In occasione dell'uscita del libro "Mediterraneo conteso" di Maurizio Molinari, il direttore di Repubblica ha concesso la seguente intervista a Informazione Corretta realizzata da Davide Romano. Un libro che consigliamo perché tocca tutti gli aspetti attuali, non soltanto quelli ai confini del Mediterraneo.
Maurizio Molinari
Qui sotto l'intervista:
Romano: Il Mediterraneo al tempo dei romani era il centro del mondo. Con la scoperta delle Americhe, divenne sempre meno centrale. Oggi nel suo libro lei torna a metterlo al centro delle strategie delle grandi potenze. Cos'è cambiato?
Molinari: Tutte e tre le grandi potenze ne hanno bisogno. La Russia per la proiezione sui mari del sud (motivo per cui la Russia ha invaso l’Ucraina e messo piede in Siria, Mali, Burkina Faso…). La Cina ha bisogno del mediterraneo per la Via della Seta. Per uno sbocco naturale alle merci in arrivo dal Mar Rosso/Suez per arrivare a Genova o Marsiglia. Per gli USA invece, il Mediterraneo resta il confine con le crisi del sud del mondo.
Romano: Certe risorse energetiche nutrono il terrorismo islamico, grazie soprattutto a Paesi come Iran e Qatar. La transizione energetica verso fonti alternative agli idrocarburi potrà svuotare le loro casse? Che ruolo stanno giocando i Paesi del Golfo in questa transizione?
Molinari: Una domanda affascinante. Gli Emirati hanno siglato gli accordi di Abramo nel 2020, l’Arabia Saudita ha congelato le trattative, ma non le ha annullate a seguito della guerra fra Israele e Hamas. Questi due Stati hanno capito che la dipendenza dai carburanti fossili non garantisce più la crescita nel lungo periodo. Sono le prime monarchie del Golfo che progettano una crescita economica slegata dai soli idrocarburi, e aperta alle nuove forme di energia. Gli altri lentamente seguiranno.
Romano: I flussi migratori stanno creando un'opinione pubblica ostile ai migranti. Eppure gli africani in partenza per l'Europa che cercano una vita migliore cresceranno. Con quali conseguenze sociali? L’Europa si sposterà sempre più a destra?
Molinari: Il conflitto non è più fra destra e sinistra. Il conflitto è tra populismo e democrazia In Europa: è cioè tra quei politici che vogliono rinnovare la democrazia, e quelli invece che vogliono ridisegnare le democrazie facendole assomigliare ad autocrazie. Vedi alla voce Trump. Ma attenzione: se andiamo a vedere il populismo di sinistra in Europa, ha lo stesso obiettivo (Podemos, per esempio). Il tema dei migranti è un tema che i partiti sovranisti sollevano per recuperare più voti possibili. Ma anche qui: è una narrativa contro i parlamenti. Il loro ragionamento è: ci sono i migranti e il Parlamento non fa a sufficienza, serve un governo forte….
Romano: L’Occidente non sembra capire il progetto imperiale iraniano. Dopo il 7 ottobre è cambiato qualcosa? Israele cosa può fare di fronte a questa enorme sfida militare?
Molinari: L'attacco del 7 ottobre ha riportato Israele alla dimensione geostrategica che aveva nel 1948. Quindi siamo di fronte a un reset drammatico per il Medio Oriente. Perché parlo del 1948? perché per la prima volta da allora le milizie armate dall'Iran possono minacciare ogni angolo del territorio nazionale. Perché Hamas ha dimostrato di potere fare un pogrom dentro i confini di Israele. Questa è la realtà. L’ultima volta che Israele si è trovata in una situazione del genere era appunto nel 1948. Quali possono essere le conseguenze? Israele ha bisogno di una nuova dottrina di sicurezza. Per gli Stati Uniti significa confrontarsi con uno scenario che li spingerà ad accelerare gli accordi di Abramo perché è l’opzione migliore che hanno a disposizione. Passando da un accordo tra israeliani e palestinesi e la pace con i sauditi, ma è un processo lungo. Perché bisogna scegliere i nuovi leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, fare degli accordi in questo momento molto difficili per i partiti israeliani. Questa situazione con gli USA impegnati in una strategia giusta ma lunga in termini di tempo, offre all’Iran la possibilità di perseguire il proprio progetto di distruggere Israele. Questo è il nuovo Medio Oriente di oggi. Un Iran più forte, un Israele molto più fragile e gli USA impegnati a stabilizzare la regione. Questo è il mondo dopo il 7 ottobre.
