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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.07.2003 Nascono le forze speciali della polizia palestinese di Betlemme
ma Israele è sempre nel torto

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 luglio 2003
Pagina: 10
Autore: Mara Gergolet
Titolo: «I super poliziotti di Betlemme: fermeremo i kamikaze. Parlando»
La giornalista intervista Ziad Artish, comandante delle unità speciali della sicurezza palestinese a Betlemme.


Ziad aveva venti volanti, ora gli è rimasta una jeep per fermare i kamikaze. Il parco macchine della polizia palestinese di Betlemme non offre di più. E’ già tanto se riuscirà per tempo a vestire i suoi uomini in una divisa. «Ci sono donne e sarti qui a Betlemme che da giorni cuciono come matti per preparaci le uniformi. Speriamo che arrivino in tempo».
In tempo è oggi. Quando l’esercito israeliano si ritirerà da Betlemme, occupata durante l’intifada, e la polizia di qui dovrà prenderne il posto. Assicurare che nessun kamikaze entri a Gerusalemme: il vero «patto» che Israele chiede di onorare.
«E’ fatta, Mofaz (il ministro della Difesa israeliano, ndr) ha confermato che se ne vanno», lo avvertono al cellulare a mezzogiorno: e Ziad Artish, capitano, è appena diventato il guardiano di una perforabilissima tregua.
Sarà lui a comandare le unità speciali della sicurezza palestinese a Betlemme. «Abbiamo appena preso 40 poliziotti, gli organici attuali, 350 persone per fare tutto, non bastano. Venite, vi porto a vedere gli addestramenti».
Indica una collina, dove un tempo atterrava Arafat con il suo elicottero. «Era la nostra "palestra all’aperto". Ora, dopo l’occupazione, appena ci andiamo, ci circondano i soldati israeliani: stanno lì a osservarci, trovano mille scuse per disturbarci. Meglio lavorare nel cortile». Dieci metri per venti di sabbia e pietra, eccola la scuola di polizia anti kamikaze. Su un lato stanno ammassate le carcasse delle volanti, distrutte dai proiettili israeliani.
Come può la giornalista sapere che la colpa delle carcasse di volanti distrutte ricade sugli israeliani? Perché, comunque, ricordarlo o farlo notare, in un articolo dove bisogna parlare dei nuovi poliziotti palestinesi?


In mezzo due squadre di novizi, metà in jeans e t-shirt e metà in divisa blu. Confezione artigianale, e si vede: non ce ne sono due dello stesso colore, o con la stessa lunghezza di maniche.
Che fanno gli aspiranti poliziotti? «Studiano legge, imparano a comunicare con la gente», spiega Ziad. Vanno al poligono? «No, è un addestramento civile. Non imparano a sparare».
Ma come faranno a fermare i kamikaze? «Parlando». Scusi? «Scoraggiandoli, facendoli desistere», risponde Ziad. «Li fermeremo, ci siamo impegnati con Israele, ma a modo nostro». E scodella la sua ricetta «preventiva»: «Interverremo prima. Quando l’intelligence ci informerà che si sta preparando qualcosa, andremo nelle case, li prenderemo. Non li faremo partire».
E se invece loro partono? «Li bloccheremo, ci butteremo su di loro, li abbracceremo». Sparare mai? «Non uccideremo mai un nostro fratello». Che dicono gli ordini dall’alto, fin dove vi potete spingere? Lui tace, non può rispondere: l’ordine arrivato dai «politici», l’estrema concessione alla forza, è di sparare alle gambe. «Non saremo i traditori del nostro popolo», dice. Da oggi, i suoi ragazzi dovranno riuscire dove check point e soldati israeliani armati di mitra hanno fallito.
La giornalista chiude il suo articolo offrendo ai lettori una realtà falsa: i soldati israeliani, armati di mitra, hanno fallito il loro compito ai check point. Questo non é vero, perché, ogni giorno, quei check point tanto
criticati, motivo spesso di umiliazioni e purtroppo di torti, hanno salvato la vita a migliaia di civili israeliani. I soldati, spesso giovani ragazzi di 18 anni, preferirebbero essere altrove e non sono felici di dover combattere, anche se sono orgogliosi di difendere lo Stato d'Israele e le loro famiglie. Ogni ora, ogni minuto, però, dai territori contesi, partono kamikaze pronti a farsi saltare in aria e a uccidere. Grazie ai check point, negli ultimi 2 anni, sono stati bloccati più del 90% degli attacchi suicidi.

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