che fanno. Dove sono i numeri dei morti israeliani ? Non si può non rimanere stupiti davanti a questi mini-colleghi e colleghe che a meno di 15 anni hanno già un «passato» alle spalle: e che «passato»! Ognuno è maturato prima del tempo e ognuno ha la sua storia da raccontare o la sua opinione da sostenere, che deposita pacatamente sul tavolo. Sono già reduci di guerra. I componenti del gruppo palestinese invitato a Gubbio - apprendo dal loro accompagnatore Aziz - vengono tutti dal campo profughi di Tulkarem, un alveare di morti di fame. Mais, che lì è cresciuta e fa parte della redazione di Finestre , è convinta che, dall’altra parte, funzioni a tempo pieno una vera scuola dell’odio: «Gli ebrei adulti - dice - insegnano ai loro bambini a odiare gli arabi, che vorrebbero lo sterminio di Israele. Lo scopo della nostra rivista è proprio di fargli capire che non è così e che vogliamo ad ogni costo la pace». Proposito che è stato confermato dall’apertura, lo scorso maggio, di un centro di amicizia proprio a Tulkarem, ai bordi del campo profughi: «Ancora una volta - scrive Finestre - vorremmo far sapere che in Israele ci sono persone che si identificano con le sofferenze dei palestinesi e che sono contrarie alle azioni brutali intraprese contro la popolazione dei Territori Il giornalista coglie al volo l'opportunità di avere per le mani l'accompagnatore palestinese, di parte, Aziz. Non intervista però l'accompagnatore israeliano. Offre al lettore un solo punto di vista e anche falso. Come al solito gli ebrei ammazzano gli arabi innocenti compiendo azioni brutali nei territori. Nessun padre ebreo incita il figlio all'odio nei confronti dei palestinesi, anzi, é il contrario. Esistono prove su prove, immagini, documenti, dove gli arabi stessi invitano, sin dai 5 anni, i loro figli ad ammazzare il nemico sionista. Persino sui libri di testo palestinesi esistono passi dedicati interamente a questo. Persino le mamme palestinesi invitano i loro figli a massacrare civili israeliani facendosi saltare in aria in mezzo agli israeliani. Quale mamma del mondo arriverebbe a tanto ? Vedere il proprio figlio di 18 anni imbottito di tritolo pronto a morire e pronto a trucidare degli innocenti? Gli arabi ci riescono e questa é una delle prove, e basterebbe, per dimostrare come, sin da piccoli, i palestinesi, soprattutto perché cresciuti con l'odio, crescono e decidono di diventare dei terroristi suicidi. Per approfondire: http://www.amicidisraele.org/bambi.htm Sono soprattutto i bambini e gli adolescenti a sottolineare le condizioni disumane dei palestinesi nei Territori, in una serie di lettere strazianti che infarciscono ogni mese le pagine di Windows . Come si può srivere questo senza citare le fonti e senza darci la possibilità di leggere tutte le lettere? Anche quelle di chi ha un punto di vista diverso? Così facendo il giornalista ci offre un pezzo di parte palestinese, visto che le dichiarazioni di giovani israeliani presenti nell'articolo sono l' 1%. Ecco quanto scrive Aslam, 11 anni, dal campo profughi di Tulkarem: «Sogno di vivere in un giardino pieno di alberi che circondano una piscina piena di pesci. Quello che mi fa paura sono gli ebrei che uccidono i bambini. Adesso viviamo in guerra. Tutto è distrutto e Israele vuole annientarci. La cosa che mi rende felice è scagliare pietre contro gli ebrei. I miei hobbies sono il calcio e costruire fucili di legno. Il mio sogno è stare in pace lontano dagli ebrei e costruire un fucile automatico. Mi piace stare seduto nella moschea con i miei amici, ascoltare canzoni religiose e leggere i brani dell’Islam. Mi rivolgo al mondo: aiutateci, perché gli ebrei ci hanno preso tutto». Questa dichiarazione di Aslam é frutto di anni e anni di indottrinamenti religiosi e famigliari. Non possiamo discutere sui contenuti di una dichiarazione spontanea, ma possiamo continuare a dire che il giornalista sceglie, tra tutti i passi e tra tutte le frasi dei ragazzi, quelle che più di tutte delegittimano la causa israeliana e fanno di