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Il Foglio Rassegna Stampa
23.09.2023 L’inferno svedese
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 23 settembre 2023
Pagina: 12
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «L’inferno svedese»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/09/2023, a pag. 12, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo 'L’inferno svedese'.

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Svezia islamica; l'apartheid multiculturale – Il blog di Giampaolo Rossi

Quando il mio treno si ferma a Farsta, sulla banchina c’è silenzio. I giornali della sera dicono che la metropolitana è stata chiusa in modo che i colpevoli non potessero scappare. Una fila di lemming, tutti con gli occhi sui telefoni. Nessuno dice niente. Il silenzio è più sgradevole delle sirene. Da quando ero in congedo parentale con la mia seconda figlia, ho sempre avuto il laccio emostatico e un kit di pronto soccorso nel passeggino. Solo l’anno scorso abbiamo avuto venti sparatorie a Farsta. Un’amica si è trasferita a Johannesburg con la figlia. Una delle città più violente del mondo. Mi dice che ci sono più sparatorie a Farsta che in Sud Africa”. Così ha scritto quest’estate il romanziere Martin Schibbye sul quotidiano svedese Dagens Nyheter. A Stoccolma, sette persone erano state appena uccise in un solo giorno: un giovane a Jordbro; due a Solna; due ragazzi, una donna di 65 anni e un uomo di 45 alla stazione della metropolitana di Farsta. Ieri è stato trovato ucciso nei boschi un ragazzo di tredici anni. E il pensiero ricorre al 2014, quando l’allora premier svedese Fredrik Reinfeldt invitò i concittadini ad “aprire i cuori” ai profughi di tutto il mondo: “Ora chiedo al popolo svedese di essere paziente; di essere solidale, a lungo termine creeremo un mondo migliore in questo modo”. Il governo organizzò anche una conferenza sulla politica migratoria intitolata “Sverige tillsammans” (Svezia insieme) cui parteciparono il re, la regina e l’establishment politico. Un anno dopo, l’allora ministro degli Esteri, Margot Wallstrom, disse già che la Svezia era sull’orlo del “collasso” a causa dei flussi migratori. Dieci anni dopo, il paradiso dell’immigrazione e dell’integrazione è un purgatorio dove al governo c’è la destra, ma la situazione resta fuori controllo. Fino a poco tempo fa la Svezia era una società molto pacifica: nel 2006 ci furono otto omicidi con armi da fuoco in tutto il paese; nel 2017 il totale era salito a 43. Adesso il paese viaggia sui cinquanta morti all’anno. Un terzo di tutte le donne uccise in Svezia sono vittime di “delitti d’onore”. La maggior parte degli stupratori condannati sono stranieri e, in caso di stupro in cui la vittima non conosce il suo aggressore, la percentuale sale a oltre l’ottanta per cento. “La politica svedese di integrazione degli immigrati è fallita, portando a società parallele e alla violenza tra bande”, aveva affermato il primo ministro Andersson, prima di lasciare il potere a una coalizione di destra. La Svezia ha accolto più persone pro capite di qualsiasi altra nazione dell’Ue. Nel frattempo anche i Socialdemocratici hanno compiuto una svolta in appena un anno. Da paladini delle frontiere aperte, della solidarietà internazionale, del multiculturalismo e della libera immigrazione, ora sono il partito delle restrizioni all’immigrazione. Andersson dice che “non vogliamo Somalitown nel nostro paese”. Il sol dell’avvenire elogiato da Bernie Sanders e dal Nobel Paul Krugman (città ordinate, vita culturale di alto livello, eccellenze tecnologiche, welfare generoso) è in crisi. “Reine Berglund stava per dare un morso al suo hamburger quando arrivò la chiamata: c’era stato un altro omicidio. Nei suoi 20 anni nella polizia di Stoccolma, aveva osservato come i sobborghi meridionali dove era cresciuto e che pattugliava ogni giorno fossero in preda alla violenza armata. Le sparatorie mortali erano aumentate vertiginosamente mentre i membri delle bande si attaccavano a vicenda; adolescenti che sparavano proiettili in luoghi affollati con kalashnikov che riuscivano a malapena a tenere in mano. Alle 18 di un venerdì sera accadde di nuovo. Berglund e il suo partner dalla stazione di polizia si recarono in un ristorante di sushi in un affollato centro commerciale. All’interno, un ragazzo di 15 anni sul pavimento. Gli avevano sparato in mezzo agli occhi, stile esecuzione, davanti a una sala piena di commensali”. Così racconta il Times. “Questa spirale non ha fine”, dice Berglund. “E’ occhio per occhio, dente per dente. A volte stiamo solo aspettando che