Una lettera al resto del mondo
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Cari non ebrei,
per quanto strano mi possa sembrare il fatto di rivolgermi a tutti gli 8 miliardi di voi, quello che ho da dire è diretto alle popolazioni non ebraiche da Nantucket a Nairobi, da Cracovia a Città del Capo, da Toronto a Teheran e in qualsiasi altro punto del pianeta. Non importa di che ceppo siete, quale religione voi professate, che lingua parlate, quanto siete istruiti, dove vivete. Io voglio parlare con tutti voi.
Mentre scrivo questa lettera, i 16,1 milioni di ebrei nel mondo oggi – ancora quasi 1 milione in meno rispetto alla vigilia della Shoah nazista – si trovano ad affrontare un’ondata di antisemitismo mai vista dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ammetto che noi ebrei parliamo molto di quella guerra, ma è perché nel programma di sterminio nazista tedesco abbiamo perso 6 milioni di nostre sorelle e fratelli, tra cui 1,5 milioni dei nostri preziosi bambini. E per molti di noi, è chiaro che un numero significativo di voi – ben più di 6 milioni – vorrebbe che noi affrontassimo di nuovo quella prova infernale per potervi finalmente sbarazzare di noi, una volta per tutte. Non mi riferisco solo agli stupratori e agli assassini di Hamas, o ai loro finanziatori in Iran, o ai loro sostenitori nel mondo islamico. Mi riferisco anche a quelli di voi che vivono in Paesi democratici, che sono stati educati in società libere, che godono di libero accesso a ogni tipo di informazione, comprese le oscene false affermazioni secondo cui l'unico Stato ebraico al mondo pratica l'apartheid, commette un genocidio e gioisce per l’uccisione di bambini. E mi rivolgo soprattutto a quelli di voi che sono così scossi dalla questione palestinese (ma non da qualsiasi altro conflitto internazionale) da cominciare a comportarsi come nazisti. Quelli di voi che hanno bloccato la stazione di Liverpool Street a Londra nelle ore di punta, urlando lo slogan genocida “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”. Quelli di voi che gironzolano per Parigi, Berlino e Buenos Aires imbrattando con le Stelle di David i muri delle case di proprietà ebraica o degli edifici comunali ebraici, cercando di bollarli proprio come fecero i nazisti del secolo scorso. Quelli di voi che, rispondendo ai post istigatori su Telegram, si radunano in stile flash-mob in un aeroporto del Daghestan, in Russia, per sfogare la propria rabbia sui passeggeri ebrei in arrivo da Tel Aviv. Quelli di voi che fanno il giro delle strade di New York City, con gli occhi avidamente aperti sui posters che trasmettono il destino dei bambini israeliani rapiti da quei mostri di Hamas che voi tanto adorate, così che anche voi possiate strapparli. Quelli di voi che borbottano “se lo sono meritato” quando degli studenti ebrei nei campus universitari vengono aggrediti fisicamente e presi a pugni o attaccati verbalmente con un linguaggio uscito direttamente da un manuale nazista. Quelli di voi che accedono ai social media per infuriarsi per la morte dei civili palestinesi, ma che ignorano deliberatamente la difficile situazione dei curdi sotto l’occupazione araba, iraniana e turca; degli ucraini colpiti dalle bombe russe; dei lavoratori migranti ridotti letteralmente in schiavitù per conto dei finanziatori di Hamas in Qatar; della minoranza uigura che soffre in Cina; delle donne in Iran che lottano per liberarsi dall’imposizione dell’hijab.
Purtroppo, sono giunto alla conclusione che troppi di voi sono refrattari ad argomentazioni razionali e ai fatti. Voi non considerate gli ebrei e gli israeliani esseri umani come voi, o degni di diritti e libertà come i palestinesi che mitizzate, e così arriviamo alla situazione in cui ci troviamo. Una situazione creata da voi, non da noi, il che significa che le nostre suppliche cadono nel vuoto.
“Noi non chiediamo privilegi speciali, Signor Presidente, noi chiediamo solo di essere visti per quello che siamo: dei Sudafricani che meritano lo stesso rispetto e la stessa considerazione accordati ai loro concittadini”, ha affermato il Consiglio Sudafricano dei Deputati Ebrei in una lettera della settimana scorsa al Presidente Cyril Ramaphosa. Ma, per la miseria, dovrete ben chiedervi perché mai si preoccupano. È il paradosso perfetto: non volete che viviamo tra voi, ma non accettate nemmeno il nostro diritto all'autodeterminazione nella nostra patria storica. Quale conclusione possiamo trarre se non che ci desiderate morti? Che voi ve ne rendiate a conto o no, o che vi importi davvero, siete stati cooptati dagli iraniani nella loro strategia sempre più sofisticata per rimuovere Israele dalla mappa del mondo. Il regime di Teheran è malvagio, ma non è stupido, e ha capito che quelli di noi che vivono fuori Israele sono il tallone d’Achille dello Stato ebraico. Ogni finestra rotta di una sinagoga, ogni ebreo aggredito, ogni atto di vandalismo rafforza la tesi secondo cui Israele rappresenta un ostacolo per gli ebrei e che la sua esistenza va a nostro danno. Il fatto che abbiamo visto con dovizia di particolari il 7 ottobre di come potrebbe apparire un mondo senza Israele per gli ebrei di tutto il mondo, non vi scalfisce affatto. Ciò che voglio evidenziare è questo: non accetteremo i vostri soprusi passivamente.
Citiamo le parole di una lettera scritta dalla neo fondata Associazione degli Alunni Ebrei dell'Harvard College al Rettore dell'Università di Harvard: “Per secoli, l'atteggiamento del popolo ebraico è stato quello della conciliazione, nutrito dalla speranza che se avessimo mostrato alla maggioranza dei non ebrei che siamo concilianti, saremmo potuti sfuggire al danno, alla persecuzione e allo sterminio. Quei giorni sono alle nostre spalle”.
Il problema siete voi, ragazzi, non noi. C’è qualcosa di profondamente sbagliato nella vostra cultura e nei vostri valori, e ciò significa che voi, quasi come se foste degli automi, lanciate periodicamente queste cacce alle streghe prendendo di mira gli ebrei in mezzo a voi. Ci incolpate non solo per le amare divisioni politiche nel mondo, ma anche per i vostri fallimenti personali e professionali. Non riuscite a trovare un lavoro? Tutta la colpa del controllo ebraico dell’economia. Non riuscite a trovare un partner romantico? Incolpate gli ebrei invece di guardarvi allo specchio. Dagli eventi banali a quelli che cambiano il mondo, ci sarà sempre un picchetto su cui appendere il cartello “ la colpa è degli ebrei”. Francamente sono stufo di tutto questo, e lo è anche la stragrande maggioranza dei miei colleghi ebrei. A volte mi viene la nausea solo a respirare la vostra stessa aria. Certamente non mi sento “conciliante” nei vostri confronti, e non ho alcun desiderio di impegnarmi in un “dialogo” in cui il dolore che proviamo come comunità sia abbinato all’indignazione che provate nei confronti di un covo di terroristi che ora vengono eliminati mentre Israele combatte l’ennesima guerra difensiva. È più che concepibile che un gran numero di noi, forse la maggioranza, alla fine si trasferiranno in Israele perché siamo stufi di vivere in mezzo a voi. Quanto sarebbe ironico. Alcuni di voi come risposta ripeteranno il mantra antisionista secondo cui Israele è il luogo più pericoloso al mondo per gli ebrei.
Ma non è così, e una delle ragioni principali è semplicemente questa: voi non vivete là.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate