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Internazionale Rassegna Stampa
04.07.2003 Una propaganda antiisraeliana senza limiti
La sinistra può perdere un po' di pelo, il vizio mai

Testata: Internazionale
Data: 04 luglio 2003
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «estratti dal settimanale»
A pag. 24 l'editoriale del solito Ha'aretz. Per Internazionale infatti esiste solo un quotidiano in Israele.
Nessuna traccia di Maariv, Jerusalem Post e Yedioth Aharonoth, se non per qualche recensione cinematografica o ricette di cucina.

Israele si ritira, Betlemme ai palestinesi.
Il 2 luglio l'esercito israeliano si è ritirato dalla città palestinese di
Betlemme, nel sud della Cisgiordania, e le forze di sicurezza palestinesi
hanno ripreso il controllo della città. Israele, che da settimane manteneva
solo una presenza formale a Betlemme, ha chiarito che la regione resta
circondata dall'esercito. Il ritiro è stato deciso dopo un incontro tra il
premier israeliano Ariel Sharon e quello palestinese Abu Mazen che si è
svolto il 30 giugno ed è stato giudicato positivo da entrambe le parti. Abu
Mazen ha dichiarato che "entro un mese l'esercito israeliano tornerà alle
posizioni che occupava prima dell'inizio della seconda intifada, il 28
settembre 2000. Un accordo concluso tra Israele e i palestinesi il 27 giugno
vieta ai militari israeliani di aprire il fuoco contro i palestinesi solo se
si trovano in pericolo di vita. Fino a pochi giorni fa, i soldati potevano
sparare contro tutti i palestinesi armati.
Falso. L'esercito israeliano aveva il compito di sparare contro palestinesi armati solo in caso di pericolo per la propria incolumità, è un pò diverso.
La lenta distensione nel conflitto israelo-palestinese è cominciata con la proclamazione di una tregua di tre mesi negli attentati fatta da Hamas, la Jihad islamica, al Fatah e le Brigate dei martiri di al Aqsa il 29 giugno. La tregua era stata annunciata di fatto il 23 giugno ed è stata ufficializzata dopo la visita di Condoleezza Rice nella regione.
Internazionale tralascia di riportare una serie di violazioni della tregua (a Qalqilyah, Rafah, Kfar Darom oltre che l'uccisione di un operaio rumeno presso Jenin), da parte di gruppi armati vicini alle brigate di Al-Aqsa (braccio di Al Fatah, partito di Arafat).
Non si capisce il motivo di queste omissioni.

Cronaca:
Israele libera Saadat.
Il governo israeliano ha annunciato la liberazione di 21 prigionieri
politici palestinesi tra cui Ahmad Saadat, leader del Fronte popolare di
liberazione della Palestina (Fplp), in carcere a Gerico da oltre un anno. L'esercito israeliano ha tolto i posti di blocco lungo la strada che
attraversa la Striscia di Gaza per la prima volta dopo due anni. La decisione è stata presa nel quadro della road map, il piano di pace per il Medio Oriente, che israeliani e palestinesi si sono impegnati a seguire con l'appoggio degli Stati Uniti e del Quartetto per il Medio Oriente (Nazioni
Unite, Unione europea, Stati Uniti e Russia).

Arafat ancora prigioniero.
Il premier israeliano Sharon si è detto disposto a permettere al presidente
dell'Autorità Nazionale Palestinese Yasser Arafat di raggiungere Gaza senza
però restituirgli la libertà di movimento, nonostante le richieste del primo
ministro palestinese Abu Mazen. Dal dicembre 2001 Arafat vive nella Muqataa,
il suo quartier generale a Ramallah. L'esercito non assedia l'edificio, in
gran parte demolito, ma minaccia di entrare e compiere arresti se Arafat
dovesse uscirne. Inoltre non gli sarebbe più permesso di ritornarci.
A pag. 30 viene pubblicato un reportage (così lo chiama Internazionale), dello scrittore inglese John Berger, dopo un soggiorno a Ramallah di 6 giorni, nel maggio del 2003.

Internazionale pubblica ogni settimana un diario da Ramallah, ma non basta; allora ecco un "reportage" talmente fazioso, da risultare quasi impossibile leggerlo fino alla fine.
Vediamo alcuni esempi della faziosità antisraeliana che alberga in questo "reportage":

"Certi alberi, in particolare i gelsi e i nespoli, parlano ancora di come molto tempo fa, in un'altra vita, prima della Nakba, Ramallah fosse una città di svaghi e piaceri per le persone agiate. Un luogo in cui ritirarsi dalla vicina Gerusalemme durante la calura estiva, un rifugio. Con Nakba si intende la "catastrofe" del 1948
si intende per tutti o solo per gli arabi? Qui Berger fa quasi capire che la Nakba sia un valore universale, intesa così da tutti
quando diecimila palestinesi vennero uccisi e settecentomila furono costretti a lasciare il loro paese."
Un esempio di faziosità rivoltante. Perchè lo scrittore Berger, non dice che quando l'Onu sancì la nascita dello stato ebraico, con la conseguente dichiarazione di Ben Gurion, furono proprio gli arabi a non accettare ed ad attaccare Israele?
Perchè John Berger non dice che i morti furono provocati da una guerra voluta dagli arabi in base ad una risoluzione Onu che NON accettarono?
Perchè lo scrittore inglese non dice che i palestinesi che lasciarono il paese furono indottrinati e rassicurati dagli arabi ("tornerete da vincitori" dissero loro), convinti di vincere la guerra in poco tempo?
Non lo dice perchè è fazioso, non conosce la storia o fa finta di non conoscerla.
Ma andiamo avanti.

