La corte dell’Aja non archivia le accuse di genocidio contro Israele Editoriale di Mario Sechi
Testata: Libero Data: 27 gennaio 2024 Pagina: 1 Autore: Mario Sechi Titolo: «False accuse. La storia e la verità sottosopra»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/01/2024, a pag.2 con il titolo "False accuse. La storia e la verità sottosopra" l'editoriale di Mario Sechi.
Mario Sechi
Alla vigilia del Giorno della Memoria, la Corte dell’Aja è riuscita nell’impresa di far battere alle agenzie di stampa di tutto il mondo la parola “genocidio”, contro Israele. Quelli che guardano solo la procedura diranno che è un fatto ovvio, ma chi punta alla sostanza, non può fare a meno di notare la storia abnorme, un sottosopra della verità: l’orientamento culturale dei giudici è chiaramente il frutto di una forma mentis anti -ebraica che di fatto pone le belve di Hamas- una gang di tagliagole, torturatori, stupratori, la feccia dell’umanità - sullo stesso livello dell’esercito di Israele, un’armata regolare, che agisce sotto la bandiera di uno Stato, secondo le regole della guerra e non di una gang che bussa casa per casa a caccia di ebrei da uccidere. Il genocidio è quello di Hamas e non di Israele, brillava negli occhi degli assassini che hanno assaltato i kibbutz e dei tanti palestinesi (questa è la verità scomoda alla quale le anime belle sfuggono con viltà) che a Gaza festeggiavano con canti e balli la strage, mentre facevano a pezzi i corpi dei rapiti il 7 ottobre del 2023. La decisione finale arriverà, le premesse in punta di fatto e di diritto sono agghiaccianti. Non potendo ordinare un cessate il fuoco (che avrebbe negato a Israele il diritto alla difesa e pregiudicato qualsiasi negoziato sugli ostaggi), i giudici hanno usato una formula che serve solo a inserire - oggi, proprio oggi - quella parola simbolica che evoca la Shoah: «Prendere tutte le misure per prevenire qualunque atto di genocidio a Gaza». Il verbo “prevenire” è usato con la malizia di chi sottintende l’esistenza di una volontà di annientamento del popolo palestinese nel modus operandi di Israele. Si tratta non solo di una falsa accusa, ma di una formulazione che nel linguaggio di Hamas si traduce non a caso in una dichiarazione di vittoria perché «contribuisce a isolare Israele e a smascherare i suoi crimini a Gaza». Qui la parola chiave è “isolare”, cioè fare in modo che allo Stato ebraico manchi il supporto necessario per portare a termine l’obiettivo della guerra: sradicare Hamas. Lo scopo è quello teorizzato da Clausewitz: annientare il nemico. La lotta contro il terrorismo si può fare in molti modi, ma se non elimini il tagliagole che punta la tua giugulare, allora certamente quello è il modo sbagliato di combattere. Questa guerra di Gaza non è come le altre, è questo il punto che viene regolarmente eluso dai critici di Israele. Gli ebrei il 7 ottobre del 2023 hanno visto, di nuovo, la minaccia esistenziale. Ecco perché Hezbollah non può immaginare di agire senza conseguenze e l’Iran deve sapere che sarà colpito. Hamas deve essere un memento e un trionfo, il ricordo del Male, la vittoria del Bene. Non c’è un piano B, esiste solo il piano A: sopravvivere ai tentativi di sterminio, prevalere nella guerra giusta. Entra la Corte, non è quella che farà giustizia.
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