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La Stampa Rassegna Stampa
08.06.2003 Distruggere Israele entro 25 anni
se non verranno sconfitti prima

Testata: La Stampa
Data: 08 giugno 2003
Pagina: 8
Autore: Yariv Gonen
Titolo: «Servizi sociali, benficenza e terrore»
Pubblichiamo un ottimo servizio di informazione (La Stampa del 8.6.2003), nel quale viene descritta l'organizzazione del terrore palestinese e gli scopi che si prefigge.
GERUSALEMME
CONSIDERATI un’organizzazione terrorista in Israele e nei Paesi occidentali, Hamas (Fronte di resistenza islamico) è invece visto dai palestinesi come una forza politica leggitima a patriottica che lotta contro l’occupazione militare israeliana. In contrapposizione ai dirigenti della Autorità nazionale palestinese - che sono stati talvolta accusati di corruzione e nepotismo - i dirigenti di Hamas hanno fama di essere totalmente devoti alla loro causa, al punto di trascurare i propri interessi personali.
In 15 anni di vita, trascorsa sempre all’opposizione delle strutture politiche palestinesi e sotto costante pressione militare israeliana, Hamas è riuscito a diventare la seconda forza politica nei Territori. Personalmente il suo leader, lo sheikh Ahmed Yassin (un paraplegico che ha trascorso lunghi anni in un carcere israeliano per aver organizzato attacchi armati) beneficia delle fiducia del 10% dei palestinesi: meno del presidente Yasser Arafat (21%) ma molto più del suo premier Abu Mazen, cui un sondaggio dell'aprile scorso attribuiva appena l'1,8%. Secondo il sondaggio, si riconoscono in Al Fatah il 22,6% dei palestinesi dei Territori, e in Hamas il 22%.
Per raggiungere questo risultato i dirigenti integralisti hanno dovuto lavorare non poco. La loro arma segreta si chiama Dawah: una rete di associazioni benemerite che comprende moschee, scuole islamiche, istituzioni di beneficienza, centri culturali, sportivi e ricreativi. Una rete di servizi sociali di buon livello e non reperibili altrove - data l’evanescenza delle strutture dell'Anp - che consentono ai dirigenti di Hamas di tastare il polso della popolazione e selezionare temepestivamente gli elementi migliori. I quali, a secondo delle loro attitudini, saranno spronati a intraprendere una «carriera» religiosa, politica o militare.
Indipendente dal braccio politico di Hamas (guidato da Yassin assieme a Ismail Hanyeh e Abdel Aziz Rantisi) agisce dal 1991 il braccio militare: le Brigate Ezzedin el-Qassam (dedicate alla memoria di uno sheikh che negli Anni Trenta lottò contro il mandato britannico, cadde in combattimento e fu sepolto a Haifa) che si distinguono per l’efferatezza degli attentati e per l'alto livello di segretezza in cui agiscono i suoi membri. Vi sono unità militari vere e proprie (suddivise in specialisti di armi automatiche, confezionatori di ordigni capaci di mettere fuori combattimento anche i carri armati Merkava, lanciatori di razzi o di mortai) e unità di intelligence.
Il modello è quello degli Hezbollah libanesi, con cui esistono anche contatti a livello di specialisti e consiglieri. Hamas cerca di stabilire nella striscia di Gaza un equilibrio militare con Israele in base al quale ad ogni incursione dello Stato ebraico si replica con il lancio di razzi contro obiettivi vicini. Per ora la città israeliana più colpita è quella di Sderot, a 6 chilometri dal confine. Il potenziamento dei razzi, ora in corso, consentirà un giorno a Hamas di colpire il porto israeliano di Ashqelon e la vicina centrale elettrica.
A medio termine Hamas si prefigge di espellere gli israeliani da Cisgiordania e Gaza così come nel maggio 2000 mille guerriglieri Hezbollah espulsero l'esercito israeliano dal Libano del Sud: mentre il prezzo dell’occupazione saliva mediante uno stillicidio di attentati, in Israele crescevano le forze politiche che invocavano un ritiro unilaterale. Allo stesso modo Hamas ritiene che sia possibile cotringere Israele a lasciare i Territori senza firmare alcun accordo con l’«entità sionista».
Che è comunque destinata a essere cancellata, secondo Yassin, entro il 2028, grazie sia al processo demografico, sia al continuo affinarsi della propria capacità militare (di recente è stata studiata l’introduzione di aeroplanini telecomandati che potrebbero essere caricati di esplosivi e fatti schiantare su obiettivi israeliani), sia all'aiuto di Paesi come Arabia Saudita, Siria, Iran e delle comunità arabe in Occidente.
I fondi dall'estero sono destinati a opere di beneficenza, ma raggiungono anche le cellule terroristiche. Nel recente vertice di Sharm el-Sheikh il principe saudita Abdallah ha garantito al Segretario di Stato Colin Powell che i fondi per Hamas saranno adesso controllati per impedire che raggiungano cellule armate.
La lotta di Hamas alle unità militari è dunque estremamente complessa. E l’organizzazione non può essere vinta se non smantellando anche le istituzioni religiose, civili e sociali create dagli integralisti all’interno delle quali agiscono i membri di Ezzedin al-Qassam. Cosa che necessariamente solleverebbe la massima opposizione nella società palestinese.


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