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La Repubblica Rassegna Stampa
18.11.2023 Gaza stretta in una morsa
Cronaca di Gianluca Di Feo

Testata: La Repubblica
Data: 18 novembre 2023
Pagina: 13
Autore: Gianluca Di Feo
Titolo: «Come Mosul e Marawi la Striscia di Gaza stretta in una morsa»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/11/2023, a pag. 13, con il titolo "Come Mosul e Marawi la Striscia di Gaza stretta in una morsa" l'analisi di Gianluca Di Feo.

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Gianluca Di Feo

Le cose da sapere sull'attacco di Hamas e la risposta di Israele - Il Post

Il quartier generale israeliano ritiene che l’operazione terrestre nella parte Nord della Striscia sia in fase avanzata e presto allargherà l’offensiva anche a sud del Wadi Gaza, il torrente che spezza in due il territorio palestinese. Di fatto, le Israeli Defence Forces stanno dividendo Gaza in tanti settori, che vengono attaccati uno alla volta. Dal punto di vista militare, è l’unica strategia possibile perché nessun esercito dispone più di milioni di soldati da mandare all’assalto di un’intera metropoli come è avvenuto a Stalingrado nel 1942-3. Gli israeliani hanno messo in campo solo tre divisioni: circa 30 mila uomini nei reparti di punta con altri 50 mila di supporto. Nel 1967 la stessa forza in sei giorni riuscì a conquistare il Sinai, oggi dopo tre settimane è lontana dall’obiettivo di azzerare la rete di Hamas. Come ha spiegato al Times of Israel il colonnello del 50mo battaglione: «Hamas è ancora in grado di coordinare gli attacchi dal sottosuolo». Significa che la sua catena di comando rimane attiva, mentre non è chiaro quanti dei 30 mila miliziani siano vivi. Nella parte Nord, le truppe hanno isolato le roccaforti dei jihadisti: uomini armati e veicoli sospetti vengono colpiti da aerei e cannoni. Poi procedono a espugnarle, con tank e unità scelte. Infine li presidiano con i riservisti per impedire agguati dai tunnel. Di fatto, la battaglia trasforma queste zone in macerie. La manovra è la stessa impiegata a Mosul per sconfiggere l’Isis, liberando un quartiere dopo l’altro tra ottobre 2016 e luglio 2017. Ma soprattutto è il piano dell’assedio di Marawi, il capoluogo delle Filippine invaso da gruppi jihadisti, concepito dai generali di Manila assistiti da ufficiali Usa, australiani e da alcuni consiglieri inviati in segreto dal governo Netanyahu: lo scontro durò da maggio a ottobre 2017. Charles Knight, uno dei più noti esperti di guerra urbana, l’ha definito SLICE-ing che letteralmente vuol dire “fare a fette”. È l’acronimo per strategize, locate, isolate, constrict and eliminate. I vertici israeliani hanno elaborato un programma (strategize); poi hanno localizzato le basi di Hamas (locate) e ora le stanno circondando (isolate), per poi soffocarle (constrict) e distruggerle (eliminate). A Mosul però c’erano 94 mila iracheni contro seimila jihadisti; a Marawi il rapporto tra attaccanti e difensori era di 6 a 1 mentre a Gaza è soltanto di 3 a 1. Gli israeliani dispongono di più tecnologia, sono più addestrati ma cercano di limitare il numero dei loro caduti. E per questo usano più bombardamenti. «Ogni forza impegnata a riconquistare uno spazio urbano – ha scritto il professor Knight - avrà perdite pesanti, a meno che non usi misure per proteggere gli uomini che avanzano e l’unica disponibile è la potenza di fuoco. Se viene usata, allora ci saranno vittime tra i civili. I nemici sfrutteranno questo fattore, mettendo i leader politici e militari davanti al dilemma brutale di scegliere tra le proprie perdite e quelle dei civili». Nelle Filippine, prima di scatenare l’offensiva si permise l’evacuazione del 98 per cento dei residenti, nonostante i miliziani tentassero di fermarli prendendo centinaia di ostaggi. A Mosul c’è stata una massiccia campagna per aiutare oltre un milione di abitanti a fuggire. L’Isis li ha trattenuti in massa, usandoli come scudi umani e 10 mila sono morti. Gli israeliani hanno spinto la popolazione a lasciare Gaza City e spostarsi a Sud, dove si stima che ci siano ora quasi due milioni di persone. Marciare su quella parte della Striscia provocherebbere molte più vittime delle 11 mila già contate. Può l’operazione israeliana proseguire così per altri mesi? I generali dello Stato ebraico sanno che il dramma palestinese è inaccettabile per la comunità internazionale e incentiva la resistenza. E non bastano i comunicati della propaganda, perché – come ha sostenuto il professore Knight – «servono credibilità e legittimazione oltre che la mera persuasione: l’autorità morale si impone solo quando non ci sono distanze tra la retorica e l’azione». Per questo a Mosul e a Marawi la lentezza dei combattimenti, con frequenti tregue, è stata dettata dalla volontà di ridurre i danni alla popolazione. Se le Israeli Defence Forces intendono estendere la battaglia al Sud, allora saranno obbligate a gestire una doppia manovra umanitaria: creare campi profughi nella zona occupata al nord e ritrasferire centinaia di migliaia di persone. Un impegno lungo e rischioso ma senza alternative, se non si vuole seppellire Hamas assieme a decine di migliaia di innocenti.

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