I rischi della sfida Oltre i limiti dell'etica occidentale
Testata: La Stampa Data: 13 giugno 2003 Pagina: 1 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «I rischi della sfida»
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa venerdì 13 giugno 2003. Sembra passato un anno e non una settimana da quando ad Aqaba si scambiavano abbracci e promesse di pace. Adesso è una saga di corpi carbonizzati, l’attentato di mercoledì ha lasciato Gerusalemme non solo agonizzante e terrorizzata, ma anche con un orribile senso di déjà-vu. Ma vediamo se siamo davvero tornati indietro del tutto. I segni sono pessimi: Hamas si fa Stato, invita addirittura i visitatori in zona a lasciare Israele, anzi, la Palestina, così che «i sionisti possano essere spazzati via fino all’ultimo», come ha detto Rantisi dopo l’attacco israeliano. La minaccia è di terrore catastrofico, Hamas ha dato segno di essere in forma, veloce, ricco di uomini e esplosivo: ma quello che può aspettarlo adesso è un momento di azione spietata, con la conquista totale dell’opinione pubblica palestinese, come anche la sua fine. La fine può venire sia dalla sistematica eliminazione dei suoi capi, perché il testa a testa fra Israele e Hamas sta diventando una vera guerra da cui momentaneamente Abu Mazen e persino Bush sono esclusi. Ma la fine della leadership attuale (Rantisi e sceicco Yassin) può venire da una nuova fase in cui l’organizzazione si potenzia e si internazionalizza, una sorta di Al Qaedizzazione per cui dal mondo terrorista questa zona facilmente accessibile dal Medio Oriente verrebbe scelta come una palestra di terrorismo estremo. Sharon sembra avere imboccato la strada dell’eliminazione fisica dei capi dell’organizzazione: la vede come un ostacolo a qualsiasi futuro, non si fida di Abu Mazen. E Rantisi, a poche ore da Aqaba, aveva schernito Abu Mazen dichiarandogli sempiterna disubbidienza. Però, Sharon sa che in Medio Oriente il peggio è senza fondo, che con Hamas di oggi può sempre addivenire a una qualche tregua, e quello «alqaedizzato» invece dipenderebbe da forze incontrollabili. Inoltre di fatto le sue mani sono legate dal vero problema della lotta al terrore, ovvero quello delle vittime civili: Sharon sfida oggi il limite dell’etica occidentale, il fatto che persone innocenti muoiano uccise dagli elicotteri israeliani toglie validità al dato di fatto che per fermare il terrorismo bisogna combatterlo con le armi. Dunque, da una parte ha una valida ragione per combattere, ovvero cercare di evitare gli atti di terrore di Hamas; ma può entrare in una zona in cui viene attaccato dal terrorismo internazionale catastrofico e in più subisce la critica internazionale. Per Rantisi e Yassin ci possono essere due ragioni per fermarsi: evitare di essere fatti fuori dagli elicotteri ed eventualmente dai loro compagni di lotta. Sono tutte buone ragioni che possono ridarci qualche speranza, senza tirare in ballo Abu Mazen e Bush. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.