Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 24/11/2023, a pag. 13, con il titolo "Milshtein: 'In qualsiasi momento Hamas potrebbe violare l’accordo' ", l'intervista di Fabio Tonacci.
Fabio Tonacci
Michael Milshtein
GERUSALEMME — «I miliziani di Hamas usano la parola araba hudna per indicare lo stop temporaneo dei combattimenti. Il significato intrinseco di hudna, però, non è tregua, più precisamente è tregua che puoi violare appena avrai la sensazione di essere più forte del nemico. Già questo spiega tanto su cosa ci dobbiamo aspettare...». Pochi analisti sono capaci di entrare nella testa e nelle logiche di Hamas quanto Michael Milshtein dell’Institute for Policy and Strategy dell’Università Reichman, direttore del Forum studi palestinesi al Moshe Dayan Center di Tel Aviv. Milshtein non è ottimista sulla tenuta dei 4 giorni di dichiarato cessate il fuoco. «Ero un colonnello dell’esercito israeliano nel 2014, ero nell’intelligence, e ricordo come usarono tre pause militari: per distribuire armi ai combattenti, per ristabilire i contatti persi con le unità dei miliziani e per trasferire i capi da una parte all’altra. In tutti e tre i casi, fu Hamas a violare l’accordo. Unavolta hanno approfittato della tregua per rapire un nostro soldato mentre stavamo fornendo acqua e cibo alla popolazione».
Cosa faranno i leader di Hamas? «Sfrutteranno la tregua per ricostruire le linee difensive. Quindi la faranno durare fino a quando ne avranno bisogno loro, consegnando pochi ostaggi alla volta. Forse gli basteranno meno di 5 giorni. C’è però una variabile esplosiva. Da questa mattina migliaia di soldati dell’Idf dentro Gaza City si troveranno, senza sparare, a pochi metri dai terroristi. Che non sono solo quelli di Hamas: ci sono pure i combattenti della Jihad Islamica e alcune gang criminali che si nascondono tra i palazzi. Gli ostaggi sono anche in mano loro. Quindi è possibile che il cessate il fuoco si rompa non per un ordine preciso dall’alto, ma per un incidente, per qualcosa che sfugge al controllo e che metterà a rischio l’accordo tra Israele e Hamas. Bisogna essere cauti, e aspettare di vedere cosa accadrà oggi».
Quali conseguenze per il premier Netanyahu, nel caso l’accordo si rompa e non riesca a riportare acasa tutti gli ostaggi? «Non credo subito, ma più avanti sarà costretto a dimettersi per fare spazio a un governo di larghe intese, con dentro l’opposizione».
Qual è la strategia di Sinwar? «La sopravvivenza. Agli israeliani dico sempre che è un errore descrivere il leader di Hamas nella Striscia come uno che ha perso contatto con la realtà, un pazzo psicopatico. È molto logico, invece. Solo che è un estremista. E sbagliamo a cercare di prevederne le mosse con criteri occidentali. Può decidere di violare il cessate il fuoco in qualsiasi momento, per motivi che a noi sfuggono».
E quale obiettivo voleva raggiungere con il massacro ai kibbutz? «Un obiettivo di breve termine, promuovere la jihad. Sinwar non pensa al medio e lungo termine. Se il 6 ottobre qualcuno gli avesse chiesto cosa si aspettava accadesse dopo l’attentato in Israele, probabilmente avrebbe risposto “solo Allah lo sa, forse morirò, forse sarà una gloriosa vittoria”. Lui ragiona così».
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