Putin si schiera con gli ayatollah Analisi di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 12 ottobre 2023 Pagina: 9 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Gli alleati dell’Iran pronti a intervenire, Putin si schiera con gli ayatollah»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/10/2023, a pag.9, con il titolo "Gli alleati dell’Iran pronti a intervenire, Putin si schiera con gli ayatollah", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
BEIRUT — Le notizie che arrivano dal confine Sud si accavallano confuse nella notte di Beirut, la tensione è altissima: i libanesi si chiedono se Hezbollah entrerà in guerra e quali costi potranno ancora sopportare dopo aver impiegato anni per rialzarsi dal conflitto del 2006 con Israele e nel mezzo di una profonda crisi finanziaria che li ha impoveriti paralizzando lo Stato. E dunque cosa farà Hezbollah? Il Partito di Dio, sostenuto e finanziato dall’Iran, è una pedina fondamentale nella rete di alleanze che si stanno definendo intorno ad Hamas, e che arrivano fino a Mosca. Finora, si è «mosso con cautela», ci dice una fonte vicina al movimento, tenendo «impegnate» le truppe israeliane con attacchi al confine Sud ma senza aprire un nuovo fronte, che costringerebbe Israele a combattere una seconda guerra con un nemico che ha una potenza militare di molto superiore a quella di Hamas, con un arsenale stimato intorno a 130mila missili. «Ci sono due linee rosse: l’annientamento di Hamas a Gaza, con una operazione di terra israeliana, che priverebbe Hezbollah e gli iraniani del loro partner più importante nella Striscia, e la cacciata dei palestinesi verso l’Egitto – prosegue la fonte. Se queste due linee verranno superate, è molto probabile che Hezbollah entrerà in guerra». Si cerca un perimetro da dare al conflitto per evitare l’incendio, la mediazione è nelle mani del Qatar. Ma nel frattempo il gruppo libanese muove le sue forze e dispiega i razzi, e si muovono anche i suoi partner e sponsor. A cominciare dall’Iran, che creò Hezbollah nel1982 e lo finanzia ancora oggi, fornendo armi e addestramento, in un rapporto di simbiosi ideologica e politica che passa anche per i legami di famiglia. Tre anni fa Reza Hashim Safi al-Din, il figlio del numero due del Partito di Dio Hashim Safi al-Din (Saffieddin), ha sposato Zeinab Soleimani, la figlia del generale iraniano Qassem Soleimani, architettodella strategia iraniana in Medio Oriente ucciso dagli americani nel 2020. Negli ultimi giorni Teheran ha mandato messaggi ambivalenti, in linea con la sua dottrina dell’ambiguità strategica. Quattro giorni prima della carneficina, Khamenei aveva avvertito: «Il cancro sionista verrà estirpato», invocando contro Israele l’insurrezione di tutta la rete diproxies e milizie sciite che l’Iran ha costruito in quattro decenni di espansione in Medio Oriente, dal Libano alla Siria, dallo Yemen all’Iraq, e che nell’ultimo decennio ha inglobato anche la sunnita Hamas, anche se in un rapporto meno diretto. In Iraq i gruppi armati sciiti filo-iraniani minacciano di prendere di mira le truppe americane nella regione se gli Stati Uniti interverranno nella guerra contro Hamas e lo stesso potrebbe accadere con le milizie filo-iraniane in Siria. Ma la prospettiva di conflitto diretto con americani e israeliani potrebbe costare caro al leader iraniano alle prese con il più grande e diffuso movimento di protesta nella storia della Repubblica Islamica. Due giorni fa Khamenei ha voluto incontrare i militari in una cerimonia pubblica a Teheran e con un discorso insolitamente esplicito ha negato che l’Iran abbia avuto un ruolo diretto nelle stragi del 7 ottobre. Che Teheran finanzi Hamas e sia coinvolto in maniera crescente nelle questioni palestinesi, anche in Cisgiordania, è un fatto, come lo sono i continui incontri del capo dei pasdaran, Qaani, in Libano con i leader delle milizie filo-iraniane regionali. Ma gli stessi israeliani escludono una partecipazione diretta di Teheran nella pianificazione della strage. Ieri in soccorso dell’alleato iraniano è sceso in campo Putin: «Si punta il dito contro l’Iran senza prove», ha detto, accusando Israele - con cui ha coltivato rapporti eccellenti per molto tempo, in particolare con Netanyahu - con toni del tutto inusuali: «La questione palestinese - ha detto - è nel cuore di tutti coloro che professano l’Islam», che la percepiscono come una «manifestazione di ingiustizia di livello incredibile». La Russia è a favore del negoziato e per la soluzione dei due Stati, e contraria alla «fuga dei palestinesi» da Gaza, dice. Non una parola invece su Hamas, il cui leader Haniyeh ha visitato Mosca diverse volte negli ultimi mesi. Tutto quello che tiene impegnati gli americani e l’Occidente lontano dal fronte ucraino è una manna per Putin. Ma una guerra regionale potrebbe avere conseguenze imprevedibili anche per il Cremlino.
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