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La ‘colpa per l’Olocausto’ della Germania è scossa dal pogrom di Hamas Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Berlino: "Mai più è adesso" Sulla scia del pogrom di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele, la Germania trova sempre più difficile mascherare il lato oscuro estremista della sua politica. La scorsa settimana un gruppo neonazista ha tappezzato un memoriale della Shoah con adesivi che esortavano i tedeschi a “sbarazzarsi” della loro “colpa per l'Olocausto”, oltre a dichiarare – facendo l’occhiolino sull'argomento spesso espresso in merito alla debole risposta internazionale alla Shoah - che “Israele uccide mentre il mondo guarda”.
Nella città di Essen, un gruppo islamico ha organizzato una marcia pro-Hamas che obbligava la separazione dei partecipanti tra maschi e femmine, ma i rappresentanti di entrambi i sessi brandivano cartelli che accusavano Israele di stare perpetrando un “Olocausto” a Gaza.
A Berlino, una sinagoga è stata il bersaglio di un incendio doloso, e le case di proprietà ebraica sono state imbrattate con stelle di David in un’altra inquietante eco del periodo nazista. Naturalmente non si tratta solo della Germania. La vicina Francia ha registrato più di 1.000 attentati antisemiti nelle cinque settimane successive al pogrom: un record nazionale e non del tipo di cui vantarsi. In tutta Europa e nel Nord America, le comunità ebraiche si sentono sempre più nel mirino. In fatto di antisemitismo, questo è davvero un momento globale, se non altro perché nessuna questione di politica estera risuona in modo così discordante nella politica interna come il conflitto israelo-palestinese. Ma la Germania, la terra della Shoah, è diversa, o almeno dovrebbe esserlo. E ci sono differenze visibili tra la Germania e altre nazioni democratiche. Nella sinistra tedesca, ad esempio, l’antisionismo è relativamente sfumato, mentre ampie fasce sono in realtà filo-israeliane.
Ad esempio, la scorsa settimana il vicecancelliere Robert Habeck ha pubblicato un video in cui criticava le organizzazioni musulmane tedesche per il loro silenzio di fronte alle atrocità di Hamas del 7 ottobre e avvertiva i colpevoli di antisemitismo non residenti che avrebbero rischiato l’espulsione. Habeck non è un conservatore ma un rappresentante della sinistra del Partito Verde – e se non riesci a immaginare un politico del Partito Verde in un altro Paese che dica qualcosa di simile, non sei il solo. Eppure è fin troppo chiaro che i politici tedeschi, ben intenzionati, stanno affrontando una vera e propria recrudescenza dell’antisemitismo che non sono in grado di controllare. Il 9 e 10 novembre, i tedeschi hanno celebrato l’85esimo anniversario della Notte dei Cristalli, il famigerato pogrom nazista del 1938 che vide centinaia di ebrei assassinati, altre migliaia deportati nei campi di concentramento e incendi e saccheggi di sinagoghe e negozi di proprietà ebraica, il tutto in meno di 48 ore. Per il cancelliere Olaf Scholz la circostanza è stata l’occasione per ricordare che l’antisemitismo non trova posto nella Germania post-Olocausto.
L'attenzione cadde rapidamente su un piccolo gruppo a Berlino che aveva preso il proprio nome dai Tupamaros, un esercito della guerriglia di sinistra in Uruguay. Il leader del gruppo, Dieter Kunzelmann, aveva negato che ne fossero responsabili e i colpevoli non sono mai stati catturati. Eppure, nonostante la mancanza di prove che lo collegassero al tentato attentato, coloro che conoscevano Kunzelmann, compresi molti dei suoi compagni, lo ritenevano perfettamente capace di compiere un simile oltraggio. La domanda era perché. Per come la concepiva Kunzelmann, il senso di colpa per l’Olocausto era il principale ostacolo all’abbraccio della sinistra tedesca alla lotta anticolonialista dei palestinesi. “La Palestina sta alla Repubblica Federale [di Germania] e all’Europa come il Vietnam sta agli americani”, scrisse in un articolo per un giornale socialista a Berlino. “La sinistra non l'ha ancora capito. Perché? Perché è figlia dell’ebreo.”
Dopo aver dirottato l'aereo all'aeroporto di Entebbe in Uganda, i terroristi si trasformarono in semplici nazisti, separando i passeggeri ebrei da quelli non ebrei. Solo una spettacolare operazione di salvataggio organizzata dagli israeliani ha impedito il massacro degli ostaggi ebrei. "Kunzelmann è arrivato al punto di suggerire che il suo gruppo avrebbe potuto combattere meglio “ l'imperialismo” israeliano attaccando gli ebrei in Germania, il che, ovviamente, è il culmine del pensiero antisemita", ha spiegato lo storico Philipp Lenhard in un'intervista della settimana scorsa alla testata tedesca di GEO. Per quanto stravagante possa sembrare a una mente sensata, cinque anni dopo la morte di Kunzelmann, la sua convinzione che gli ebrei tedeschi siano un obiettivo legittimo nella guerra palestinese contro l’esistenza di Israele è più diffusa che in qualsiasi momento precedente – e i suoi principali sostenitori non sono i capelloni della Nuova Sinistra di un tempo - ma musulmani tedeschi, sia quelli nati lì che quelli immigrati di recente. I politici tedeschi sono ansiosi di istituire misure per proteggere gli ebrei da quello che minerebbe il tanto decantato status del loro Paese come faro di tolleranza etnica e religiosa nel secondo dopoguerra. Ma questo non va bene. La Germania del dopoguerra ha, di sua spontanea volontà, fatto della protezione della vita ebraica una ragion di Stato della repubblica democratica, ed è questa posizione che viene caricaturata come “colpa per la Shoah.”
In questo momento, sta fallendo in questo compito. E se la Germania non riesce ad avere la determinazione per sconfiggere l’antisemitismo nelle strade che hanno generato la Shoah nel corso dell’ultimo secolo, allora quali possibilità ci sono che il resto d’Europa voglia o possa farlo?
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate
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