Finita la tregua è ricominciata in Israele la solita vita cui siamo costretti dal 7 ottobre, incominciato con un pogrom di cui non si ha ricordo per la ferocia, e una grandine di centinaia di missili su Israele. La solita vita significa sentire le sirene e correre in rifugio. Quando invece ti trovi in macchina lungo un’autostrada allora l’affare si fa più complicato. Ti devi sdraiare a terra, mettere le mani sulla testa e pregare che qualcuno o qualcosa ti salvi, oppure riuscire a saltare fuori dall’auto e ripararti sotto qualsiasi cosa più resistente di un albero. In Israele abbiamo vissuto una settimana strana, divisa tra gioia, commozione, dolore e rabbia. Assistere alla liberazione degli ostaggi, sia adulti che bambini, è stato come avere sempre in gola un qualcosa che non andava né su né giù. Vederli accompagnati dai loro carcerieri che, durante la prigionia, li frustavano con cavi elettrici, che hanno loro bruciato le gambe con i tubi di scappamento delle motociclette mentre li portavano via dalle loro case, che non gli davano cibo e medicine, che li minacciavano con le pistole alla tempia se piangevano. Vederli diventati improvvisamente buoni e amichevoli davanti alle telecamere, fa montare una rabbia feroce alla testa. Le storie tragiche che emergono fanno sentire un male fisico. Poi, vederli costretti, nel momento della liberazione, a salutare con le mani, sorridendo, i loro torturatori, mentre la Croce Rossa (bontà sua, finalmente presente) li prendeva in consegna, è stato provare sofferenza, gioia e rabbia, grandi e contrastanti emozioni nello stesso momento. Gli ostaggi liberati hanno sempre dimostrato una grande dignità, niente urla, niente sceneggiate, gli israeliani non ne fanno mai, e questa volta non ne avrebbero avuto nemmeno la forza. Dignità e orgoglio, questo significa essere israeliani. L’emblema suggestivo e potente dell’israelianità l’ha dato una donna, Ronit Kisht, che indossava un pigiama rosa. Ronit ha rifiutato con incrollabile disprezzo, l’aiuto di un terrorista di Hamas che, di fronte alle telecamere, le aveva messo una mano sul gomito per aiutarla, dicendole “wawe good bye at me” -salutami-, lei ha risposto “Fuck You and don’t touche me. You are not my boss”. (vai a… e non toccarmi. Non sei il mio capo). Poi, a testa alta, mettendo un braccio intorno alle spalle di un’altra donna ostaggio più anziana, si è incamminata a testa alta verso l’ambulanza della Croce Rossa. Il filmato di questa scena è diventato virale, Ronit è l’eroina del giorno, una donna che, non solo ha mandato al diavolo un terrorista, ma ha anche rimproverato la Croce Rossa Internazionale vergognosamente assente durante questa tragedia. Tutto Israele si è unito a Ronit in quel Fuck You a Hamas. Da Haifa a Eilat, il coraggio di questa donna in pigiama rosa ha unito tutti, le vittime, le loro famiglie e tutto il popolo di Israele.