Romano: Mi pare che intanto l’Occidente stia cadendo nella trappola dell’Iran, che lo distrae in Iraq con gli sciiti, nel Mar Rosso con gli Houti…
Molinari: Noi stiamo vivendo un momento di accelerazione della storia. Non è una crisi come le altre. L’Europa è in ritardo rispetto a tutto questo, perché reagisce ancora con una dinamica novecentesca. Se la Russia aggredisce l’Ucraina o Hamas attacca Israele, certa Europa vorrebbe mediare sia con la Russia che con Hamas. Il punto invece è che queste due aggressioni sono due eventi spartiacque e, come se non bastasse, c’è che la Russia ha sostenuto Hamas. Quella Russia nei confronti della quale Israele ha tenuto un atteggiamento di neutralità sull’Ucraina (pur essendo pro-Ucraina…ma è stato l’unico modo per potere continuare a colpire le basi iraniane in Siria, senza essere intercettati dai russi NdR) al punto da incrinare i propri rapporti con gli USA. Cos’ha fatto Putin? In 24 ore ha tradito Israele, e si è schierato con Hamas. Perché per la Russia la crisi in Medio Oriente è solo un tassello della partita più grande per indebolire l’Occidente. Ciò che interessa alla Russia è creare tanti focolai attorno all’Occidente per indebolirlo. L’Ucraina, il Mali, il Burkina Faso, il Niger….e anche il Medio Oriente. Questo è quello che sta avvenendo.
Romano: Un paio d’anni fa lei parlò di una pericolosa combinazione: la debolezza economica dei nostri media da un lato, e le risorse che le dittature investono nei nostri Paesi dall’altro. Per fare qualche esempio: Russia Today, Global Times o Al-Manar Tv proposte alla nostra opinione pubblica rispettivamente da Mosca, Pechino e Hezbollah (quindi Teheran). Come si fa a difendere l’informazione libera di fronte a questi attacchi alle nostre opinioni pubbliche e al nostro processo elettorale?
Molinari: Uno degli strumenti con il quale la Russia tenta di indebolire la vita democratica sono quelle che la NATO chiama “infiltrazioni maligne” che attraverso canali di informazione digitale diffondono nei paesi occidentali tutta una serie di informazioni tese ad aumentare i conflitti interni. Le indagini svolte dalla FBI in occasione della campagna elettorale Donald Trump-Hillary Clinton, in Gran Bretagna per la Brexit, In Germania con l'exploit della AFD, in Italia quando fallì il referendum di Renzi, in Spagna per la rivolta indipendentista in Catalogna, hanno portato l'unione europea e la NATO a individuare una serie di troll, a favore di tutte queste istanze profondamente divisive che in comune avevano il fatto di essere gestiti da attori russi. Non dimentichiamo che quando c'è stato l'episodio delle stelle gialle sulle mura di Parigi, alla fine la sicurezza francese ha scoperto che erano stati due moldavi pagati da un cittadino russo. Putin sa che nel confronto diretto con le democrazie la Russia non può prevalere. Quindi punta a indebolirci con una strategia fatta da crisi calde esterne lungo i confini, e fomentando conflitti interni dentro le democrazie.
Romano: Come ci possiamo difendere?