Israele stessa un paese di mostri assassini. Gli ebrei non uccidono i bambini.Gli ebrei non hanno preso tutto agli arabi. Sono gli arabi stessi che hanno confiscato i beni ai palestinesi e che non utilizzano il denaro per il popolo. Israele non vuole annientare i palestinesi. E' il contrario. Il 29 novembre 1947 con la risoluzione 181 l'Onu raccomanda la spartizione dell'ex Mandato Britannico in due stati, uno arabo e uno ebraico. E' la risoluzione su cui si fonda la dichiarazione di indipendenza dello Stato d'Israele (14 maggio 1948). Gli stati della Lega Araba si oppongono alla 181 e scatenano la prima guerra arabo-israeliana. Israele riesce a difendere la propria esistenza. I territori arabi palestinesi e parte della citta' di Gerusalemme cadono, invece, sotto occupazione giordana ed egiziana. Questa fu solo la prima delle 5 guerre che gli Stati arabi, per annientare lo Stato ebraico, intrapresero, attaccando sempre per primi. Acora oggi l'obiettivo, dimostrato a più riprese, resta la distruzione di Israele. Per approfondimenti storici: http://www.amicidisraele.org/storia.htm#israele Penso che, pubblicando integralmente la lettera, la redazione di Finestre abbia voluto registrare la «gradazione» d’odio che si può accumulare nel cuore di un bambino, derubato della propria infanzia: e non rispondendo direttamente alla lettera, com’è consuetudine della rivista, ha atteso che la risposta venisse da un ragazzo dell’altro «campo», come è infatti avvenuto. «Aslam - gli scrive Michael, 13 anni, da Tel Aviv - a te fanno paura gli ebrei che uccidono i bambini, a noi fanno paura i palestinesi che si fanno esplodere e portano con sé bambini, adulti, vecchi e neonati. Tu credi che Israele voglia annientare i palestinesi, ma quando dici israeliani intendi tutti? Certo, ci sono israeliani che lo vorrebbero fare, ma ce ne sono altri che sostengono la necessità della creazione di due Stati. E fra di loro non ci sarà guerra. Così la pensava anche Itzhak Rabin, ma degli uomini che non volevano la pace gli hanno sparato ... Dici anche che gli ebrei devono tornare al Paese da dove sono venuti. Beh, voglio dirti che io sono nato qui, mio padre è nato qui, e così mia nonna e l’intera mia famiglia». Il giornalista si degna di inserire una risposta di un bambino israeliano, utilizzandola però strumentalmente, per far leggere al mondo intero che un bambino ebreo dichiara lui stesso, ingenuamente ed emotivamente, rispondendo al palestinese, che gli ebrei fanno paura perché uccidono i bambini palestinesi. Siamo curiosi di vedere il resto della lettera e di vedere quante lettere pro Israele esistono. Perché Ettore Mo non fa altro che riportare dichiarazioni contro lo Stato ebraico? La corrispondenza tra i due ragazzi continua, attraverso Windows , e non è di poco conforto constatare che le loro posizioni diventano via via meno rigide mentre fa capolino qualcosa di simile alla comprensione. Aslam dirà a Michael che non odia gli ebrei perché sono ebrei, ma perché gli hanno ucciso un fratello; e Michael ammetterà che «l’Israele comandato da Sharon è un Paese occupante» ma che il ritiro delle truppe dai Territori dovrà coincidere con la fine della belligeranza di Hamas e della violenza suicida. E questo è il tono dei discorsi che i dieci bambini-adulti hanno continuato a fare per giorni nel loro «ritiro» francescano davanti a Gubbio. Uso da parte del giornalista della dichiarazione di un minore palestinese che dice: gli ebrei mi hanno ucciso un fratello, per questo vi odio, non perché siete ebrei. E ci mancherebbe. Non c'é però la risposta di un altro israeliano che dice: anche a me avete ucciso un fratello. Leggiamo invece, sempre utilizzando un minore, che Israele é un paese occupante comandato dalla belva Sharon. Ci chiediamo: ma ci sarà stato un bambino israeliano pro Israele o tutti i ragazzi che incontra Ettore Mo, molto fortunato, sono dei filo-palestinesi come lui? Ma chi è stato a cominciare? Chi ha scatenato l’Intifada? Per Laila non ci sono dubbi: «È stato Sharon, quando