"Oggi non c'è muro nel centro della città di Ramallah, diventata capitale dell'Autorità Palestinese, che non sia ricoperta di fotografie di morti, scattate quando erano vivi, e ora ristampate in forma di piccoli manifesti. I morti sono i martiri della seconda intifada, cominciata nel settembre 2000. Tra i martiri figura tanto chi è stato ucciso dall'esercito e dai coloni israeliani, quanto chi ha deciso di immolarsi in un attacco suicida..."
Vergogna! Si trattano terroristi alla stregua di santi e martiri, senza dire una parola sul fatto che molti dei volti ritratti sulle foto, facendosi saltare in aria su un bus, in un bar o in una pizzeria, hanno falciato e rovinato l'esistenza a migliaia di vite israeliane innocenti.
Ma questo è pretendere troppo dalla faziosità di questo scrittore e da chi pubblica simile spazzatura.
John Berger passa 6 giorni a Ramallah e pretende di stravolgere la storia, inebetito dalla propaganda palestinese.
Andiamo avanti, in un diluvio di demagogia, retorica spicciola e propaganda da quattro soldi.

"Qualsiasi confronto tra le armi utilizzate negli scontri ci riporta alla questione della povertà. Da una parte elicotteri Apache e Cobra, F16, carri armati intelligenti, jeep Humvee, sistemi elettronici di sorveglianza, gas lacrimogeni. Dall'altra catapulte, fionde, telefoni cellulari e, di tanto in tanto, qualche esplosivo artigianale. L'enorme disparità rivela qualcosa che riesco a sentire tra questi muri carichi di dolore, ma a cui non so dare nome..."
Bene, secondo Berger Israele non dovrebbe avere questi tipi di armi per difendersi; piccolo stato ebraico minacciato di estinzione da un mare arabo in fermento, carico di odio.
No, dovrebbe stare a guardare mentre le navi stracolme di armi dall'Iran, o da altri paesi arabi, arrivano a Gaza (ma quali fionde e catapulte!).
Gli enormi quantitativi di esplosivo sequestrati da Israele sarebbero artigianali?
I missili Qassam, con i quali i palestinesi bersagliano i villaggi israeliani sarebbero artigianali?
E' veramente difficile trovare un "reportage" più fazioso di questo.

John Berger rievoca ancora le immagini del bambino ucciso vicino al padre durante una sparatoria, addossando la colpa, naturalmente, ad Israele. Peccato che quella fu una sparatoria tra diverse fazioni, ed il bambino morì in seguito a tiri incrociati anche per opera di pallottole palestinesi, e non fionde o catapulte.
Non è una bella cosa speculare su una disgrazia, ma Berger ormai è indottrinato dalla propaganda palestinese, dopo 6 giorni a Ramallah.

"Il peso delle lastre di cemento fracassate e delle mura sbriciolate del quartier generale di Arafat, un relitto nel centro di Ramallah, ha assunto una gravità simbolica.
Ma non come i comandanti israeliani immaginavano. Radere al suolo la Muqataa con dentro Arafat e i suoi uomini è stata per loro una pubblica dimostrazione della sua umiliazione, proprio come nelle abitazioni private che l'esercito ha sistematicamente razziato e perquisito, imbrattando di ketchup indumenti, mobili, pareti per avvertire che il peggio doveva ancora venire.
Arafat continua a rappresentare i palestinesi forse più fedelmente di quanto qualsiasi altro leader al mondo rappresenti la sua gente..."
Stiamo parlando di Arafat? Allora riportiamo fedelmente quello che, di lui dice, un esponente di spicco di Al Fatah (riportato da Amira Hass a pag.23)
"Se oggi è un ministro a nominare gli ufficiali di polizia, e non Arafat, è già un passo avanti. Siamo stufi di prendere ordini dall'uomo con la Kefiyah".
E ancora, da un ex leader del fronte popolare:
"Se avremo uno stato governato da questo sistema clientelare e corrotto, allora non lo voglio. Preferisco vivere sotto l'occupazione."
Questo accompagnato dal fatto che, secondo i sondaggi nei territori, Arafat non ha più il gradimento di un tempo.
Quanto alle abitazioni private, l'esercito israeliano irrompe in quelle che danno o hanno dato rifugio a terroristi, ma per Berger la parola terrorismo non esiste.
Berger, prima di sputare sentenze, dovrebbe informarsi.

E via proseguendo tra propaganda e faziosità.
E' triste constatare quanto sia efficace la propaganda palestinese in soli 6 giorni di pemanenza.
E' triste anche rilevare come Internazionale continui a pubblicare simili "reportage", senza adeguati bilanciamenti.
Il terrore, la paura, la morte, le mutilazioni, le devastazioni, il dolore, le famiglie rovinate in Israele? Tutto questo per il direttore di Internazionale ha poco senso.
Mai pubblicato niente che testimoniasse tutto questo, solo propaganda ispirata da palestinesi, complimenti.

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