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israele.net Rassegna Stampa
25.10.2023 I media globali 'equilibrati' si rendono complici del terrorismo: ecco come funziona
Analisi di Adam Gross, da Israele.net

Testata: israele.net
Data: 25 ottobre 2023
Pagina: 1
Autore: Adam Gross
Titolo: «I media globali 'equilibrati' si rendono complici del terrorismo: ecco come funziona»
I media globali 'equilibrati' si rendono complici del terrorismo: ecco come funziona
Analisi di Adam Gross, da Israele.net

I media globali “equilibrati” si rendono complici del terrorismo: ecco come  funziona - Israele.net - Israele.net
Adam Gross

Gli influencer e la moda di attaccare Israele sui social media - Mosaico

È giunto il momento di parlare chiaro. I media internazionali che si definiscono “equilibrati” (o “non sbilanciati”) sono, come minimo, complici del terrorismo e dell’ondata di antisemitismo mondiale. Ecco come. I terroristi come Hamas prendono di mira deliberatamente i civili, usando come copertura altri civili. Non si tratta di un approccio inconsueto, ma di una strategia deliberata di lungo periodo ed estremamente efficace, collaudata in molti luoghi nel corso di molti decenni. Questa strategia è progettata per creare una situazione win-win (vincente in ogni caso) per un’organizzazione terroristica come Hamas, e una situazione lose-lose (perdente in ogni caso) per un paese come Israele che cerca di rispettare etica e diritto di guerra. Infatti, Hamas vince se Israele è limitato nella difesa dei suoi civili dal timore di colpire i civili palestinesi. In questo caso, Hamas può continuare ad attaccare impunemente obiettivi civili israeliani. D’altra parte letteralmente nessun governo conosciuto – democratico o autocratico – resta a guardare inerte, permettendo che la propria popolazione civile venga sistematicamente presa di mira senza una reazione. Qualcuno riesce a immaginare un paese che non reagisce quando viene attaccato? Sono innumerevoli gli esempi del contrario, cioè di governi che reagiscono per difendere le proprie popolazioni civili da attacchi terroristici in Europa, Asia, Africa e nelle Americhe, e molti sono gli esempi evidenti anche solo negli anni ’20 di questo secolo. Quindi anche Israele, come gli altri paesi, si difende dagli attacchi terroristici contro la propria popolazione civile. Tuttavia, in un’area densamente popolata come Gaza, con le strutture militari di Hamas profondamente e deliberatamente incuneate nelle aree civili, comprese scuole, ospedali e moschee, nonostante tutti gli sforzi di Israele per tutelare la vita civile – sforzi ampiamente riconosciuti e lodati dagli esperti militari – è tragicamente inevitabile che civili palestinesi vengano talvolta colpiti non intenzionalmente. Hamas vince anche in questo caso, perché una tragedia che comporta danni ai civili palestinesi, da un lato distoglie l’attenzione globale dalla ferocia delle sue azioni contro gli israeliani, e dall’altro mina la posizione morale di Israele. Nella recente tragedia dell’ospedale Al-Ahli, si è registrato un nuovo sviluppo che porta questo fenomeno a un livello ancora più estremo, giacché a quanto pare Hamas vince anche quando sono gli stessi terroristi a uccidere la loro popolazione civile. Le conseguenze di questo meccanismo sono evidenti e portano ogni volta allo stesso ciclo di reazioni: una immediata mobilitazione della pressione mondiale contro Israele, anche da parte dei suoi alleati più stretti, porta a pressanti richieste: dapprima di “moderarsi” e subito dopo di cessare il fuoco. L’effetto è sempre lo stesso: viene sabotata la capacità d’Israele di difendere i suoi civili, offrendo a Hamas la possibilità di continuare ad attaccare impunemente obiettivi civili israeliani. Per venire al punto chiave: l’unico modo in cui questa strategia dei terroristi può funzionare è grazie al fatto che persiste la prevista risposta dei media globali che distoglie l’attenzione globale dalla ferocia delle azioni dei terroristi e mina la posizione morale di uno stato che si difende da quei terroristi. Cosa importante, i media globali non possono fingersi innocenti o inconsapevoli: i gruppi terroristici utilizzano questa strategia da decenni e i media globali sanno che questo è esattamente ciò che fanno i gruppi terroristici e ciò che sperano di ottenere. Eppure si prestano ripetutamente e prevedibilmente a recitare il ruolo che i gruppi terroristici si aspettano da loro, esercitando pressioni su Israele affinché smetta di difendersi. Si possono formulare congetture su alcune delle ragioni per cui i media globali svolgono in modo così prevedibile il compito che i gruppi terroristici desiderano che svolgano: pensiero di gruppo (conformismo di gregge), modalità di accesso (rifermenti locali simpatizzanti coi terroristi), auto-tutela, autentica mancanza di comprensione, pregiudizi personali, simpatie politiche personali o istituzionali, antisemitismo personale o istituzionale (più o meno latente). Tuttavia, le ragioni sono meno importanti del fatto in sé che il meccanismo si verifica, e che è necessario che cambi. E vale la pena sottolineare che anche in questo, come sempre, gli ebrei sono il “canarino nella miniera” che offre un pre-allarme ai paesi che cercano di rispettare il diritto di guerra mentre si difendono dal terrorismo, e vedono i loro sforzi ripetutamente vanificati dalla sedicente “equidistanza” dei loro media. … Questo è l’argomento principale. Ma si possono sollevare diversi altri punti che andrebbero affrontati con urgenza. Innanzitutto il fatto che i media globali vanno ormai regolarmente “oltre la complicità”. A quanto pare, i media globali si bevono ripetutamente false informazioni diffuse dai rappresentati delle istituzioni terroristiche (spesso indicate in modo neutrale come “il Ministero della Sanità palestinese” o “il Ministero della Sanità di Gaza” anziché il “Ministero della Sanità controllato da Hamas”) senza fornire alcuna avvertenza (sulla qualità della fonte) e secondo modalità che non adottano mai con le informazioni di fonte israeliana. Un caso tipico è stata la notizia iniziale della recente tragedia all’ospedale Al-Ahli come causata da un attacco aereo israeliano, senza alcuna avvertenza e ben prima che i fatti fossero accertati. Questa in effetti altro non è che una forma moderna di “calunnia del sangue” e sembra verificarsi con crescente frequenza. Le conseguenze della forma moderna di calunnia del sangue sono simili a quelle delle forme più antiche di calunnia del sangue: livelli crescenti di antisemitismo pubblico, che generano concrete minacce contro la sicurezza degli ebrei in tutto il mondo. Il motivo per cui i media globali prendono per oro colato informazioni false (di fonti terroristiche) ha probabilmente a che fare una serie di ragioni del tipo di quelle già sopra indicate. Tuttavia, riflette anche un altro fattore ancora più insidioso. E cioè, il ciclo di lungo periodo attraverso il quale i media stessi producono false narrazioni generali, che fissano definitivamente determinate aspettative (concetti che si danno per scontati): che Israele è “crudele e vendicativo”, che “non adotta misure adeguate per tutelare i civili”, addirittura che gli israeliani “sono felici di uccidere civili palestinesi” e di “trucidare bambini palestinesi”. Adottando queste false narrazioni che i media stessi hanno inventato, i media si rendono perfettamente recettivi delle false informazioni (di terroristi e propagandisti). Quindi, e questo è un punto fondamentale, la complicità dei media globali con il terrorismo funziona in cicli sia a lungo che a breve termine. I cicli a breve termine sono quelli in cui i reportage dei media si traducono in pressioni su Israele affinché smetta di difendere la propria popolazione civile durante una crisi specifica. Il ciclo a lungo termine è quello in cui i media globali stabiliscano un contesto narrativo che distorce le cause e le conseguenze del conflitto, fissando una serie di false aspettative (concetti che si danno per scontati), ancora una volta con l’effetto non solo di deviare l’attenzione globale dalla ferocia delle azioni terroristiche, ma anche di minare la posizione morale di Israele e fare pressione su Israele affinché smetta di difendersi. Un esempio calzante è il blocco di Gaza. Si ricorderà che Hamas e il suo gruppo terroristico gemello, la Jihad Islamica Palestinese, per tutti gli anni ’90 e i primi anni Duemila hanno condotto una spietata campagna terroristica comprendente decine di attentati suicidi contro obiettivi civili (almeno 87 attentati “riusciti” e molti altri sventati, tra il 1989 e il 2008, secondo Wikipedia) causando la morte di centinaia di civili israeliani. Lo stessa Hamas prese il controllo della striscia di Gaza nel 2007, vale a dire mentre portava avanti la sua campagna di stragi suicide. Da quando Hamas ha preso il controllo su Gaza, sia Israele che l’Egitto hanno imposto un blocco (ripetutamente allentato a causa di pressioni internazionali). Di nuovo, nessun paese – né l’Egitto né Israele – se ne starebbe inerte lasciando che la sua popolazione civile venga sistematicamente presa di mira senza reagire. Forse non è un caso che poco dopo l’entrata in vigore del blocco la campagna di stragi suicide si è placata. Ma oggi la narrativa circa il blocco di Gaza sui media globali non ricorda quasi mai la feroce ondata ventennale di attentati suicidi di Hamas contro i civili israeliani, e si concentra esclusivamente sul biasimare Israele per aver “inflitto una punizione collettiva agli abitanti di Gaza” e aver trasformato Gaza in una “prigione a cielo aperto”: si tratta appunto della prevista risposta dei media globali che distoglie l’attenzione dalla ferocia delle azioni dei terroristi e mina la posizione morale di uno stato che si sta difendendo da quei terroristi. Così, quando Hamas ha commesso la sua più recente e orribile carneficina massacrando più di mille persone innocenti in Israele, un numero esorbitante di persone mediamente istruite ha difeso le azioni di Hamas, anche di fronte ai “dettagli raccapriccianti”, come una “risposta naturale” al blocco di Gaza. In questo modo, il ciclo mediatico a breve termine che esercita pressione su Israele affinché interrompa una specifica azione difensiva si coniuga con il ciclo mediatico a lungo termine che non solo giustifica la ferocia delle azioni dei terroristi incolpando le misure difensive messe in atto da Israele proprio per proteggere i suoi civili da quei terroristi, ma esercita ulteriori pressioni sostenendo, in modo abbastanza perverso, che il modo giusto per prevenire un altro massacro da parte di Hamas sia eliminare le misure difensive, che Israele mette in atto per difendere la propria popolazione civile, ed esporre così i civili israeliani indifesi ad altri attacchi terroristici. Nemmeno il “doppio pensiero” orwelliano era arrivato a immaginare questo modo di ragionare. 
(Da: Times of Israel, 19.10.23)

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