è andato a passeggiare davanti alla moschea, a Gerusalemme». Interviene Gur, 15 anni, israeliano: «Ma che importanza ha chi ha cominciato. Siamo stati noi, siete stati voi... È assolutamente inutile rivangarci sopra. L’importante è che adesso da ambo le parti si decida di por fine alla guerra, alla violenza». «Eh no, troppo comodo - incalza Maram Baransi, 15 anni, del campo profughi di Tulkarem -. Adesso vi dimenticate che avete occupato le nostre terre, avete fatto gli insediamenti, vi siete presi la nostra acqua, eccetera eccetera ... Troppo comodo!». Ed ora, come in un gioco dove il giornalista, fanciullescamente e sadicamente si diverte molto, si arriva alle colpe. Ovviamente colpa di Israele, dove il bambino ebreo non riesce a controbbattere e l'unica cosa che può dire, invece di difendere le ragioni del suo popolo, é : non ha importanza chi ha cominciato; è tutta colpa nostra. Ettore Mo dov'é il resto delle dichiarazioni dei ragazzi israeliani? La discussione si fa accesa. Sparate in arabo, sparate in ebraico - nel senso di discorsi - che gli interpreti traducono tempestivamente per arrivare, infine, a un’approssimativa versione inglese di cui si capisce poco o nulla. Un crescendo rossiniano dentro cui, a un certo punto, piove un pure nome miracoloso, Gandhi. Ma il fuoco polemico si spegne di fronte all’amara considerazione, condivisa da ambo le parti, che sulle rive del Giordano neanche l’intervento dell’apostolo della resistenza passiva servirebbe a nulla. A meno che mi sia sfuggito nel flusso pirotecnico degli idiomi incrociati, il nome del premier palestinese Abu Mazen non affiora mai nelle chiacchiere dei ragazzi, che invece danno spazio a Yasser Arafat. Eccoci finalmente. Il giornalista, furbescamente, forse per potersi eventualmente salvare da qualche futura denuncia, ci fa intendere di avere, a un certo punto, rischiato di non capire le traduzioni. Forse non ha capito proprio nulla! Secondo un recente sondaggio, solo il 20% dei palestinesi sostiene oggi l’anziano leader di Al Fatah. Sostanzialmente positivo il giudizio degli «ospiti» del campo profughi di Tulkarem: «Penso che sia un buon leader - dice Maram - e che abbia sempre voluto la pace. Ma gli israeliani non erano mai disposti a negoziare con lui, lo consideravano un terrorista». E Laila è d’accordo, ma con qualche riserva: «Non è mai riuscito ad avere un controllo sulla sua gente». L’israeliano Gur lo trafigge invece con una freccia avvelenata, tralasciando ogni valutazione politica: «Nessuna laude. È una delle persone più ricche del mondo e ha lasciato la sua gente nella miseria».
Tutto vero, anche che Arafat era un terrorista e che ha lasciato il popolo palestinese nella miseria. L'unica dichiarazione vera di un giovane israeliano che Mo sceglie di utilizzare é una dichiarazione contro Arafat e non a favore del popolo di appartenenza. Questo la dice lunga sul modo di utilizzare e usare abilmente le parole dei ragazzi. Le frasi dei palestinesi sono contro gli israeliani e il governo, quelle degli israeliani contro gli arabi, contro Israele stessa, equivoche o passivamente di rassegnazione. Inoltre che c'entra parlare di sondaggi quando un conto é fare una domanda a un palestinese e un conto é farla a un giovane minorenne? I parametri sono completamente diversi Chiedo a Rutie un bilancio della sette-giorni a Gubbio. «Intanto - dice - si sono divertiti. Ho visto tanto bei musetti contenti. Non so se riuscirò ad ottenere quanto ho chiesto ai miei mini-giornalisti: e cioè di raccontare su Windows la nostra storia, ma come se la raccontassero a gente che vive sulla luna e non sa nulla della nostra realtà. Chiedo d’avergli chiesto troppo: perché si tratta non di una, ma di due storie: quella d’Israele e quella della Palestina». Dici poco: qua bisogna scomodare Dante Alighieri. «Fosse per i miei ragazzi - continua Rutie - non ci sarebbe più guerra. La soluzione, per gli uni e per gli altri, è la fine dell’occupazione e la creazione di due Stati. Ma c’è al mondo chi non lo vuole».
