Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/11/2023, a pag. 14, con il titolo “ 'Prepara una Maidan 3 per destituirmi'. Zelensky accusa Mosca" il commento di Paolo Brera.
Volodymyr Zelensky
KIEV— Volodymyr Zelensky non ha paura delle armi russe, ma del popolo. Il suo: quello ucraino. Ieri il presidente intorno a cui il Paese si unì il giorno dell’invasione russa, il presidente che ha ancora indici di fiducia altissimi nei sondaggi, ha convocato i giornalisti nel suo ufficio e ha rivelato di essere a conoscenza di un piano di disinformazione russo per scatenare il caos in Ucraina. Un piano, dice, per destituirlo. Hanno affibbiato a questo piano un nome evocativo: “Maidan 3”. Unariedizione, ma a ranghi invertiti, delle rivoluzioni con cui gli ucraini cacciarono il presidente Yanukovich: quella “arancione” del 2004, poi l’Euromaidan del 2014 in cui lo fecero fuggire a Mosca. Sono passati giusto altri dieci anni... «La nostra intelligence ha raccolto informazioni su questo piano — dice Zelensky — e ne arrivano anche dai partner. È un’operazione comprensibile, per loro Maidan fu un colpo di Stato». L’accusa è stata accolta con ironia a Mosca, nei soliti toni sopra le righedel vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitrij Medvedev; ma è a Kiev, dove ieri Zelensky ha licenziato senza motivazioni ufficiali il vicepresidente dei Servizi esteri, Alexander Tarasovsky, che quelle parole suonano come tintinnio di sciabole.«Inizia a prepararsi per un colpo di Stato militare», scrive Igor Moseichuk, giornalista anti corruzione tra i fondatori di Azov, non accusabile di essere “filorusso”. «Tra corruzione, calo di fiducia e conflitti con militari e politici — dice Moseichuk — Zelensky comincia a capire che i suoi giorni al potere sono praticamente finiti. Ma lo presenta sotto le spoglie di un’operazione speciale russa». Questo vento gelido che promette neve, a Kiev, ghiaccia i nervi anche in via Bankova, dove da settimane il presidente e i suoi uomini sono sulle spine. La crisi tra vertici politici e militari sale di tono. A scatenarla era stato il capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny, possibile rivale alle presidenziali che Zelensky dovrà convocare all’indomani di una tregua. Sull’ Economist sgretolò la strategia del presidente, basata sulla retorica della controffensiva e sul piano di pace, iper ambizioso, che ricaccia i russi ai confini del 1991 (via dai territori occupati, dal Donbass e dalla Crimea). Zaluzhny puntò il dito sul re nudo: la controffensiva impantanata è battaglia di trincee, disse, senza vincitori né vinti. Il presidente gli ha licenziato i fedelissimi, come il generale Khorenko che guidava le forze operative speciali. Il suo assistente è morto in un «incidente» che odora di attentato. La situazione esplosiva nel mezzo di una guerra ancora terribile e non vinta non è l’unica spina per Zelensky. Sente il gelo negli stessi alleati. Il finanziamento all’Ucraina non è nel decreto Biden per scongiurare loshutdown ; e pure il voto sull’adesione alla Ue rischia di slittare. A Kiev rievocano le parole dell’inviata Usa per la ricostruzione, Penny Pritzker, che chiedeva come pensassero di andare avanti ipotizzando non ci fossero più aiuti americani. Per il portavoce dei Servizi, Andriy Yusov, “Maidan 3” è «in parallelo all’intensificarsi di conflitti interni con le consuete narrazioni russe e propagandistiche. La propaganda russa presta nuovamente molta attenzione agli eventi politici interni ucraini». Il dissenso in Ucraina è vietato, c’è la legge marziale e l’accusa di essere “filorusso” equivale a un arresto garantito. In 21 mesi di guerra solo gli uomini del presidente affollano la tv a reti unificate. I servizi ucraini tengono persino corsi per «insegnare» ai giornalisti stranieri a riconoscere la «propaganda russa», cioè le notizie sgradite. Zelensky intanto continua con la retorica della controffensiva; della vittoria ancora possibile, se non più certa. Così ieri ecco la notizia ufficiale, promossa dal presidente, delle «teste di ponte ucraine insediate sulla riva sinistra, sotto Kherson». Sono importanti per allontanare i mortai dalla città, sotto un tiro infernale in cui ieri sono morte 6 persone; ma le linee russe restano un solido baluardo, oltre i cannicci del Dnipro.
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