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La Stampa Rassegna Stampa
12.06.2003 Hamas: l'ostacolo alla pace
e il vero raiss rimane sempre Arafat

Testata: La Stampa
Data: 12 giugno 2003
Pagina: 3
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La variabile Hamas paralizza la Road Map»
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa giovedì 12 giugno 2003.
L'immagine del ragazzo biondo terrorizzato uscito dal cumulo di morti dell’autobus numero 14 in via Jaffa, sostenuto da due uomini, con le braccia e la bocca spalancata, e quella della macchina carbonizzata dai missili israeliani che cercavano Rantisi resteranno il segno della confusione disperata del dopo Aqaba. Bush forse non aveva fatto i conti fino in fondo, quando Sharon e Abu Mazen gli hanno promesso di cercare di parlare di pace, con la variabile fondamentale e urgente della guerra fra Israele e Hamas, una guerra del tutto particolare interna alla guerra fra Israele e il popolo Palestinese. Arafat si è riaffacciato ieri con un messaggio serale ad aumentare lo sconcerto generale, stavolta nella veste di colui che chiama alla calma: un’indicazione di quanto Fatah si senta col fiato sul collo rispetto alla furia della piazza che propende in queste ore sempre più verso Hamas, un segnale agli Usa e a Sharon perché aspettino e non infieriscano, e anche un’indicazione alla sua gente della insufficienza di Abu Mazen in un caso di emergenza come questo, un memento di chi sia il vero Raíss, quando ne occorra uno.
Hamas era stata la spina del fianco della ripresa delle trattative. E’ vero che l’attentato del dopo Aqaba che aveva di fatto riaperto le ostilità era firmato da tutte e tre le organizzazioni terroriste, Hamas, Jihad Islamica e Brigate dei Martiri di Al Aqsa, ma fra i 28 attentati terroristi suicidi fermati nelle ultime settimane, di cui 11 a Gerusalemme, la maggioranza appartiene ad Hamas; e le parole di minaccia e disprezzo contro il summit cui Abu Mazen aveva preso parte (ai loro occhi) da traditore venivano da Rantisi e dai suoi uomini. Hamas, mentre si avviavano nuovi e fragilissimi patti di amicizia, era rimasto un nemico totalmente tale; nella lista delle priorità di Ariel Sharon era sottolineato in rosso: per il primo ministro israeliano, giusto o sbagliato, l’idea di seguitare a combattere contro Hamas era addirittura parte del suo piano di pace e persino di sgombero dei Territori.
Ed è probabilmente per questo che ha dato il via martedì mattina all’operazione che avrebbe dovuto uccidere quello che riteneva l’uomo più pericoloso di tutti, il leader di Hamas, il quieto e feroce pediatra che si era preso giuoco del summit, che aveva piegato Abu Mazen a cercare con lui un introvabile accordo piuttosto che a procedere all’arresto di alcuni membri della sua organizzazione, che aveva ordinato, secondo la sicurezza Israeliana, centinaia di attacchi, anche quello di Erez, con i quattro soldati uccisi e il successivo di Hebron. Rantisi aveva seguitato a ripetere pubblicamente che bisognava rapire o uccidere soldati israeliani e aveva incrementato con tutte le sue forze la posizione classica dello sceicco Yassin secondo la quale l’«occupazione» non si limita affatto ai Territori, ma riguarda tutta la Palestina, ovvero l’intera Israele.
Sharon aveva detto a Bush: «Non farò compromessi sul terrorismo»; si era infuriato quando gli avevano riferito che i corpi di David Shambik e Moran Menahem, diciassettenne, erano stati ritrovati a Gerusalemme a pezzi, ha ripetuto alla riunione di Gabinetto «Ho detto a Bush e a Abu Mazen che ho intenzione di fare molti compromessi per la pace, ma c’è un soggetto su cui non si può ed è la sicurezza». Alla delusione per la mancata operatività di Abu Mazen e di Dahlan, in Sharon si era aggiunta in questi giorni la convinzione che la loro ripetuta volontà di trovare un accordo con Hamas per un cessate il fuoco non si sarebbe mai realizzata, e che anzi, Rantisi approfittasse della situazione per prendere in giro Abu Mazen e conquistare consensi accresciuti fra la popolazione.
Dopo il fallito tentativo di eliminare Rantisi e la conseguente uccisione di tre innocenti, compresa una bambina, dopo la velata condanna di Bush, dopo l’attacco di ieri con l’elicottero a Gaza e l’assassinio di altri due membri di Hamas, il fatto che le dichiarazioni di Sharon fossero ben di più che dichiarazioni politiche per salvare la faccia di fronte alla destra, hanno creato nella società politica israeliana una discussione furiosa: Maariv, un quotidiano di grande diffusione ha titolato a grandi caratteri «Perché adesso?». Molti esperti, come l’editorialista di Haaretz Zvi Barel l’hanno ritenuta una scelta «disgraziata», anche se nessuno, fuorché Yossi Sarid, segretario del Meretz, hanno ritenuto che Rantisi non fosse in questo momento una «bomba ticchettante» e che la sua attività, giorno dopo giorno, non fosse tutta devoluta alla preparazione di decine di attentati.
«Non una bomba ticchettante, ma decine tutte insieme», dice per esempio il ministro Dani Naveh. Ma il fronte che difende la scelta del primo ministro è ristretto: per esempio Roni Shaked, un esperto arabistra che scrive su Yediot Aharonot dice che l’attacco a Rantisi è stato un colpo diretto alla Road Map, che ne risulta indebolito Abu Mazen che perde vieppiù il controllo della strada palestinese infuriata, l’amicizia con Bush, le speranze di pace. L’ex ministro Ephraim Sneh ripete che i mezzi militari hanno fatto il loro tempo, che Sharon deve abbandonarli e mostrare senso di responsabilità verso le scelte politiche. La destra è divisa sul giudizio: un ministro come Uzi Landau,assai aggressivo con Sharon negli ultimi tempi e molto legato alla politica degli insediamenti, si è invece dichiarato soddisfatto delle scelta del Primo Ministro di combattere il terrorismo; ma curiosamente un’ala dei settler ritiene che Sharon si sia messo a caccia di Rantisi solo per giustificare una sua prossima politica di sgomberi degli insediamenti. In questa suprema confusione, si vede come la guerra al terrore sia ancora oggetto incerto, controverso: anche Bush che aveva dichiarato Hamas «una pericolosa organizzazione terrorista», poi si è infuriato con il tentativo di eliminare Rantisi. Ciò che lascia anche gli israeliani a loro volta poco convinti del tempismo dell’operazione, alquanto sorpresi e desolati, specialmente alla luce dello spaventoso attentato della giornata di ieri.
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