Riprendiamo da LIBERO di oggi 26/01/2024, a pag.1, con il titolo "Processo allo Stato ebraico. L'errore storico dell'Onu", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Roosevelt e Churchill non avrebbero mai fatto alcuna equivalenza morale tra la democratica Israele e i tagliagole di Hamas
Può senz’altro addolorarci, ma purtroppo non deve sorprenderci la naturalezza, l’apparente “normalità” con cui Israele è stata trascinata davanti alla Corte dell’Aja con la raccapricciante accusa di genocidio.
Del resto, anche alle Nazioni Unite, sia in sede di Assemblea generale che di Consiglio per i diritti umani, Gerusalemme ha accumulato più pronunce di condanna di tutti gli altri Paesi messi insieme, stati canaglia inclusi. E per oggi è atteso un primo giudizio del tribunale internazionale: non sull’accusa di genocidio in sé (per quello ci vorranno anni), ma sulle cosiddette misure cautelari. L’Aja potrebbe cioè chiedere la sospensione delle operazioni militari dell’esercito israeliano: davanti a questa ipotesi, è pressoché scontato il no del governo di Gerusalemme, con una conseguente prevedibilissima nuova ondata di polemiche a livello globale. Un capolavoro al contrario: si arriverà alla ricorrenza della Giornata della Memoria non commemorando le vittime della Shoah, ma con lo Stato ebraico inseguito da un’accusa orrenda e oggetto di una campagna mondiale di mostrificazione.
AMARA VERITÀ
L’amara verità è che ormai ci siamo mitridatizzati - una goccia di veleno al giorno - a uno sconcertante rovesciamento delle parti: le democrazie sono sistematicamente sotto attacco e le dittature risultano costantemente giustificate.
Di più: le prime sono portate a colpevolizzarsi, ad autoflagellarsi, a trovarsi sempre “sbagliate” e non innocenti, mentre le seconde estranee a interrogativi e imbarazzi di questo tipo - procedono imperterrite nell’oppressione dei loro stessi popoli, nell’aggressione contro le nazioni vicine, e nel sostegno al terrorismo internazionale.
La fase post 7 ottobre poteva rappresentare l’occasione per voltare pagina: l’atrocità dei crimini commessi da Hamas contro i civili israeliani avrebbe dovuto riaprire i nostri occhi, chiusi da troppo tempo. E doveva ricordare a tutti una verità dolorosa ma necessaria: esistono guerre giuste, ci sono situazioni in cui le democrazie hanno il dovere di proteggersi da una minaccia letteralmente esistenziale.
Così doveva essere inquadrata dagli osservatori occidentali l’inevitabile reazione militare di Gerusalemme: non come una vendetta frutto di un riflesso condizionato, ma come un’azione volta a mettere Hamas nelle condizioni di non nuocere più, e anche ad avvisare in modo deciso le altre teste del medesimo mostro fondamentalista islamico.
Questo non vuol dire esentare Gerusalemme - ci mancherebbe - dal rispetto del diritto internazionale. Ma significa essere consapevoli della differenza incommensurabile tra una democrazia che, con il suo esercito, avvisa la popolazione civile residente nelle zone che saranno oggetto di azione militare e - dall’altra parte - macellai spietati che invece espongono il loro stesso popolo a ogni sorta di rischio; tra chi punta a minimizzare il numero delle vittime e chi invece non si fa scrupolo di massimizzarlo, usando la propria gente come scudo umano. Dopo di che, atroci errori - in guerra - possono accadere, e tutto deve sempre essere oggetto di scrutinio. Ma un elementare sussulto morale, oltre che una dose minima di onestà intellettuale, avrebbero dovuto imporre al nostro Occidente di non avere esitazione, di non tentennare, e di mettere ogni goccia di sangue versato a Gaza in primo luogo sul conto morale e politico di Hamas.
MEMORIA TRADITA
E invece, a partire dalla Casa Bianca di Joe Biden e arrivando alla solita incommentabile Ue, per non dire di un sistema mediatico pressoché interamente schiacciato contro Gerusalemme, si è via via fatto sfumare il ricordo del 7 ottobre, si è focalizzata tutta l’attenzione sulle sofferenze dei palestinesi (che pure indubbiamente esistono), e si sono messi gli israeliani sul banco- non metaforico- degli imputati. È un errore storico, etico e politico.
Ricorriamo a una pagina della Seconda Guerra Mondiale per capire meglio. Nel febbraio del 1945, l’aviazione britannica e quella statunitense- come tutti ricordiamo bombardarono la città tedesca di Dresda. Fu un’azione militare letteralmente devastante: nel centro della città, risultarono distrutte 24mila case su 28mila, e poi furono ancora abbattute scuole, ospedali, chiese, teatri, alberghi, industrie, magazzini. Il numero di vittime - non accertato né accertabile - fu enorme: tra 25 e 35mila morti, e non mancarono stime ancora più impressionanti.
Anche nell’Anglosfera - sia nell’immediato che a posteriori ci si interrogò sull’accettabilità morale di una simile operazione. Ma prevalse l’idea che quel bombardamento dovesse piegare definitivamente il nemico, ponendo le basi per la sua sconfitta finale e senza appello. Certo, il contesto era per molti versi differente: gli strumenti militari di allora non consentivano azioni mirate come quelle possibili oggi, né esisteva l’apparato di convenzioni internazionali che adesso è vigente.
DAL ’45 AL 2024
Ma l’Occidente non cadde nella trappola dell’equivalenza morale tra sé e i nazisti. Joseph Goebbels provò a qualificare l’azione degli Alleati come “criminale”, e per molti decenni in Germania gli estremisti di destra hanno continuato a evocare un “olocausto di bombe” da parte di britannici e americani nel tentativo di parificare e offuscare le memorie della Seconda Guerra Mondiale. Ecco, sarebbe paradossale e imperdonabile se - nel 2024 - si realizzasse contro Israele quel rovesciamento delle responsabilità che non riuscì all’epoca contro Churchill e Roosevelt. Gerusalemme può certamente sbagliare oggi e anche domani. Ma se c’è qualcosa di davvero criminale e irricevibile è il tentativo di mescolare tutto: Israele e Hamas; una democrazia e il terrore islamista; una nazione nata per la libertà e un pugno di macellai sanguinari.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante