Kiev, no elezioni in tempi di guerra Cronaca di Fabio Tonacci
Testata: La Repubblica Data: 25 settembre 2023 Pagina: 12 Autore: Fabio Tonacci Titolo: «Elezioni in guerra pressing trumpiano. Ma Kiev dice no: 'Aiuterebbe i russi'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/09/2023, a pag. 12, con il titolo "Elezioni in guerra pressing trumpiano. Ma Kiev dice no: 'Aiuterebbe i russi' ", la cronaca di Fabio Tonacci.
Fabio Tonacci
ZAPORIZHZHIA — Sarebbero le prime elezioni politiche sotto le bombe. «Che grande dimostrazione di democrazia per l’Ucraina», va dicendo chi, negli Stati Uniti ma anche in Europa, chiede al presidente Zelensky di indire per il prossimo anno sia le presidenziali che le parlamentari. Nonostante giganteschi problemi di sicurezza, nonostante un quinto del territorio sia occupato e un altro quinto sia a tiro dell’artiglieria nemica, nonostante sette milioni di cittadini siano rifugiati all’estero e un altro milione sia impegnato al fronte, nelle retrovie e nella logistica della difesa, nonostante la Costituzione proibisca di sciogliere il Parlamento finché è in vigore la legge marziale. Nonostante nessuno, in Ucraina, desideri andare alle urne a conflitto aperto. Vengono in mente almeno un centinaio di motivi che sconsigliano di organizzare una tornata elettorale nelle condizioni in cui si trova, e si troverà ancora per mesi, il Paese invaso dalla Russia. Eppure se ne parla. Più all’estero che qui, dove il tema appassiona poco e di rado spunta nelle trasmissioni televisive, anche perché i partiti di opposizione, a cominciare da Solidarietà Europea dell’ex presidente Poroshenko primo degli avversari di Zelensky, non stanno pressando il governo in tal senso. Dall’altra parte dell’oceano, invece, e precisamente nelle file del Partito repubblicano americano già in fibrillazione per la campagna che deciderà il nuovo inquilino della Casa Bianca, la questione del voto ucraino pare assai sentita. Fin troppo. Al punto da generare il sospetto che sia solo una provocazione. Il mese scorso il senatore Lindsey Graham della Carolina del Sud durante la visita a Kiev ha chiesto a Zelensky di considerare seriamente l’opportunità di chiamare alle urne gli ucraini nel 2024, quando scadrà il suo mandato. E tra i repubblicani, soprattutto tra coloro che vogliono tagliare la fornitura di armi e il sostegno economico all’Ucraina, Graham non è l’unico a pensarla così. L’idea, in realtà, è nata in questo continente, è stata inizialmente lanciata dal senatore socialista olandese Tiny Cox, presidente dell’assemblea del Consiglio d’Europa. Cox ha poi corretto la rotta, forse perché si è reso conto di quanto impervia sia la via che conduce al suffragio quando si ha a pochi chilometri l’esercito russo che spara 40mila colpi di artiglieria al giorno. Zelensky è contrario, però la questione gli viene posta in continuazione nelle interviste. E poiché sa quanto sia strategico mostrare al mondo la più democratica delle Ucraine possibili, un paio di volte ha lasciato intendere che, «a certe condizioni» e «con un forte aiuto economico dall’Occidente», potrebbe non essere impossibile. Nessuno ci crede veramente. «Come facciamo a fare la campagna se gli elettori sono sperduti al fronte o all’estero?», ragiona con RepubblicaMykola Kniazhytskyy, deputato di Solidarietà Europea e fedelissimo di Poroshenko. «Sarebbe una prova di democrazia monca, finta, tantissimi cittadini non sarebbero in grado di esercitare i diritti politici, ossia votare e essere votati. Una campagna elettorale è una competizione per sua natura aspra, divisiva, spaccherebbe l’unità nazionale diventando terreno fertile per la propaganda del Cremlino». Kniazhytskyy non è uno tenero con Zelensky, tutt’altro. Ne parla così: «Ha fatto errori molto gravi, che hanno ferito la democrazia, ad esempio quando ha chiuso dei canali televisivi (associati a Poroshenko, ndr), però va sostenuto fino alla fine della guerra. Chi dall’estero lo spinge verso le elezioni lo vuole mettere in difficoltà, cercando un pretesto per ritirare gli aiuti». Cento associazioni della società civile ucraina hanno sottoscritto un documento per esprimere la totale contrarietà alla chiamata al voto fintanto che i cannoni spareranno.«Non è compatibile con l’invasione su larga scala», scrivono. «Votare solo per votare non dà la misura del livello di democrazia di una nazione, sarebbe pericoloso. E non si può fare sotto la legge marziale che, per definizione, restringe diritti e libertà». Eleggere il presidente con il 20 per cento del territorio dello Stato in mano a un altro Stato può essere visto come l’implicita accettazione del nuovo confine che la Russia ha imposto con la violenza. Le urne nel 2024 non sono neanche tra le raccomandazioni di Bruxelles per l’avvio del negoziato di ingresso dell’Ucraina nell’Ue. «Perché quindi Zelensky dovrebbe impiccarsi a una scelta così rischiosa?», ragiona Serhiy Rudenko, analista politico autore di una fortunata biografia del presidente. «Gode di un consenso che tocca il 70-80 per cento, vincerebbe di sicuro lui, ma la campagna lo indebolirebbe politicamente. Solo il generale Zaluzhny, il Comandante delle nostre forze armate, ha un gradimento altrettanto alto. Chissà che non sia lui a sfidarlo al ballottaggio, dopo che avrà vinto questa guerra».
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