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Russia e Iran: 'Spazio per crescere' Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Putin con Raisi “La partnership russo-iraniana ha ancora spazio per crescere”. Questa, in sostanza, è la conclusione di un rapporto sobrio e imparziale che sonda le relazioni tra Russia e Iran, pubblicato la settimana scorsa dalla RAND Corporation. Il rapporto basato sui fatti, è un contributo importante per comprendere come si stia evolvendo la connessione Mosca-Teheran e le conseguenti implicazioni per gli Stati Uniti, per Israele e per il sistema di alleanze occidentali. Con spirito critico, spiega in modo convincente che, mentre le relazioni tra Russia e Iran si sono rafforzate in modo allarmante con l’intensificarsi dell’invasione dell’Ucraina, in particolare nella sfera della cooperazione militare, non ci troviamo di fronte ad una “partnership strategica” ma ad una “relazione transnazionale” i cui vantaggi attualmente superano decisamente gli eventuali svantaggi. Prima di esaminare più in dettaglio la natura e il tema centrale delle relazioni russo-iraniane, vale la pena esaminare la risposta fornita dal rapporto alla domanda sul perché i due Paesi non hanno (ancora) stretto un'alleanza formale. Su questo punto bisogna considerare diversi livelli. Storicamente, le relazioni tra loro sono state segnate dalla sfiducia, con molti iraniani che percepivano la Russia come un predatore territoriale in agguato sull’altra sponda del Mar Caspio. Dopo la rivoluzione islamica in Iran nel 1979, i rapporti con l’Unione Sovietica furono tesi, con Mosca irritata dalla persecuzione del regime iraniano contro gli elementi comunisti e Teheran furiosa per la decisione della Russia di armare l’Iraq durante la brutale guerra del 1980-88 con il suo vicino orientale. Tuttavia, verso la fine degli anni ‘80, i leader iraniani cominciarono a riconsiderare la propria strategia, ansiosi di controbilanciare l’influenza statunitense in Medioriente e desiderosi di migliorare il loro accesso alle merci e alla tecnologia per i consumi interni. I frutti diplomatici di questo cambiamento divennero presto evidenti. Durante gli anni ’90, l’Iran e la Russia hanno collaborato in Afghanistan e in Tagikistan, mentre l’Iran ha ipocritamente chiuso un occhio sul massacro russo di migliaia di musulmani nella Repubblica di Cecenia. Ma ci sono state anche delle differenze, ad esempio nei Balcani, dove durante la guerra in Bosnia gli iraniani hanno sostenuto il governo prevalentemente musulmano, mentre la Russia ha sostenuto con entusiasmo gli insorti serbi. Col passare del tempo, tuttavia, Russia e Iran hanno scoperto che c’è molto di più che li unisca di quanto li separi. Come chiarisce il rapporto RAND, i disaccordi e le incomprensioni tra loro sono reali, ma non abbastanza rilevanti da ostacolare la creazione di legami più stretti negli ultimi 18 mesi. L'aspetto più pericoloso del rapporto riguarda il trasferimento di armi tra i due Paesi in entrambe le direzioni. L’Iran ha fornito alla Russia migliaia di droni Shahed-136 e Mohajer-6 che sono stati utilizzati con effetti devastanti contro le infrastrutture civili dell’Ucraina, e ha mandato “spedizioni di munizioni, mortai, mitragliatrici, parti di ricambio di aerei e veicoli a motore e altre attrezzature e rifornimenti militari trasportati attraverso il Mar Caspio”. A sua volta, la Russia ha promesso di fornire agli iraniani una flotta di aerei da combattimento Sukhoi-35 già dal prossimo anno. Inoltre, la marina russa e iraniana hanno compiuto esercitazioni congiunte nel Golfo di Oman, coinvolgendo spesso anche le loro controparti cinesi. Inoltre, essendo stati autoritari che si impegnano a reprimere ogni espressione di dissenso, Russia e Iran hanno avuto benefici dalla condivisione delle tecniche di spionaggio, come è stato riferito, con ingegneri russi che aiutano gli iraniani a proteggere i loro network nel cyberspazio. Il rapporto non ha dubbi sul fatto che “una partnership rafforzata ha portato benefici a entrambi i Paesi, influenzando il corso della guerra in Ucraina e trasformando l’Iran, in questa relazione, in un fornitore di armi piuttosto che in un cliente”. E anche se è “troppo presto per dichiarare l’inizio di una nuova era per le relazioni russo-iraniane”, sostiene il rapporto, “è tempo di iniziare a pensare a cosa potrebbero significare legami più stretti tra i due Stati, per le azioni e la strategia degli Stati Uniti”. Il che ci porta al problema di Israele. Per quanto riguarda il rapporto RAND, questo è un importante punto di differenza tra i due Paesi, con la Russia che continua a dialogare con Israele e con gli Stati arabi conservatori del Golfo, come gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, mentre l’Iran sostiene gruppi terroristici come Hezbollah in Libano e le milizie Houthi nello Yemen che rappresentano una delle principali fonti di instabilità. Sostiene inoltre che la Russia probabilmente prende sul serio le ripetute minacce di Israele di distruggere la capacità dell'Iran di dotarsi di armi nucleari prima che ne sviluppi una, e allo stesso tempo è riluttante a rinunciare alle sue relazioni con Gerusalemme in caso di conflitto. Ancora una volta, c’è molto di interessante in questa intuizione, ma è fondamentale ricordare che la situazione è fluida e che gli imperativi attuali evidenziano che i legami tra Mosca e Teheran sono più probabili, non meno. Inoltre, l’analisi strategica generalmente minimizza o ignora completamente il ruolo delle idee e dell’ideologia nel processo decisionale; nel caso russo, questo è un errore. Prima della rivoluzione comunista di oltre un secolo fa, la Russia era un candidato credibile per il titolo di “paese più antisemita del mondo”, mentre durante l’era sovietica Israele veniva malignamente demonizzata nella propaganda ufficiale, con i suoi leader rappresentati in gran parte come nazisti, allo stesso modo in cui lo è attualmente il governo democratico dell’Ucraina. Nei mesi trascorsi dall’invasione dell’Ucraina, le relazioni della Russia con Israele si sono inasprite anche se Israele è stato estremamente attento a rimanere fuori dagli aspetti militari di quel conflitto, limitando il suo ruolo alla fornitura di aiuti umanitari. In quel periodo, le autorità russe avevano cercato di chiudere a Mosca l’ufficio dell’Agenzia Ebraica, che aiuta i nuovi immigrati in Israele. I leader russi, tra cui il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov e il Presidente Vladimir Putin, avevano fatto commenti spiacevoli e provocatori in diverse occasioni, descrivendo il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy come un docile ebreo che esegue gli ordini dei suoi padroni nazisti, sostenendo falsamente che l’Ucraina intende fare ai russi quello che i nazisti fecero agli ebrei in senso etnico, e affermando, come fece Lavrov piuttosto compiaciuto, che i peggiori antisemiti sono gli ebrei stessi, e che Adolf Hitler aveva “sangue ebraico”. In questo contesto, non si può escludere con i suoi echi da guerra fredda, una svolta russa contro Israele.
Il rapporto RAND ricorda tempestivamente l’enorme posta in gioco in Ucraina, posta sempre più minimizzata dalla crescente stanchezza della guerra in Ucraina tra i politici statunitensi e in diversi Paesi europei, che possiamo essere certi sia i russi che gli iraniani saranno felici di sfruttare.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate
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