Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo di Eithan Orkibi tradotto da Israel HaYom del 15.01.24, dal titolo "Ora sappiamo".
Ci sembrava di sapere tutto quello che c’era da sapere sul fanatismo religioso dei nostri nemici: sull’istigazione, sulla predicazione dell’odio, su un’ideologia organizzata e sistematica che mira a sterminarci. Forse che non avevamo letto la Carta fondativa di Hamas? Ma non credevamo, non potevamo credere che quella cultura dell’odio stesse solo aspettando un’occasione per soddisfare la sua brama perversa di perpetrare un’orgia talmente ripugnante e orribile di violenza sadica, di agghiacciante godimento per il dolore, il sangue, le grida inflitti a masse di innocenti. Ora lo sappiamo.
Apparentemente sapevamo anche tutto quello che c’era da sapere sul crollo dei valori in Occidente, sul troll (prepotente offensivo) “progressista” che la fa da padrone nell’incivile confusione morale. Ci facevamo beffe delle tesi che hanno conquistato le scienze sociali e umanistiche, e canzonavamo le teorie che hanno preso il sopravvento nei festival cinematografici e artistici. Ma non credevamo, non volevamo credere che quel troll avrebbe raggiunto uno stadio tale per cui intellettuali, autori, studenti e persone di cultura avrebbero potuto vedere le immagini di un orrendo massacro e poi andare in piazza a manifestare contro le vittime. Ora lo sappiamo.
Sapevamo che le istituzioni internazionali sono marce, che il mondo della diplomazia è intriso di doppi standard, che “il mondo intero è contro di noi” e che l’ipocrisia viene applaudita. Forse che non avevamo visto chi gestisce il circo dei “diritti umani” alle Nazioni Unite, chi si inchina all’Iran e come l’Ucraina viene sempre più lasciata a difendersi in guerra da sola? Ma non credevamo, non volevamo credere che anche di fronte a un crimine così evidente, palese e ostentato, la stupidità e l’ipocrisia si sarebbero levate a mostrare il loro volto più primitivo nell’aula della Corte dell’Aia, esibendosi in un ignobile spettacolo che insulta l’intelligenza e in una scellerata profanazione dell’umanità stessa.
La famiglia Bibas: il padre Yarden, la madre Shiri, il figlio Ariel di 4 anni e il piccolo Kfir che giovedì ha compiuto un anno in prigionia. Sono stati tutti rapiti il 7 ottobre dal kibbutz Nir Oz dai terroristi palestinesi di Hamas e deportati a Gaza dove sono tuttora trattenuti come ostaggi
Pensavamo di conoscere i nostri soldati. Sapevamo che era l’esercito più patriottico, coraggioso e meno bellicista che si potesse immaginare, anche se nel mondo – e pure dentro Israele – tanti si dannavano per convincerci che i nostri soldati sarebbero dei criminali di guerra, una feccia di malavitosi violatori di altri esseri umani. Ma non sapevamo, non potevamo sapere fino a che punto i nostri soldati avrebbero riacceso il più vitale spirito delle Forze di Difesa israeliane. Non sapevamo quanto i nostri soldati (di 20, 30, 40 o 50 anni d’età) sono fatti della stessa sostanza degli eroi che li hanno preceduti, quanto sono determinati, quanto sono disposti a sacrificarsi per sconfiggere chi ha aggredito il loro paese, quanto sono votati alla missione, quali pagine da leggenda stanno scrivendo. Chi poteva immaginare che sarebbe stato così? Ora lo sappiamo.
Sapevamo di avere un grande paese. O perlomeno che lo era. Sapevamo di essere una nazione bella e onesta di persone sollecite, che si prendono cura. Si cantava “questo paese diviso tutto l’anno, come si risolleva quando sente il pericolo”. Ma non credevamo, non potevamo credere che anche nella nostra generazione ci saremmo risollevati in questo modo dalla polvere degli scontri interni per un così immenso abbraccio collettivo. E rispolveriamo quelle belle canzoni, e le belle persone, e il volontariato, e i pacchi per i soldati, e le bandiere sventolate gli uni verso gli altri in pace. Pensavamo che lo spirito israeliano, lo spirito della generazione dei fondatori e della generazione dei nostri genitori, non sarebbe più sorto. Ora sappiamo che l’ha fatto. (Da: Israel HaYom, 15.1.24)
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