Hamas non dà la lista dei nomi Commento di Francesca Caferri
Testata: La Repubblica Data: 23 novembre 2023 Pagina: 2 Autore: Francesca Caferri Titolo: «Gaza, slitta il rilascio degli ostaggi: 'Hamas non dà la lista dei nomi'»
Riprendiamo daREPUBBLICAdi oggi, 23/11/2023, a pag.2 con il titolo "Gaza, slitta il rilascio degli ostaggi: 'Hamas non dà la lista dei nomi' " l'analisi di Francesca Caferri.
Francesca Caferri
GERUSALEMME — Da ieri sera le lancette degli orologi e le sveglie dei cellulari di Israele sono sincronizzate su un unico orario: le dieci di questa mattina. È questo il momento in cui lo Stato ebraico capirà se la scommessa più difficile che ha fatto negli ultimi anni sarà stata vinta. A quell’ora era previsto che scattasse la tregua con Hamas mediata dal Qatar allo scopo di restituire la libertà a 50 dei 236 ostaggi rapiti nell’attacco del 7 ottobre. Ma non tutto è pronto, e anche l’ora X è ridiventata incerta. La liberazione degli ostaggi, che pareva destinata a iniziare subito, slitterà - lo ha annunciato l’ufficio del premier israeliano ieri sera - almeno fino a domani. E non ci sono più certezze nemmeno sui tempi della tregua. Una doccia fredda arrivata quando già erano in corso i preparativi per far uscire dal valico di Rafah, al confine fra Gaza e l’Egitto, le donne e i bambini oggetto dell’accordo; e per la contemporanea liberazione da parte di Israele di tre detenuti palestinesi per ogni ostaggio. Stando alle prime ricostruzioni, il rinvio improvviso sarebbe dovuto ad almeno due fattori: il mancato accordo sui dettagli di cosa sarà consentito fare - e cosa no - durante il cessate il fuoco; e il fatto che Hamas non ha ancora consegnato la lista completa degli ostaggi che intende liberare. Morale, il sì definitivo di Qatar e Hamas non c’è ancora. Chi potrà fare ritorno a casa, se davvero succederà, è l’interrogativo che ha attraversato Israele per tutta la giornata di ieri. La lista degli ostaggi che Hamas intende rilasciare non è nota, e le ipotesi che sono circolate sono, appunto, ipotesi. «L’attesa più lunga della mia vita», ha twittato ieri Mayaan Zin, madre di Ela e Dafne, 8 e 15 anni. Il nome che ha più probabilità di essere nella lista è quello di Avigail Idan, tre anni, israelo-americana, una dei più piccoli fra gli ostaggi: il 7 ottobre ha visto la mamma e il papà uccisi ed è fuggita dai vicini, solo per essere portata via con loro. Ma insieme alla speranza, è la rabbia il sentimento che domina Israele in queste ore. «Hamas rilascia ostaggi. Noi terroristi. Questo dice qualcosa di quello che siamo», commentava ieri sera Eyal Hulata, ex Consigliere per la sicurezza nazionale di Israele. Per quanto le sue affermazioni siano di parte – alcuni dei detenuti palestinesi che usciranno dal carcere sono adolescenti accusati di aver tirato pietre contro i soldati – la sensazione che Israele si stia piegando a un accordo, seppur necessario, qui è diffusa. «Abbiamo l’imperativo morale di liberare donne e bambini», ha detto ieri sera Benjamin Netanyahu spiegando l’accordo e sottolineando che l’intesa prevede anche che la Croce Rossa possa visitare gli altri ostaggi. Ma il ricordo dei 1.027 militanti rilasciati nel 2011 in cambio del caporale Gilad Shalit è vivo: fra loro c’era Yahya Sinwar, il capo di Hamas a Gaza, la mente dell’attacco del 7 ottobre. Così, il fatto che questa sarà una pausa e non la fine dell’attacco, è chiaro: «È un ricatto quello che stiamo subendo: lo sappiamo. Stiamo dando a Hamas il tempo di riorganizzarsi. Ma appena lo stop finirà completeremo il controllo del Nord della Striscia, per poi passare all’offensiva verso il Sud: Hamas sarà annientata », dice l’ex generale Yacob Amidror, consigliere del premier. Non è ancora chiaro neppure quanto la pausa durerà, ammesso che non salti: l’accordo parla di quattro giorni per far uscire 50 israeliani in cambio di 150 palestinesi. Ma il Gabinetto di guerra ha in mano la possibilità di estendere il cessate il fuoco a dieci giorni: le ulteriori pause saranno legate al rilascio di ostaggi non compresi nel pacchetto iniziale. Per ogni 10 in più che Hamas libererà ci sarà un giorno di stop negli attacchi e il rilascio di altri palestinesi, sempre con la proporzione di uno a tre. Alla pausa – e non è un dettaglio da poco – ha accettato di aderire anche Hezbollah, fermando gli scambi di artiglieria sul fronte Nord. Se la certezza sui nomi degli israeliani che saranno liberati non c’è, si sa invece chi fra i palestinesi uscirà: il governo ha pubblicato martedì notte una lista che ha superato il vaglio della Corte suprema e dei ricorsi delle associazioni delle vittime del terrorismo. Resta infine un interrogativo: che fine faranno le 180 persone portate con la forza a Gaza il 7 ottobre che non sono incluse nell’accordo? «Non credo che ci saranno altri compromessi – risponde Gershon Baskin, il negoziatore che riportò a casa Shalit nel 2011 –, il compito di liberarli sarà affidato alle forze speciali ». Baskin è uomo di esperienza: conosce bene il significato delle sue parole. In 47 giorni a Gaza l’Idf è riuscita a liberare una sola soldata. Per quelli come lei, per gli uomini prelevati dai kibbutz e per i ragazzi presi al rave party, la luce della speranza è un po’ più debole.
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