Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Sharon lontano dalla Road Map Non è vero, ma lo dice il Corriere della sera
Testata: Corriere della Sera Data: 07 luglio 2003 Pagina: 11 Autore: Mara Gergolet Titolo: «Israele libera 350 prigionieri. Hamas: non basta»
DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME - Israele dice sì alla liberazione dei prigionieri palestinesi. Il governo di Sharon ha approvato ieri, in una riunione molto tesa, i criteri per le prime scarcerazioni, accettando le indicazioni dello Shin Bet, i servizi segreti. Sulla lista ci sarebbero circa 350 nomi (su oltre 7000 detenuti). «Ma in nessun caso - ha assicurato il premier Sharon - ci saranno tra di loro terroristi con le mani sporche di sangue».
La giornalista ricorda abilmente che Israele ha intenzione di liberare 350 prigionieri, ma in carcere ce ne sono altri 7000, minimo. Come per dire: visto? Un gesto simbolico che non ha alcun valore. Gli israeliani non hanno nessuna intenzione di rispettare la Road Map. Mara Gergolet sottolinea inoltre la dichiarazione di Sharon " Ma in nessun caso ci saranno tra di loro terroristi con le mani sporche di sangue". Nel modo in cui scrive sembra essere sorpresa di questo, come se fosse normale liberare chi ha massacrato civili innocenti, e da alla frase, collocata dopo aver ricordato al lettore che Israele non sta scarcerando tutti, un pesante effetto: il Governo israeliano lascerà marcire in carcere i detenuti palestinesi. Poverini.
Una concessione, prevista dal piano per la pace ( road map ) che però resta ancora molto lontana dalle richieste dei palestinesi. Sia da quelle del premier Abu Mazen («senza un numero significativo di palestinesi liberati, la tregua fallirà», ha ricordato nel suo ultimo incontro con Sharon, martedì scorso), sia - e tanto più - da quelle dei gruppi radicali come Hamas. Che chiedono, senza distinzione, il completo svuotamento delle carceri israeliane.
Ancora una volta i gruppi terroristici di Hamas vengono chiamati gruppi estremisti; ancora una volta si da al lettore l'idea che Israele non libererà i prigionieri.
Ci sono volute due votazioni (la prima era terminata in parità, 10 contrari e 10 favorevoli) per far passare con 13 voti a 8 una misura che viene apertamente osteggiata da parte del partito di Sharon, il Likud, e che divide l’opinione pubblica israeliana. C’è chi teme anche che la scarcerazioni in massa dei militanti palestinesi, possano solo ingrossare le file della resistenza e rilanciare l’intifada. Ieri c’è stata una manifestazione contro le scarcerazioni davanti all’ufficio di Sharon a Gerusalemme. Discorso opposto per il fronte palestinese: i prigionieri, dopo i «martiri» suicidi, sono visti come coloro che hanno pagato il prezzo più alto per la liberazione nazionale. Abu Mazen vuole riportare a casa quanti più prigionieri possibile: ha bisogno di una vittoria diplomatica da mostrare alla sua gente per conquistarsi la popolarità che ancora gli manca. «Se Sharon gli oppone troppi rifiuti - commenta Nabil Khatib, il direttore della sede palestinese di Mbc - lo indebolisce sul fronte interno, e consegna i palestinesi nelle mani di Hamas». Parole sottoscritte da molti analisti: ieri a Gaza tremila persone hanno manifestato al grido: «Non ci sarà pace senza la liberazione di tutti i detenuti». Basta poco, anche, per scatenare nuovi atti di violenza: a Ramallah, un presunto collaborazionista di Israele è stato assassinato da tre uomini mascherati mentre entrava nel tribunale. Proseguono intanto gli incontri. Ieri Mohammed Dahlan, il capo della sicurezza palestinese, e il generale Shaul Mofaz, ministro israeliano della Difesa, si sono di nuovo rivisti: tema, il ritiro di Israele dai Territori. Le prossime tappe dovrebbero essere Ramallah, la roccaforte di Arafat, e Hebron. Nella notte, una ragazza di 18 anni che voleva compiere un attentato suicida in Israele è stata arrestata a Gaza dai servizi di sicurezza palestinesi. Ma perché la giornalista si ostina a non chiamare i terroristi terroristi? Nel pezzo di oggi vince l'oscar dell'informazione scorretta scrivendo: i prigionieri, dopo i "martiri" suicidi, sono visti come coloro.....Martiri suicidi?? Anche la giornalista é convinta che i terroristi siano dei martiri? Un'affermazione grave!Meglio scrivere terroristi suicidi che, facendosi saltare in aria imbottiti di chiodi e di bulloni, uccidono i civili israeliani. Non é così scontato per chi legge dover sapere cosa significa martire suicida..anche perché, almeno in questi giorni, il Corriere, dedicando solo spazio alla parte palestinese, non ha mai offerto ai propri lettori un pezzo per spiegare chi sono i kamikaze palestinesi e gli orrori che commettono.
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