«Un lavoro per lo Stato, semplice e sicuro, firma qui». Chi ha firmato, senza capire le pagine e pagine di contratto scritto in russo, è stato caricato su un autobus che lo ha portato in un campo di addestramento al confine russo con l'Ucraina. Ora, decine di profughi dalla Somalia, dall'Iraq e da diversi altri Paesi arabi si trovano nella tendopoli dei militari, minacciati di deportazione se non accettano di venire arruolati. Un'indagine della Bbc ha svelato un nuovo metodo del Cremlino di rimediare alle perdite dei propri soldati al fronte, senza dover ricorrere a una nuova mobilitazione dei russi: i richiedenti asilo in fuga da altre guerre e crisi umanitarie.
Prima, Mosca aveva cercato di scagliare i profughi dall'Africa e dal Medio Oriente contro la frontiera finlandese, in un tentativo di creare una mini crisi umanitaria. Una tecnica già sperimentata, mesi fa, dal dittatore belarusso Aleksandr Lukashenko, alla frontiera europea con la Lituania e la Polonia, e infatti il somalo Awad (il nome è ovviamente di fantasia) ha raccontato alla Bbc di aver trascorso mesi in Belarus, nel tentativo di superare il confine polacco per chiedere asilo in Unione Europea. Il visto turistico con il quale era entrato in Russia era già scaduto, quando nelle chat dei richiedenti asilo si era sparsa la voce che il confine tra la Russia e la Finlandia era diventato all'improvviso più "facile". Sostiene che nessuno l'ha aiutato, e che non c'è stata alcuna organizzazione russa dietro l'improvviso esodo di centinaia di potenziali migranti che si sono spostati verso i valichi di frontiera russo-finlandesi. Ma difficile che si fosse trattato di coincidenza: ai migranti venivano distribuite perfino biciclette nuove di zecca per attraversare la frontiera, aggirando il divieto di valicare il confine a piedi.
Un boom durato poco: Helsinki si è accorta di una impennata di richiedenti asilo al confine, e ha prontamente bloccato tutti gli otto valichi lungo i 1340 di frontiera in comune con la Russia, accusando Mosca di aver organizzato intenzionalmente l'afflusso di migranti, in una sorta di rappresaglia per l'adesione della Finlandia alla Nato. I migranti sono stati immediatamente «riciclati»: da che venivano incoraggiati ad assediare i passaggi di frontiera, all'improvviso erano diventati dei criminali, deportati in campi di detenzione di profughi, accusati di immigrazione illegale, minacciati di multe, prigione e deportazione, e infine invitati a firmare un contratto con le forze armate russe. In cambio di un anno di servizio militare venivano promessi una buona paga, una assicurazione sanitaria, e un permesso di soggiorno per rimanere a vivere in Russia. Da quello che Awad e altri richiedenti asilo hanno raccontato ai giornalisti della Bbc, nessuno si era fatto attrarre particolarmente dalla prospettiva: il loro scopo era quello di entrare in Unione Europea, ma l'alternativa di una prigione in Russia, o di una deportazione in patria, dove molti profughi rischiano la vita. Qualcuno dei profughi ha già firmato, altri si sono rivolti a gruppi di difesa dei diritti umani per cercare di uscire dai campi di detenzione russi, dove vengono sottoposti a pressioni dei militari che li minacciano di ritorsioni.
Non è la prima volta che i media internazionali scoprono che la Russia sta reclutando stranieri da mandare a combattere per il «mondo russo» che Vladimir Putin vuole imporre nei territori occupati dell'Ucraina. Soltanto pochi giorni fa, il governo del Nepal ha ufficialmente chiesto a Mosca di rimpatriare i nepalesi arruolati nell'esercito russo, dopo l'annuncio che sei di loro erano morti al fronte. Nonostante il divieto di fare i mercenari, i nepalesi – cittadini di uno dei Paesi più poveri al mondo – continuano ad arruolarsi con l'esercito russo. Un altro canale di reclutamento passa da Cuba, e la presenza di alcuni cubani nei campi addestramento russi è stata segnalata anche dai compagni di sventura di Awad. Ancora prima al fronte ucraino erano stati avvistati dei siriani e dei libici.
Non è chiaro che utilità possano avere dei soldati privi di esperienza, che non parlano la lingua – né dei loro potenziali commilitoni, né dei loro futuri nemici – e non hanno voglia di combattere. Ma per Putin si tratta di compensare le perdite al fronte e rimpinguare i ranghi delle truppe russe, in una guerra di trincea nel Donbass dove il comando moscovita sta gettando una dietro l'altra onde di reparti di fanteria. Un tritacarne che sta macinando vite a decine di migliaia, e che però almeno in questo momento non può essere proposto ai russi comuni. Secondo alcuni sondaggi, il 70% dei russi preferirebbe far finire la guerra contro l'Ucraina, e alla vigilia delle elezioni presidenziali di marzo – alle quali proprio ieri Putin ha annunciato di ricandidarsi per la quinta volta – proporre agli elettori una nuova mobilitazione appare un suicidio. Quindi, non resta che cercare fonti di reclutamento «alternative».
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