Anche per Aziz, l’accompagnatore dei palestinesi, il soggiorno in Umbria è stata una parentesi di serenità: ma adesso che è venuto il momento di riportare i suoi cinque scugnizzi e nei Territori non ha più voglia di scherzare. C’è stato tempo e modo di raccontare alla mini-brigata che la terra che li ospitava era una terra miracolosa e alla fine tutti sapevano del lupo di Gubbio e di come San Francesco l’avesse ammansito, accarezzandolo. Ma c’è ancora più stupore nei loro occhi quando apprendono che la bellezza di 800 anni fa il poverello d’Assisi era andato in missione nelle loro terre per abbracciare i fratelli musulmani e anche per rompere un po’ le scatole, da quel gran pacifista che era, ai crociati calati in Palestina per liberare i Luoghi Santi. Era stato accolto con simpatia dal gran Sultano d’Egitto Malek el Kamel.
A questo punto, mi prendo la libertà di fare una domanda giocosa ai mini-colleghi di Windows prima del commiato: se San Francesco fosse vivo e gli venisse in mente di far un salto a Gerusalemme, riuscirebbe ad ammansire Ariel Sharon, come fece, tanti anni fa, col feroce lupo di Gubbio? Sorride il piccolo Shai e così pacatamente risponde: «Innanzi tutto è esagerato paragonare il premier israeliano a una belva assassina ( killing dog ), ma basterebbe se riuscisse a convincerlo ad essere un po’ più ragionevole. In questi ultimi tempi, in realtà, Sharon si è un po’ calmato».
Giusto, si torna dal nemico israeliano che massacra i bambini! Mo é veramente abile a posizionare le dichiarazioni al momento giusto, alludendo senza mai ammettere apertamente le sue posizioni e quelle degli intervistati. Complimenti,scandaloso. Mo si prende la libertà di fare una domanda faziosa e odiosa, mettendo in ballo San Francesco e il cristianesimo, a un minorenne. Conferma la nostra tesi che attribuisce al giornalista la coppa di filo palestinese. Per lui Sharon é una belva assassina. Sceglie ovviamente la risposta di un ragazzo che, con la sua dichiarazione, afferma: Sharon non é una belva assassina, ma di certo non é tenero. Caro Mo, perché non hai paragonato le belve assassine ai terroristi palestinesi o ad Arafat? Sharon non é un terrorista e non uccide civili. E' il Premier eletto di uno Stato democratico che combatte ogni giorno contro terroristi palestinesi. Più secca e dura la reazione di Maram, del campo profughi di Tulkarem: «Sarebbe un viaggio sprecato. Sharon non si ammansirà mai, resterà quello che è fino alla fine dei suoi giorni. Non ha mai sostenuto veramente il processo di pace. È peggio del vostro lupo». Chiusura d'effetto. Per Mo, quanto per Maram del campo profughi, Sharon è un assassino.
Con questo pezzo il Corriere della Sera e Ettore Mo hanno dimostrato, sfruttando strumentalmente l'ingenuità e le parziali dichiarazioni di minorenni, la posizione filo palestinese del quotidiano. Ma non solo, hanno dichiarato al giornalismo italiano la loro posizione anti israeliana. L'idea che si ha leggendo l'articolo è solo una: Israele massacra i palestinesi, Sharon é un boia; i morti israeliani non contano rispetto a quelli palestinesi. Nei territori ci sono dei veri e propri campi di sterminio. Se poi a dirlo sono dei ragazzini innocenti e ingenui, per di più ebrei, allora è la verità. Ettore Mo é riuscito ad usare dei bambini per mostrare, come fanno i palestinesi con i loro figli, ai lettori una realtà falsa: israeliani popolo di assassini. Fino a quando chi, non direttamente coinvolto nel conflitto tra arabi ed ebrei, userà parole di odio e falsità storiche deleggittimando israeliani o palestinesi che siano, da una parte o dall'altra, non ci sarà pace. Non esiste pace dove hanno radici pregiudizi e intolleranze, dove chi deve insegnare o ha la possibilità di comunicare un messaggio, sceglie la strada più facile: schierarsi. Anche lui scende in guerra, anche lui, in quel momento mette il dito su un grilletto e spara, anche lui tira una pietra o si imbottisce di tritolo. In quel momento a perdere é la pace. In quell'esatto istante i morti piangono nelle tombe e un altro bambino cade a terra ucciso dai colpi dell'odio.
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