arrivi il prossimo omicidio”. E quando non è la criminalità, è lo choc di civiltà. Nei “moti di Pasqua 2022”, numerose città svedesi (Linköping, Norrköping, Rinkeby, Örebro, Landskrona e Malmö) erano finite nel caos per le manifestazioni contro un provocatore danese, Rasmus Paludan, che aveva annunciato di voler bruciare il Corano per protestare contro l’islamizzazione. La giornalista Paulina Neuding racconta: “Centinaia di uomini mascherati che lanciano pietre alla polizia, autobus della polizia dirottati da criminali, uomini che distruggono auto della polizia, tentativi di omicidio con bombe molotov contro un autobus a Malmö che costringe i passeggeri a fuggire, una scuola in fiamme, violenze contro soccorritori, poliziotti feriti e terrorizzati…”. A Malmö, la terza città svedese, nel grande quartiere di Rosengaard che di bello ha soltanto il nome (“il giardino delle rose”), dove è nato Zlatan Ibrahimovic, la nuova stazione di polizia è fortificata perché il vecchio edificio è stato crivellato di proiettili, la scuola principale è stata chiusa a causa della tensione sociale e il servizio di consegne Ups si rifiuta spesso di operare. Oggi la Svezia è la capitale europea degli omicidi armati. L’anno scorso, secondo il Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità, sono state uccise 63 persone: più del doppio della media europea e, pro capite, più di tutta Londra e Parigi. L’effetto sulla società svedese è sorprendente. “Oltre alle vite perse, la violenza ha fatto cadere un governo, cambiato leggi e politiche ed è diventata il principale argomento di discussione in un paese che un tempo si vantava della sua reputazione di stato sociale pacifico. Ha anche distrutto il vespaio dell’integrazione. Oggi, un quinto di tutte le persone che vivono in Svezia sono nate fuori dal paese. La stragrande maggioranza delle persone coinvolte nella criminalità organizzata sono giovani svedesi nati all’estero o i cui genitori o nonni sono emigrati nel paese. Per troppo tempo, hanno sostenuto in molti, le autorità hanno ignorato il problema crescente della violenza delle bande perché volevano evitare di essere viste come razziste, o perché semplicemente avevano la sensazione che ciò accadesse in periferie segregate, lontane dalle vite confortevoli dei politici”. Quando la Svezia ha scelto di diventare parte del mondo, ha avuto anche i problemi del mondo. Sono arrivati somali, afghani, turchi, nigeriani, siriani… Ma con loro anche le culture somale, afghane, turche, nigeriane, siriane… “Non passa giorno a Stoccolma senza una sparatoria o una esplosione”, dice Paulina Neuding. “In una parte della città, gli abitanti dei complessi residenziali sono stati informati su cosa fare se il loro edificio è l’obiettivo di una bomba. Per troppi svedesi, è la nuova normalità”. Secondo la legge svedese, i minori di 15 anni non possono essere condannati a nessun reato e gli adolescenti più grandi raramente ricevono più di quattro anni di “cure obbligatorie”. Quindi i criminali ora reclutano i giovani. E anche la stampa di sinistra ora si è accorta che il sogno è diventato un incubo. A Libération, Camila Salazar Atías, che lavora presso Fryshuset, un’organizzazione che si occupa di prevenzione, osserva l’escalation della violenza all’interno delle città: “Prima si sparava a una gamba, come avvertimento, ora sparano per uccidere”. Solo il 25 per cento degli omicidi sfocia in una condanna e il 75 per cento dei casi sono irrisolti, così che “il rischio di essere scoperti è molto basso, il che porta a correre maggiori rischi, come sparare in pieno giorno e in luoghi affollati”. Anche Le Monde racconta il “flagello svedese”: “Nessun altro paese europeo ha visto un tale aumento del numero di vittime di sparatorie negli ultimi dieci anni, con quattro morti per milione di abitanti in Svezia, rispetto a una media di 1,6 nel resto d’Europa. Manne Gerell, professore nel dipartimento di criminologia dell’Università di Malmö, dice che ci sono molte ragioni per questo fenomeno. ‘L’integrazione sociale che non ha funzionato in un contesto di forte immigrazione. Non c’è stata disponibilità a riconoscere che c’era un problema ed è solo diventato più forte con il tempo. La situazione è peggiorata così tanto che è difficile tornare indietro’”. Ulf Kristersson, il primo ministro svedese, la mette così: “Sarà molto, molto brutto”. Il governo conservatore ora prova a tamponare una situazione fuori controllo. Maria Malmer Stenergard, ministro per le Politiche migratorie, ha annunciato in Parlamento la fine dei ricongiungimenti, nuovi fondi alla polizia di frontiera, confini