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israele.net Rassegna Stampa
06.10.2023 L’amichevole ammonimento a Israele da parte di un iraniano: non abbandonate la vostra laicità
Analisi di Arash Azizi, da Israele.net

Testata: israele.net
Data: 06 ottobre 2023
Pagina: 1
Autore: Arash Azizi
Titolo: «L’amichevole ammonimento a Israele da parte di un iraniano: non abbandonate la vostra laicità»
L’amichevole ammonimento a Israele da parte di un iraniano: non abbandonate la vostra laicità
Analisi di Arash Azizi, da Israele.net

Arash Azizi | fastforward
Arash Azizi

Già da qualche tempo, quando mi capitava di vedere miei amici israeliani discutere sul ruolo della religione nel loro paese, mi divertivo a stuzzicarli: “Datemi ascolto – dicevo – sono nato e cresciuto in una repubblica religiosa e posso assicurarvi che la teocrazia non è divertente”. Mi riferivo, naturalmente, alla Repubblica Islamica d’Iran, il regime che governa il mio paese dal 1979. Lo dicevo più che altro per scherzo. Israele, con le sue norme sociali alquanto liberali e una solida sfera pubblica, sembra difficile che possa correre un autentico rischio di diventare una teocrazia. Anche se i partiti religiosi della comunità haredi (ultra-ortodossa) partecipano da tempo al governo, sembrano confinati nel loro angolo. Ma vedendo il veleno rigurgitato dagli incidenti avvenuti in piazza Dizengoff a Tel Aviv lo scorso Yom Kippur (quando un gruppo religioso ortodosso, in violazione di un’ordinanza della Municipalità avallata dalla Corte Suprema, ha eretto nella pubblica piazza un divisorio per separare fedeli uomini e fedeli donne scatenando una furibonda reazione da parte di attivisti laici liberali ndr), ho la netta sensazione che i miei avvertimenti stiano diventando una cosa più seria, e che vengano presi sul serio dai miei amici. Israele è stato fondato da nazionalisti laici, la maggior parte dei quali non erano particolarmente religiosi. Tuttavia, i fondatori scesero a compromessi con le autorità rabbiniche conferendo loro alcuni poteri che resero Israele meno laico rispetto alla maggior parte degli altri paesi evoluti. Negli ultimi tempi, i partiti religiosi e anti-secolari sono diventati molto più determinanti nella politica israeliana, e in particolare costituiscono un cardine del governo attualmente in carica. Molto prima del clamoroso dibattito suscitato dagli incidenti di piazza Dizengoff, si era visto il divieto di introdurre pane lievitato negli ospedali durante la Pasqua ebraica, tentativi di imporre autobus e parchi separati per genere, piscine costrette a chiudere di sabato ecc. … Mi trovo quindi costretto, in quanto iraniano, a scrivere queste righe per ribadire il mio monito agli israeliani, non più per scherzo ma in tono severo: consentire alle norme religiose di prendere il sopravvento sulla legislazione e sulla vita pubblica non porta nulla di buono per il paese ed anche – forse soprattutto – per coloro che sono sinceramente devoti. Quest’ultimo punto potrebbe sorprendere qualcuno: forse che i devoti musulmani non sono gli ovvi beneficiari di una repubblica islamica come l’Iran? La risposta è no. Vedete, quando la religione prende il sopravvento sulla politica, ciò avvelena non solo la politica ma anche la religione. Basta confrontare l’Iran prima e dopo il 1979. Negli anni ’70, l’Iran guidato dallo Scià era un paese autocratico con migliaia di prigionieri politici e poca libertà di stampa. Tuttavia, le conquiste del laicismo avevano fatto sì che l’Iran avesse una delle leggi sulla famiglia più progressiste e avanzate di tutta la regione, che vi fosse una libertà religiosa senza precedenti per le minoranze non musulmane come ebrei, cristiani e baha’i, e che uomini e donne fossero liberi di attenersi, o non attenersi, alla religione nella loro vita pubblica e privata. Ciò diede vita a una sorprendente pluralità. In una singola famiglia, alcune donne indossavano varie fogge di hijab, altre indossavano il bikini in spiaggia. Ma anche molte di queste ultime rimanevano in sintonia con l’islam e lo rispettavano come forza intellettuale e morale. Molti di coloro che non erano particolarmente osservanti digiunavano comunque un paio di giorni durante il Ramadan, e molte indossavano il lungo mantello noto come chador durante le loro visite ai santuari. Ora invece, 44 anni di Repubblica Islamica hanno trasformato l’Iran in una società non più devota, bensì nel suo opposto. Oggi la società iraniana nutre più sentimenti anti-islamici di qualsiasi altra società musulmana del pianeta. Le stesse autorità confessano che la maggior parte delle moschee fatica a trovare fedeli. Alcuni sondaggi mostrano addirittura che attualmente solo il 30% degli iraniani si identifica come musulmano sciita. L’unico islam che conoscono le persone della mia generazione (sono nato nel 1988) è quello imposto dal regime, l’islam che costringe le donne a coprirsi i capelli a costo d’essere arrestate o addirittura uccise, l’islam che punisce i giovani a fustigate perché hanno ascoltato la musica sbagliata o bevuto alcolici. In sostanza, qui non si tratta di conservatorismo sociale contro libertinismo. Si tratta dell’abuso della religione per tornaconto egoistico. Una volta che la religione diventa uno strumento di potere e di arricchimento, chiunque può spacciarsi per devoto, gettando nell’afflizione molti devoti sinceri. I governanti della Repubblica Islamica sono il miglior esempio di questa ipocrisia: tengono lunghi discorsi su come vogliono bandire in Iran gli “stili di vita occidentali” e intanto mandano i loro figli e figlie a condurre vite dispendiose a Toronto, Londra e Berlino. Ecco perché oggi la società spesso associa la religione non alla spiritualità, bensì alla corruzione e alla repressione. Prima del 1979, era normale che le persone mostrassero rispetto alla vista dell’abito clericale. La gente cedeva il posto a un mullah sull’autobus. Oggi molti mullah dicono apertamente che non indossano più la veste in contesti sociali per paura di reazioni ostili da parte dei passanti. Non solo non gli cedono il posto sugli autobus e sulla metropolitana di Teheran, ma molti tassisti si rifiutano di prenderli a bordo. Intanto, la Repubblica Islamica ha istituito un Tribunale Speciale per il Clero che ha il compito di vigilare sui chierici punendoli con destituzioni, carcere, torture e persino esecuzioni. Per colmo d’ironia, la classe clericale sciita che aveva preservato la propria indipendenza per secoli sotto varie monarchie, alla fine l’ha perduta sotto la Repubblica Islamica. Oggi molti iraniani, indipendentemente da quanto siano religiosi, vorrebbero tornare a un’epoca in cui gli uomini di religione si limitavano alla religione e non dominavano la politica. Lo desiderano non solo a causa dell’effetto distruttivo della repressione islamista sulla politica, ma perché sentono la mancanza di un’epoca in cui la religione non era stata inquinata dai disgustosi traffici della politica, quando Dio e Cesare avevano regni separati. Ascoltate quello che vi dice un iraniano: indipendentemente da quanto siate devoti, non abbandonate la vostra precaria laicità. 
(Da: YnetNews, 1.10.23)

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