Molinari: Il grande vantaggio di una guerra ibrida è che la gran parte degli elettori democratici non comprende esattamente cosa sta avvenendo. Se i Paesi democratici si rendono conto dell’entità della sfida, cominceranno ad arrivare le risposte. Cioè: quando è che Churchill inizia a immaginare di battere i nazisti? Quando studia il Blitzkrieg e capisce che la Wermacht ha vinto in Polonia e in Francia con una nuova tattica militare. Comincia con i suoi generali a capire che il Blitzkrieg si ostacola colpendo le retrovie: perché se non arrivano i rifornimenti con i carburanti, i carri armati che stanno all’inizio della testuggine tedesca si fermano. Ma bisogna studiare! Se tu combatti contro il Blitzkrieg come nella Prima guerra mondiale, quelli vincono. Ora noi ci troviamo in una situazione analoga, dove chi ci attacca lo fa con una metodologia nuova. Inutile che noi ci difendiamo nella maniera tradizionale. La Russia oggi possiede il controllo delle rotte dei migranti dal Niger alla Cirenaica. Può fare arrivare in Libia centinaia di migliaia di persone in 24 ore, e noi che possiamo fare? Chiaro?
Romano: Sì, grazie. Solo un po’ deprimente, poiché alla fine non siamo pronti….
Molinari: Non siamo pronti perché non c’è la discussione. Ma per aprire la discussione serve la consapevolezza. No, dicono taluni, facciamo lo Stato palestinese prima! E poi? Risolto lo Stato palestinese poi cosa succede? Ricominceranno con il terrorismo, ovviamente…dobbiamo invece chiederci perché Putin si è schierato con Hamas. Perché Putin ha detto agli Iraniani che va tutto bene? Perché Putin compra le armi dagli iraniani? Bisogna capire che il suo interesse è l’instabilità: lui gioca un’altra partita.
Romano: Prendo il suo esempio e lo applico al problema palestinese. Dal 1967 ci si spacca la testa con D’Alema e tantissimi altri che dicevano che il problema del Medio Oriente era quello israelo-palestinese: grazie agli Accordi di Abramo si è capito che il problema è arabo-israeliano. E che solo se risolviamo quest’ultimo, poi risolveremo anche quello palestinese. Non viceversa. Bisogna insomma fare uno zoom al contrario su certe situazioni, per capirle nel loro insieme e risolverle.
Molinari: E’ lo zoom out e non lo zoom in che ci permette di capire. Se oggi fai lo zoom out capisci che la Siria è con i russi che appoggiano la mezzaluna sciita (il progetto imperialista degli iraniani in Medio Oriente che va da Hamas agli Hezbollah passando per gli Houti e le milizie sciite in Irak NdR) e con i cinesi che vogliono fare la Via della Seta. Il progetto di Biden va nella direzione contraria: legare l’India all’Arabia Saudita a Israele e all’Europa occidentale, per far saltare i progetti russo e cinese. E’ un fior fiore di sfida. La questione palestinese è solo un tassello di un progetto molto più grande.
Romano: Insomma la strategia USA che mette insieme indiani, sauditi, israeliani e europei per una collaborazione su tutti i fronti è l’unica possibile da proporre in risposta ai piani di Mosca, Pechino e Teheran.
Molinari: Questa deve essere la discussione! Poi lo facciamo lo Stato palestinese, ma certo! Figuriamoci se io sono contrario…però tu devi capire qual è lo scontro vero
Romano: Che messaggio arriva dalle recenti elezioni a Taiwan?
Molinari: C’è una connessione profonda fra la determinazione con cui Taiwan ha respinto con il voto le minacce di Pechino, il coraggio con cui l’Ucraina resiste all’aggressione russa e la coesione con cui Israele ha reagito al pogrom dei terroristi di Hamas: quando le democrazie vengono aggredite, trovano al loro interno le risorse più importanti per difendersi e sopravvivere.