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Libero Rassegna Stampa
09.11.2023 2 miliardi per Hamas, c’è anche l’Italia
Commento di Fausto Carioti

Testata: Libero
Data: 09 novembre 2023
Pagina: 4
Autore: Fausto Carioti
Titolo: «Fiumi di denaro ai terroristi»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 09/11/2023, a pag.4 con il titolo "Fiumi di denaro ai terroristi", il commento di Fausto Carioti.

Who funds Hamas? A global financing network of crypto, cash, charities

L’israeliano Uzi Shaya, ex alto funzionario dei servizi segreti Shin Bet e Mossad, è l’uomo che “segue i soldi”. Uno degli esperti che per conto del conto del governo di Gerusalemme, in vent’anni di lavoro, ha ricostruito la pista dei finanziamenti che alimentano Hamas. In un colloquio con alcuni giornalisti italiani, spiega che Hamas ha un budget annuale valutato tra 1,5 e 2 miliardi di dollari. Una quota importante di questa somma arriva dal Qatar e dall’Iran. E una parte passa dall’Italia, dove un ruolo centrale lo ha Mohammad Hannoun, tramite la sua onlus Abspp, “Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese”. Noto anche alle cronache televisive, Hannoun è l’uomo che ha definito «partigiani» i tagliagole di Hamas. «Purtroppo», racconta Shaya, «i Paesi occidentali hanno operato una sorta di separazione tra il “braccio militare” ed il “braccio civile” dell’organizzazione terroristica. Siccome il braccio civile si occupava soprattutto di istruzione ed assistenza sociale, tutto sembrava essere a posto». Un errore tragico commesso anche da Israele. «Con il benestare dello Stato di Israele, il Qatar ha finanziato ufficialmente Hamas, ogni anno, con circa 360 milioni di dollari. All’inizio abbiamo permesso che questi fondi arrivassero a Gaza nelle valigie, poi il denaro è giunto attraverso le Nazioni Unite, utilizzando canali bancari». In aggiunta, tramite le sue ong, il Qatar ha fatto arrivare ad Hamas altri 70-80 milioni di dollari all’anno. Sommando i soldi per mantenere a Doha i leader di Hamas e le loro famiglie, il supporto qatariota ai terroristi palestinesi «ammonta a circa mezzo miliardo di dollari l’anno». Poi ci sono le donazioni: secondo l’Ocse, quelle che giungono a Gaza valgono, in media, circa 2,7 miliardi di dollari l’anno. C’è l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, che sostiene Gaza con un importo tra i 600 e gli 800 milioni di dollari. «Stimiamo che circa il 30% di questo denaro finisca ad Hamas», avverte E nonostante tutto ciò, il cinquanta per cento della popolazione della Striscia è disoccupato, lo stipendio medio si aggira sui 200-300 dollari al mese, le infrastrutture e i servizi sanitari sono in condizioni terribili. Quei soldi, commenta l’analista israeliano, «consentono a circa 50.000 terroristi di Hamas e alle loro famiglie di beneficiare di un enorme sostegno». Discorso a parte l’Iran, che secondo i conti di Shaya ha finanziato Hamas, ogni anno, con somme «tra 100 e 150 milioni di dollari. Destinati esclusivamente alle attività militari». Denaro che in gran parte arriva passando dai “money change” libanesi a quelli turchi, e questo perché a Istanbul ci sono il centro finanziario e l’ufficio militare di Hamas. Il valore degli asset delle aziende legate ad Hamas in Turchia «ammonta a circa 700 milioni di dollari». A conti fatti, dunque, solo una piccola parte del denaro di Hamas entra in Giudea e Samaria, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Il resto è altrove. Ed è qui che entra in gioco l’Italia. «Abbiamo l’elenco completo delle compagnie legate ad Hamas. Alcune sono state inserite nella “lista nera”», dice Shaya. «Gli asset finanziari sono gestiti in banche turche e sappiamo quali sono i conti. Alcuni sono in euro, e almeno due o tre delle banche sono italiane». L’Italia è coinvolta anche attraverso il sistema delle onlus. «Abbiamo identificato più di cinquanta enti di beneficenza che appartengono alla Unione del Bene, la “mano civile” del terrorismo. È stata sanzionata dal dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e da molti Paesi occidentali. Ma il suo ramo italiano, l’Abspp, non è stato sanzionato ed esiste ancora oggi». Il suo fondatore è Hannoun. «Nessuno ha affrontato la questione di Hannoun e dell’Abspp, anche se questa è un’entità di Hamas». Nel 2021, dopo numerose richieste israeliane, il conto dell’Abspp presso la Banca Unicredit fu chiuso per sospetto riciclaggio. «Ma ne hanno aperto uno nuovo presso il Crédit Agricole in Italia ed ora effettuano donazioni tramite questo conto. Mentre il signor Hannoun ha creato altre ong, oltre all’Abspp. Una di esse è l’Api, l’Associazione dei palestinesi in Italia». E questo nonostante Hannoun, insiste Shaya, sia «un estremista, un terrorista», che ha legami noti con Hamas. Così, delle entrate totali di Hamas, valutabili «tra 1,5 e 2 miliardi di dollari l’anno», l’Italia contribuisce con una parte. «Non è la parte più grande, ma ne ha una». 

COSA VUOLE ISRAELE Cosa vuole Israele, quindi, è chiaro: che dal nostro Paese e dalle sue banche non arrivino più fondi ai terroristi. Lo dice a Libero l’ambasciatore Alon Bar: «Abbiamo sollevato la questione del finanziamento di Hamas da parte dell’Europa ad ogni livello. L’ho fatto nella mia precedente posizione come direttore generale nel ministero degli Esteri e nella mia attuale posizione di ambasciatore in Italia. Non conosco a fondo il sistema legale italiano, ma so che se una questione è considerata importante, i mezzi legali per affrontarla si trovano. Abbiamo condiviso molte informazioni con i nostri partner europei, ma si è avvertita la mancanza di volontà politica sufficiente a fare ciò che è necessario per tracciare il flusso di denaro ed assicurare che le ong che raccolgono fondi non li diano anche a Hamas. Ora credo che sia giunto il momento di potenziare gli sforzi».

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