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La Repubblica Rassegna Stampa
12.10.2023 L’ideologia che acceca la sinistra
Analisi di Stefano Cappellini

Testata: La Repubblica
Data: 12 ottobre 2023
Pagina: 13
Autore: Stefano Cappellini
Titolo: «Quelli che giustificano gli orrori di Kfar Aza. Se l’ideologia acceca un pezzo di sinistra»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 12/10/2023, a pag. 13, l'analisi dal titolo "Quelli che giustificano gli orrori di Kfar Aza. Se l’ideologia acceca un pezzo di sinistra" di Stefano Cappellini.

Stefano Cappellini (Repubblica): «Il Dpcm e lo spettacolo indecente delle  Regioni. Hanno tenuto milioni di italiani nell'incertezza»
Stefano Cappellini

Quelli che giustificano gli orrori di Kfar Aza. Se l'ideologia acceca un  pezzo della sinistra - la Repubblica
Una manifestazione a favore dei terroristi nazi-islamisti di Hamas a Bologna


La storia di Shani Louk è una di quelle che più ha sconvolto, nel vasto repertorio offerto dai massacri di Hamas. Shani Louk partecipava al rave organizzato vicino al confine di Gaza dove i terroristi hanno sterminato centinaia di ragazze e ragazzi. Le immagini di Shani caricata su un pick-up dei macellai, seminuda, le gambe spezzate, mentre gli aguzzini le sputavano addosso e la oltraggiavano, è una delle più dure messe in circolo dalla macchina del terrore. Ieri la notizia che la ragazza non sarebbe morta ma si troverebbe ricoverata in un ospedale di Gaza si è trasformata, nel tam tam social alimentato dalle centrali di disinformazione, in una disgustosa campagna di mistificazione. Numerosi simpatizzanti italiani dell’orrore, noti e meno noti, hanno usato la notizia per sostenere che i media occidentali mentono sulle azioni dei terroristi: sono arrivati a sostenere che la ragazza era stata caricata sul mezzo dei terroristi solo per essere soccorsa e portata in ospedale («Magari uno di quelli distrutti dagli israeliani», aggiunge uno degli agit-prop). Parallelamente, come già a Bucha dopo i massacri russi («Tutto finto, i cadaveri si muovevano!»), è partita un’opera di presunto fact checking sui bambini uccisi nel kibbutz di Kfar Aza. «Fake news», è l’altro venticello che si è diffuso in Rete e che presto, come tutti questi miasmi di fogna, arriverà anche sui giornali, i soliti, le tv e i bar sport. Come se, ammesso e non concesso che i bambini fossero stati solo uccisi e non decapitati, la cosa potesse cambiare segno all’azione. Come se, ammesso e non concesso che i trucidati fossero tutti adulti, la mattanza potesse passare da crimine contro l’umanità a legittima azione di guerra. Naturalmente nove su dieci degli account antagonisti che affondano la testa in questo schifo si affrettano a precisare: «Non sto con Hamas». L’equivalente di «Putin è un dittatore ma..». Come già sull’Ucraina, è anche in un pezzo di sinistra che idiozia, marciume e falsità si diffondono protette dalla sicumera ideologica. C’è lo studente antagonista della Sapienza che spiega tronfio a favore di telecamera di voler impedire che l’università adotti una mozione di solidarietà a Israele. C’è il militante di Potere al popolo che spiega trafelato di essere stato «represso» dalla polizia, denunciando violenze brutali, su Hamas nulla, è la celere italiana che commette atrocità. C’è il diciottenne italiano di origine egiziana che manifesta a Milano e alle tv che lo intervistano dice: «Perché l’Ucraina ha diritto di difendersi e i palestinesi no?». Per lui reagire all’invasione di un esercito straniero e sgozzare i civili sono azioni assimilabili. Incoerenti sono gli altri, incoerente è l’Occidente. La famigerata ex ambasciatrice Elena Basile ha scritto ieri sul Fatto quotidiano: «La sproporzione di armi tra Israele e Hamas è evidente. Eppure il Quintetto si riunisce per testimoniare solidarietà a Israele».Due giorni fa, ospite a Otto e mezzo ,Basile ha detto testualmente: «Dobbiamo salvare questa gioventù ebraica sterminata da una strategia di Israele basata sulla forza». Quando le è stato fatto notare da un altro ospite che la mattanza di Hamas era «indifendibile», Basile non ha fatto una piega: «Indifendibile è l’Occidente». Naturalmente la premessa è la solita: «Nessuno difende Hamas...». Che poi non è vero: c’è chi lo difende eccome, e non è un fenomeno solo italiano. Le ragioni storiche dei palestinesi, il loro diritto a una terra è appaltato senza dubbi all’unica forza rimasta in campo: i mozzateste di Hamas. Partendo ovviamente dalla negazione che lo siano (ma in qualche caso, nemmeno). All’università di Harvard alcune associazioni di studenti hanno buttato giù un comunicato per sostenere che «Israele è interamente responsabile delle violenze in corso». Non nel senso, indicato dal quotidiano progressista israeliano Haaretz , che ha criticato le politiche dei governi Netaniahu e le mosse che hanno spaccato e indebolito il Paese. No, nella versione dei dottorandi di Harvard Israele si auto-sgozza. C’è voluta la protesta pubblica di un professore perché, dopo giorni di imbarazzato silenzio, i vertici dell’università producessero due righe per deplorare gli attentati. A Barcellona alle manifestazioni pro Hamas sventolavano bandiere della comunità lgbtq. A Londra e Parigi c’erano militanti di sinistra a rivendicare l’azione dei macellai. Come se Hamas fosse la Palestina, degno e legittimo erede di chi si è battuto per uno Stato vero e indipendente. C’è chi sventola la bandiera palestinese e rilancia lo slogan “due popoli, due Stati”, ignorando che per Hamas lo Stato non può che essere uno, perché Israele ha solo da essere annientato. Hamas è un movimento fondamentalista e con una visione medievale della società? Non importa, difende la causa del suo popolo. Hamas è un movimento che pratica un cieco e barabaro terrorismo? C’è un’antica abitudine a giustificarlo in nome della ideologia. Quando nel 1972 Oriana Fallaci andò a intervistare ad Amman George Habash, medico e leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, all’epoca caro ai movimenti marxisti di mezza Europa, Habash le disse: «Gli attacchi del Fronte non si basano sulla quantità ma sulla qualità. Noi riteniamo che uccidere un ebreo lontano da un campo di battaglia abbia più effetto che uccidere cento ebrei in battaglia». Non che il terrorismo palestinese fosse praticato solo tra le formazioni più estremiste, eppure Abu Lotuf, uno dei dirigenti più importanti di Al Fatah, il partito di cui era leader Yasser Arafat, parlando degli attentati del Fronte popolare diceva disgustato: «Monkey business». Roba da scimmie. Magari i ragazzi della Sapienza di Roma o gli altri del liceo Manzoni di Milano, quelli che godono «se brucia Tel Aviv», non sanno nemmeno chi è Habash. Ma certe cose si trasmettono anche senza nozioni. Sono eredità genetica.

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