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La Stampa Rassegna Stampa
13.06.2003 Washington contro Hamas
nella regione problema più grave è il terrorismo

Testata: La Stampa
Data: 13 giugno 2003
Pagina: 2
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Washington approva la campagna contro Hamas»
Riportiamo un articolo di Paolo Mastrolilli pubblicato su La Stampa venerdì 13 giugno 2003.
La diplomazia americana si mobilita per salvare il nuovo processo di pace tra israeliani e palestinesi, mentre Washington punta il dito contro Hamas come unico responsabile della crisi. La prima mossa è l'invio immediato nella regione dell'ambasciatore John Wolf, che dovrebbe partire sabato per Gerusalemme, seguito poi la settimana prossima da una riunione in Giordania del cosiddetto «Quartetto», cioè Usa, Russia, Onu e Unione Europea, che avevano scritto la «mappa stradale» per la pace.
Il segretario di Stato Powell ha passato la mattinata di ieri a sentire i colleghi della regione, per confermare che Washington è decisa a procedere sulla strada indicata dal presidente Bush durante il vertice tenuto la settimana scorsa ad Aqaba. Ha parlato con il ministro degli Esteri israeliano Silvan, quello egiziano Ahmed Maher, quello saudita Saud al-Faisal e quello giordano Marwan Muasher. Il 19 giugno, al termine di un viaggio in Asia, Powell arriverà in Giordania per partecipare al World Economic Forum. In quella occasione incontrerà il collega russo Ivanov, il segretario generale dell'Onu Kofi Annan e i rappresentanti dell'Unione Europea, per fare il punto sulla «road map» e confermare la determinazione ad applicarla.
Nel frattempo, già domani, l'ambasciatore Wolf partirà per il Medio Oriente insieme al vice assistente segretario di Stato David Satterfield. Wolf è la persona che Bush ha indicato come suo rappresentante nei negoziati, e avrà il compito di monitorare sul terreno l'applicazione della «mappa stradale». Dunque Washington non solo non rinuncia al suo piano, ma vorrebbe vedere subito i primi risultati pratici.
Martedì, dopo il fallito raid israeliano per uccidere il leader di Hamas Rantisi, il presidente aveva criticato l'operazione, dicendo che complicava il lavoro del nuovo premier palestinese Abu Mazen nella lotta contro i terroristi, e non aiutava la sicurezza di Israele. Dopo l'attentato di Gerusalemme, però, il tono della Casa Bianca è cambiato. Ieri il portavoce Fleischer ha parlato così: «Il problema non è Israele o l'Autorità palestinese. Il problema sono i terroristi che uccidono nel tentativo di fermare il processo di pace. Il problema è Hamas. I terroristi sono gli uomini di Hamas. Il pericolo è creato da loro, e la strada per andare avanti verrà trovata ascoltando i paesi arabi, il premier Abbas (alias Abu Mazen ndr) e il governo israeliano». Nessun commento, stavolta, sulle operazioni intraprese dallo Stato ebraico dopo l'attentato di Gerusalemme, e nel linguaggio diplomatico un silenzio del genere equivale al via libera per la risposta decisa dal premier Sharon.
Fleischer ha risposto anche a chi sollecita il coinvolgimento diretto di Bush: «Non è una telefonata del presidente che convincerà Hamas a rinunciare al terrorismo». Quindi i contatti e le dichiarazioni, almeno per ora, restano riservati ai collaboratori del capo della Casa Bianca come la consigliera Rice, che ieri a Los Angeles ha parlato così: «La road map resta assolutamente rilevante. Noi abbiamo chiesto ai palestinesi di parlare contro il terrorismo, e agli israeliani di pensare alle conseguenze del modo in cui lo combattono». Dunque via libera a Sharon, anche se il punto aperto nelle discussioni con Washington resta il livello di minaccia che giustifica le reazioni. «Francamente - ha proseguito la Rice - ci sono cose che altri possono fare. Gli Stati arabi devono dire ora, oggi, che Hamas e i altri gruppi decisi a distruggere la road map non parlano a nome del resto del mondo arabo».
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