blindati e intensificazione delle espulsioni dei clandestini. Oltre centomila persone vivono in questa condizione nelle periferie delle principali città. Il servizio postale per alcuni periodi di tempo non ha consegnato pacchi a un quartiere nel centro di Malmö. Diverse biblioteche pubbliche hanno dovuto ridurre i propri orari di apertura o addirittura chiudere temporaneamente in risposta alle molestie da parte di bande di giovani. In un quartiere a Göteborg, bambini dell’asilo e della scuola materna sono scesi in piazza con i loro insegnanti per protestare contro la violenza delle bande dopo una dozzina di sparatorie nella zona in pochi mesi, di cui una nel cortile della scuola materna. Il giornalista Lasse Wierup ha tentato di comprendere come un paese sicuro, socialdemocratico e solidale sia diventato il “Gangsterparadiset”, dal titolo del suo libro. Il paradiso dei criminali. Secondo Wierup, che lavora per il quotidiano Dagens Nyheter, ci sono ora almeno 350 organizzazioni criminali in Svezia. All’inizio di quest’anno nel distretto di Farsta, la città dove vive Schibbye a sud di Stoccolma, la polizia ha ordinato ai residenti di rimanere nelle loro case dopo che un ordigno esplosivo era stato fatto esplodere nella tromba delle scale di un edificio residenziale nelle prime ore del mattino. Scrive il giornalista svedese Jacob Sandberg: “In media, ogni giorno si verifica una sparatoria e solo lo scorso anno sono stati registrati 50 omicidi con armi da fuoco. La Svezia ha ora il più alto tasso di violenza armata mortale in Europa. E si registra anche, in media, un attentato alla settimana, con oltre 90 attacchi esplosivi solo nel 2022. Per noi è molto difficile accettare l’enorme ondata di violenza armata. Così difficile, infatti, che ampie porzioni del giornalismo cercano disperatamente di minimizzarla. Su tutti i media si vedono tentativi di relativizzare l’aumento delle sparatorie mortali con riferimento, ad esempio, al numero di persone uccise ogni anno in incidenti stradali. In un caso particolarmente assurdo, Jan Guillou, il più famoso editorialista svedese, ha paragonato il problema della criminalità armata al numero di persone ferite scivolando nella vasca da bagno. Il giornalista di sinistra Mattias Irving si è lamentato del fatto che la gente parla di sparatorie mortali ignorando le morti sul posto di lavoro. Il quotidiano svedese DN ha persino pubblicato un saggio intitolato: ‘E’ irragionevole che le sparatorie mortali ricevano tutta l’attenzione’. Come altri tentativi di minimizzare l’aumento della violenza armata, l’autore ha affermato che questa impallidisce in confronto a minacce più banali. E ha citato le vasche da bagno”. Dal 2018, ci sono stati quasi 500 esplosioni in quella che è conosciuta come una delle società più stabili del mondo, la terra di Ikea, Spotify e Greta Thunberg. Dice all’Observer Linda Staaf, capo del servizio di intelligence della polizia svedese: “Non è normale vedere questo tipo di esplosioni in un paese senza guerra”. Sono 30.000 i membri delle gang criminali nel paese. Un numero pazzesco per un paese di appena 10 milioni di abitanti. Il primo a mettere in guardia la Svezia è stato un docente universitario membro del Parlamento per il partito liberale Mauricio Rojas, lui stesso immigrato dal Cile. Rojas ha visto il danno che l’immigrazione incontrollata del Terzo Mondo stava facendo alla Svezia e ha avvertito gli svedesi che il percorso che stavano seguendo avrebbe inevitabilmente portato al disastro. La rappresaglia è stata rapida. Definito uno “xenofobo”, Rojas è stato deriso dai media. Ha ricevuto minacce di morte ed è stato messo sotto sorveglianza 24 ore su 24 dal Säpo, la polizia di sicurezza svedese. Sono state avanzate richieste per la sua rimozione dal Parlamento. Non potendo più vivere nel paese, Rojas ha lasciato la Svezia per andare a insegnare in Spagna. Il numero di persone in Svezia nate all’estero è raddoppiato negli ultimi vent’anni fino a due milioni, un quinto della popolazione totale. Oggi un cittadino svedese su cinque è nato al di fuori della Svezia e tre quarti dei nati all’estero sono nati al di fuori dell’Ue. Se le attuali tendenze demografiche continuassero, in pochi decenni gli svedesi nativi sarebbero minoranza nel loro stesso paese. L’economista Tino Sanandaji dice che questa trasformazione potrebbe avvenire già “con la prossima generazione”. Hanno aperto troppo i cuori e ora devono trovare il modo di chiudere la porta senza perdere l’anima. Perché nel paese che accoglie tutti, nessuno è al sicuro.

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