Titolo, foto e occhiello Non c'entrano con l'articolo,gli "esteri" della Stampa non perdono nè pelo nè vizio
Testata: La Stampa Data: 02 giugno 2003 Pagina: 4 Autore: Aldo Baquis Titolo: «Arriva Bush. Arafat: "Finisci l'opera di tuo padre"»
Nell'articolo troviamo la solita abitudine di Baquis ad essere straordianriamente ossequioso verso le posizioni di Arafat. Senza voler dire di titolo - dove si evidenzia la frase di Arafat- e la fotografia che illustra il pezzo: ancora Arafat,appunto, come se fosse lui il vero interlocutore
I palestinesi si attendono dal presidente George Bush che «completi l'opera intrapresa dal padre» nel 1991, quando convocò a Madrid una Conferenza di pace da cui maturò poi il riconoscimento reciproco fra Israele e Olp. Alla vigilia di nuovi appuntamenti regionali - il vertice arabo-statunitense di Sharm el Sheikh e il summit di Aqaba fra Bush, Ariel Sharon ed il palestinese Abu Mazen - Yasser Arafat ha ieri auspicato che sia l'attuale presidente degli Stati Uniti a «edificare lo Stato indipendente palestinese, con Gerusalemme per capitale».
Come detto il pezzo inizia con Arafat. Perchè, visto che il raiss è fuori gioco ? Per Bush, Arafat resta comunque un impedimento al processo di pace e nei prossimi incontri regionali la sua controparte palestinese sarà appunto il premier Abu Mazen. Arafat, in un’intervista rilasciata al giornale «al Hayat» e a una stazione tv libanese, ha ostentato noncuranza. Restare bloccato nel proprio quartier generale di Ramallah non lo cruccia in quanto, ha spiegato, «i fratelli che compongono la delegazione rappresentano me e l'intero popolo palestinese». Se Arafat è un impedimento al processo di pace perchè Baquis nonfa ch eparlare di lui ? L'avvio ad Aqaba della realizzazione del Tracciato di pace è considerato dai palestinesi un evento importante e i contatti con Hamas e la Jihad islamica sono stati accelerati nella speranza - ha spiegato Arafat - che una sospensione delle ostilità possa essere annunciata da loro entro una settimana. Al tempo stesso Arafat non ha saputo rinunciare alla retorica incendiaria: ricevendo ieri nel proprio ufficio un gruppo di bambini palestinesi, ha voluto ricordare loro che «il martirio di chi si sacrifica per Gerusalemme equivale al martirio di 40 persone altrove». Di nuovo Arafat ! meno male poi che del rais viene riporata le terribile affermazione. Quello doveva essere semmai il titolo dell'articolo. Ecco la vera predisposizione di chi si appresta a parlare di pace. Nell’imminenza dell'arrivo di Bush nella regione, anche Sharon ha cercato di fare la propria parte ordinando un graduale allentamento della pressione militare nei Territori e preannunciando al governo l’imminente evacuazione di avamposti selvaggi eretti dai coloni. «Le proteste dei coloni rischiano di degenerare in una guerra civile», ha avvertito il ministro delle infrastrutture Avigdor Liberman. Sharon ha reagito con fastidio: «Attraversiamo una congiuntura difficile. Sarebbe opportuno che tutti si esprimessero in maniera responsabile». Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, ha ripreso a seguire da vicino le attività degli zeloti ebrei di estrema destra, i loro siti internet e i proclami dei rabbini che li animano. Finora, sul terreno, Sharon ha comunque progetti limitati. Saranno rimossi solo gli avamposti «eretti per fini politici», e non quelli che hanno «ragioni di sicurezza».
La posizione del governo israeliano è riportata in modo equilibrato Anche l'allentamento della pressione militare israeliana ha deluso le aspettative dei palestinesi. La maggior parte dei posti di blocco sono rimasti sul terreno. Dei 25 mila pendolari palestinesi che hanno ricevuto i permessi, solo alcune migliaia sono state ieri ammesse in Israele. E la promessa scarcerazione di 120 detenuti non è ancora iniziata. I reclusi destinati a riacquistare per primi la libertà, ha spiegato Israele, saranno i più anziani, i più malati, e quanti non hanno versato sangue di israeliani. La limitatezza delle misure umanitarie adottate finora da Israele è stata giustificata con il persistere dello stato di massima allerta. Ancora la settimana scorsa tre auto-bomba palestinesi sono state disinnescate in Cisgiordania mentre erano già in partenza verso lo Stato ebraico. Ecco il motivo per cui Israele valuta con estrema cautela la rimozione dei posti di blocco e la liberazione di alcuni detenuti. Tre auto bomba fermate: e se i posti di blocco fossero stati meno degli attuali ? Quale strage ci avrebbero annunciato i giornali ? Il problema è sempre il terrorismo. Finchè i palestinesi non lo capiranno non ci sarà mai una accelerazione al processo di pace. Una volta completato il ritiro israeliano (Sharon prospetta un ripiegamento per fasi fuori dalla striscia di Gaza e dai centri urbani cisgiordani) i raid militari e l’intercettazione dei kamikaze non saranno più possibili per Israele. «Non saremo certo disposti a tollerare le attività di militari israeliane nelle zone di nostra responsabilità» ha ribadito ieri il ministro palestinese per la sicurezza interna, Muhammad Dahlan. Saranno i suoi uomini a persuadere gli irriducibili dell’Intifada a cessare la lotta. «Con loro useremo la forza della logica, e non la logica della forza», ha teorizzato il colonnello Dahlan.
Lo dice Dahlan, e non abbiamo per ora motivo per non starlo a sentire. Bisogna vedere però il risultato. Che con dei fanatici terroristi serva la "logica" ci sia concesso esprimere dei dubbi. Un atteggiamento del genere può essere «solo un buon prologo, ma non la meta definitiva», ha spiegato il ministro della sicurezza interna Zahi Hanegbi, un dirigente del Likud. «I terroristi devono essere disarmati e le loro cellule smantellate. Altrimenti la sospensione degli attacchi sarà da loro utilizzata per riprendere forza, organizzarsi, produrre armi». Ma queste preoccupazioni appartengono al futuro. Alla presenza di Bush, prevedono i dirigenti israeliani e palestinesi, l’atmosfera sarà serena. Sharon ribadirà di non voler mantenere sotto occupazione militare 3,5 milioni di palestinesi, e Abu Mazen replicherà che gli attacchi terroristici devono cessare. Le loro solenni strette di mano saranno il punto di inizio di un Tracciato di pace su cui gravano ancora molti interrogativi.
Sagge parole, quelle di Hanegbi. E ha tortp Baquis quando scrive che queste parole appartengono al futuro. No, appartengono al presente. Gli attentati del terrorismo palestinese, con Arafat che soffia sul fuoco, sono lì a dimostralo. Il finale è roseo, ottimista. Lo speriamo anche noi, malgrado Arafat & soci. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita