Chi è veramente Arafat adesso se ne accorgono anche i suoi cantori
Testata: La Stampa Data: 09 giugno 2003 Pagina: 1 Autore: Boris Biancheri Titolo: «La Road Map nella mano degli arabi»
Riportiamo integralmente l'articolo di Boris Biancheri pubblicato oggi 9 giugno 2003. C'è un passo in questo articolo che vogliamo indicare ai nostri lettori: "sempre più ambigua si conferma poi la posizione di Arafat, sul quale probabilmente per troppo tempo l'occidente ha investito un ingiustificato capitale di fiducia". Ma che bella scoperta, ambasciatore Biancheri; lasciamo stare l'occidente e cominciamo a guardare in casa nostra. A chi è diretta la sua acuta e condivisibile affermazione? Alla Stampa con Igor Man, a Repubblica con Viola e Valli, al Corriere della Sera con Sergio Romano, al Messaggero con Eric Salerno, alla Rai con Paolo Longo e Marc Innaro, e ci scusiamo per quelli che involontariamente abbiamo dimenticato. Sono loro che hanno investito un ingiustificato capitale di fiducia sul caro buon vecchio Yasser Arafat. Ancora l'altro giorno Igor Man ne tesseva le lodi sulla stessa colonna nella quale lei ha opportunamente fatto la sua giusta e doverosa affermazione. Informazione Corretta si augura che molti lettori riprendendo l'affermazione di Boris Biancheri scrivano lettere di protesta non solo alla Stampa ma anche a tutti i quotidiani, e sono la stragrande maggioranza, che in questi anni hanno sostenuto Arafat, presentandolo per quello che non è mai stato. Invece di dirci chiaramente chi era: un corrotto terrorista. ANCHE se vi sono stati altri attentati più atroci e sanguinosi, quello compiuto ieri a Erez contro una pattuglia militare israeliana è particolarmente minaccioso. Anzitutto, perché interviene in un momento difficile e delicato: Bush ha compiuto il suo viaggio in Medio Oriente impegnandovi direttamente il suo prestigio, ha ottenuto sul processo di pace l’assenso condizionato di Sharon, quello più convinto di Abu Mazen, quello di una parte significativa dei paesi arabi e infine la collaborazione fattiva dell’Europa che prende avvio con le missioni mediorientali di Berlusconi e di Frattini. In un certo senso, un attacco era prevedibile. Come in un drammatico gioco dell’oca, più si procede verso l’obiettivo finale più si incontrano ostacoli che rischiano di riportare i giocatori al punto di partenza. Ma lo scontro di Erez ha un significato simbolico grave. Per la prima volta un’azione terroristica è stata rivendicata, e con ogni probabilità condotta, congiuntamente da tre diverse organizzazioni: Hamas, Jihad e la brigata dei martiri di Al Aqsa che si richiama ad Al Fatah. Tutto il fronte militante armato palestinese, incluso quello più vicino ad Arafat, ha trovato dunque un’imprevista unità per opporsi con i fatti al processo di pace. Una prima possibile conseguenza è che l’opposizione interna a Sharon si irrigidisca e si allarghi, ponendo nuove condizioni all’operato del premier laddove la volontà di pace israeliana ha il suo più importante e drammatico banco di prova: il ritiro dagli insediamenti cosiddetti illegali (ma ve ne sono di legali?) e il riconoscimento della contiguità territoriale del futuro Stato palestinese. Ma non meno ardua è la strada di Abu Mazen, già duramente contestato a Gaza dai partiti politici e che ha dovuto rinviare ora il suo viaggio nei territori per illustrare il processo di pace. Sempre più ambigua si conferma poi la posizione di Arafat, sul quale probabilmente per troppo tempo l’Occidente ha investito un ingiustificato capitale di fiducia. Nel breve periodo, la chiave per tenere in piedi il processo di pace è in gran parte in mano ai paesi arabi moderati: è solo l’avallo di quei paesi al piano americano che può tenere coinvolti in questo difficile passaggio gli israeliani e i palestinesi. A più lontana scadenza, evidentemente, occorrerà affrontare con maggiore chiarezza la questione del finanziamento dei gruppi radicali e terroristici. Da molti anni, ormai, è l’oro del Golfo che li tiene in vita, soprattutto quello dell’Arabia Saudita, in parte per convinzione in parte per non esserne essa stessa la vittima. Come tutto il precario equilibrio del Medio Oriente e del Golfo, anche la pace in Palestina passa attraverso Riad. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.