Riprendiamo da LIBERO del 25/11/2023, a pag. 2, con il titolo 'Violentate e sottomesse, così le donne di Gaza sono ignorate dall'Onu' l'analisi di Claudia Osmetti.
Ci sono articoli che si fa fatica a iniziare. Perché stai lì, dopo ore di ricerche, con montagne di fogli davanti, video e clip che ti hanno chiuso lo stomaco e spento ogni sorriso, e cerchi le parole giuste. Solo che non esistono. L’unica parola giusta per descrivere i primi resoconti della Commissione civile israeliana sui crimini di Hamas contro le donne e i bambini perpetrati in quel 7 ottobre maledetto sarebbe da chiedere in prestito a Joseph Conrad: «L’orrore». Magari ripetuta, due volte, come fa il suo Kurtz, e col punto esclamativo finale. Perché oltre c’è solo il ribrezzo, l’infamia e l’abominio. E il fatto che molti, in Italia e in Europa, nel mondo occidentale, facciano ancora finta di nulla, non si scandalizzino minimamente, non protestino e non s’indignino non fa che aggiungere altro ribrezzo e infamia e abominio.
MOSTRUOSITÀ Abbiamo discusso a lungo, qui, in redazione, a Libero, su come trattare questa “rassegna” della vergogna, questo ragguaglio (per altro ancora parziale) della mostruosità. E abbiamo deciso di raccontarlo così come l’abbiamo sentito noi che facciamo i cronisti e il nostro lavoro è proprio questo: fotografare ciò che succede. Anche se è crudele e raccapricciante. Quello che segue è crudele e raccapricciante. È un pugno nello stomaco. È un grido di dolore disumano perché è disumano chi l’ha compiuto. Non leggetelo se siete facili al turbamento, se siete impressionabili, se sapete già che i vostri nervi non reggeranno. «Ciascuno di vuoi può decidere se lo può sostenere», dice la dottoressa Cohav Elkayam Levy, esperta di diritto internazionale e di teorie femministe, fondatrice della stessa Commissione sul pogrom di un mese fa, in un convegno alla scuola di Medicina dell’università di Harvard, iniziando proprio la sua relazione su quell’orrore che fatichiamo a descrivere. Tuttavia qualcuno deve farlo, perché l’alternativa è il silenzio e di silenzio, sui crimini di Hamas, ce n’è stato fin troppo. Nelle piazze e nei cortei che adesso sfilano (giustamente) contro la violenza di genere, per esempio. Ma che non muovono un dito se la stessa violenza colpisce donne ebree e ragazze ebree e anziane ebree. Stuprate, seviziate, torturate, massacrate, umiliate. Come l’adolescente, quattordici o quindici anni, ritrovata sdraiata sul pavimento della sua cameretta, vicino a un’altra bambina, nel kibbutz di Be’eri, a pancia in giù, coi pantaloni abbassati e mezza nuda, le gambe aperte, spalancate, e la schiena ricoperta di sperma. I tagliagole jihadisti l’hanno lasciata a morire nel suo stesso sangue. A fianco di quella che probabilmente era sua sorella, anche lei distesa, però nel suo lettino. O come la donna nuda ritrovata incatenata a un materasso con un filo di ferro o come quella rinvenuta, sempre nuda, sempre a Be’eri, a faccia in giù, coi vestiti strappati, chiaramente stuprata. Sono le testimonianze dei volontari si Zaka, una delle organizzazioni ebraiche che identificano con lo scrupolo della scienza le vittime degli attentati. «Abbiamo visto che le donne sono state violentate, sono stati violentati pure i bambini. Abbiamo visto molti cadaveri mutilati, genitali tagliati, teste tagliate», conferma uno di loro, «le donne sono state violentate così aggressivamente da rompere loro i bacini». Quanta furia, quanta ferocia ci vuole per «spezzare loro le gambe» o per violentare una nipote davanti agli occhi di una nonna di 94 anni, scampata all’Olocausto, e poi ucciderla mentre di nuovo lei è costretta a guardare, o per rapirle in un festival musicale, il Nova nel Negev, e poi portarle a Gaza, denudarle, costringerle a sfilare così, senza niente addosso, con le ginocchia in una posizione innaturale perché chissà che cosa hanno subito prima, sul retro di un pick-up, per le vie della città, mentre la gente applaude e ride e si fa beffe di loro?
VIOLENZE INAUDITE Una sopravvissuta spiega di aver assistito a uno stupro di gruppo: «L’hanno violentata uno alla volta, poi l’hanno passata a un uomo in uniforme. Era viva, era in piedi e sanguinava dalla schiena. Lui le ha tirato i capelli, le ha sparato in testa mentre ancora la stava violando, non si è nemmeno alzato i pantaloni». Poco dopo «le hanno tagliato il seno e ci hanno giocato per strada». «Hanno alzato la testa di qualcuno come a dimostrare forza, come una donna che cammina con la borsa in mano». «Perché avete preso le donne?», chiedono gli agenti israeliani ai terroristi di Hamas che sono riusciti a catturare. «Per fare i nostri comodi con loro, per sporcarle e violentarle», rispondono. Infatti in tasca avevano un foglietto, una sorta di bigino, un frasario da utilizzare in quei momenti là, quelli del terrore e della bestialità: tra le frasi di questo glossario arabo-isralieano c’è anche il monito “togliti i pantaloni”. Ancora: «Quali erano i piani perle donne rapite?». Risposta: «Prostituirle, ferirle, interrogarle, farci qualsiasi cosa che avevamo voglia di farci». Un altro sostiene di aver ricevuto il permesso dai suoi leader religiosi per uccidere i bambini in modo da non farli crescere come ebrei e per abusare delle donne per diffondere la paura. Fermiamoci qui. Nonostante l’Onu, i movimenti femministi di mezzo pianeta, i cortei di oggi e anche quelli di una settimana fa, non abbiano alzato mezzo striscione per queste donne brutalmente violate e assassinate. «L’orrore».
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante