Il capo di Hamas Ismail Haniyeh è un grande alleato dell'emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani.
Il Qatar, ci viene detto, è oggi l'unica speranza per gli ostaggi israeliani detenuti ormai da più di cento giorni. Quindi, le affermazioni fatte dal Primo Ministro israeliano nel corso di un colloquio che sarebbero dovute rimanere private, agitano la classe politica israeliana. Quel che è peggio, suscitano il biasimo più o meno aperto della Casa Bianca e di alcuni Paesi arabi. Si dice che Benjamin Netanyahu abbia detto qualcosa del genere: “Non aspettatevi che io ringrazi il Qatar; il suo ruolo è problematico perché la sua influenza deriva dal finanziamento di Hamas.” Il portavoce del ministero del Qatar si è dichiarato scandalizzato, non esitando a dire che, se fossero vere, queste sarebbero “dichiarazioni irresponsabili, distruttive per gli sforzi volti a salvare vite innocenti.” È però evidente che il sostegno di Doha è fondamentale per ottenere un accordo sulla liberazione degli ostaggi israeliani, proprio grazie ai rapporti che i qatarioti intrattengono con Hamas. A ben vedere, tuttavia, lungi dall’essere quell’ “onesto broker” - quel sincero mediatore lodato dai media e da alcuni diplomatici stranieri - il Qatar potrebbe piuttosto essere considerato come un pompiere piromane, che cerca, senza sforzarsi troppo, di spegnere gli incendi che lui stesso ha attizzato. Questo piccolo emirato, appena più grande della Bretagna, è infatti l’avamposto dei Fratelli Musulmani e sede del potente canale televisivo Al Jazeera, che ne trasmette i principi fondamentali alle comunità musulmane di tutto il mondo, e in particolare dell'Europa. Questo canale è di proprietà dell'emiro che regna su questa monarchia autocratica. Alleato di fatto dell’Iran, il Qatar è accusato di sostenere i movimenti jihadisti e il terrorismo globale. Senza condannarli apertamente, esso disapprova gli Accordi di Abramo a cui rifiuta di associarsi. Riserva la sua simpatia ad Hamas, il ramo di Gaza della Fratellanza, e offre una calorosa ospitalità ai leader di questo movimento, considerato terrorista dalla maggior parte dei Paesi occidentali. In queste condizioni, è difficile immaginare che l’emiro e i suoi uomini non sapessero a cosa servissero le valigie di dollari che il loro emissario portava ogni mese nella Striscia di Gaza. Questo emissario non si è mai accorto che solo una frazione di questo malloppo arrivava alla popolazione e contribuiva a migliorare la sua sorte? Non vedeva che il cemento e l'acciaio acquistati con i dollari del Qatar non erano destinati al rinnovamento delle infrastrutture e alla costruzione di alloggi, ma alla costruzione di una fortezza sotterranea e di enormi officine per la fabbricazione di missili, di mortai e di altre armi di guerra? È possibile che i leader di Hamas in patria non abbiano mai menzionato il loro obiettivo, ovvero cancellare lo Stato ebraico dalla mappa geografica e fondare un califfato islamico sulle sue rovine? Del resto, è stato sul suolo del Qatar che il leader di Hamas, Ismaïl Haniyeh, il 9 gennaio 2024 ha dichiarato che “le donazioni a Gaza non sono aiuti umanitari, ma un finanziamento alla jihad.” Insomma, il Qatar sembra più interessato alla sopravvivenza di Hamas a Gaza che al destino degli ostaggi.