Abu Mazen ha un problema con gli ebrei Analisi di Clifford D. May, da Israele.net
Testata: israele.net Data: 20 settembre 2023 Pagina: 1 Autore: Clifford D. May Titolo: «Abu Mazen ha un problema con gli ebrei»
Abu Mazen ha un problema con gli ebrei
Analisi di Clifford D. May, da Israele.net
Clifford D. May
Abu Mazen
C’era un tempo in cui Abu Mazen ispirava speranza. Eletto presidente dell’Autorità Palestinese dopo la morte di Yasser Arafat nel 2004, si presentava in giacca e cravatta, non tenute da battaglia. Era un nazionalista, non un jihadista. Denunciava il terrorismo “di qualsiasi parte e in tutte le sue forme”. Un anno prima Ariel Sharon, allora primo ministro israeliano, lo aveva definito “un uomo responsabile”. Poi è venuto fuori che era tutta una favola. Il mese scorso, parlando al Consiglio Rivoluzionario di Fatah, Abu Mazen ha affermato: “Dicono che Hitler uccise gli ebrei perché erano ebrei e che l’Europa odiava gli ebrei perché erano ebrei. Non è vero”. L’odio che portò al genocidio, ha sostenuto Abu Mazen, non era basato sulla razza o sulla religione. Gli europei “hanno combattuto contro queste persone a causa del loro ruolo nella società, che aveva a che fare con l’usura, il denaro e così via. Anche Hitler disse che combatteva gli ebrei perché avevano a che fare con l’usura e il denaro”. Abu Mazen ha poi affermato che David Ben-Gurion, il primo premier israeliano, “costrinse” gli ebrei a fuggire in Israele dai paesi arabi (dove avevano vissuto per secoli) “per mezzo di pressioni, coercizioni e omicidi”. Per quanto riguarda gli ebrei europei, ha detto che “non sono semiti” citando la screditata teoria secondo cui gli ebrei ashkenaziti discenderebbero dai kazari, un regno turco medievale. E lo stato d’Israele, ha detto al suo pubblico, è stato “inventato” dalla “Gran Bretagna e dall’America, non solo dalla Gran Bretagna”. E ha aggiunto: “Lo dico affinché sappiamo chi dobbiamo accusare d’essere nostro nemico”. Un paio di domande tra quelle che ben pochi mass-media si porranno: Abu Mazen ha sempre visto “queste persone” nello stesso modo in cui le vedeva “anche Hitler”? Oppure le sue opinioni sono cambiate nel corso dei 18 anni trascorsi dalla sua prima elezione a presidente, che si è rivelata essere anche la sua unica elezione? Forse l’immagine che tanti leader mondiali si erano fatti di lui era basata su un pio desiderio. Dopotutto, l’unica seria alternativa ad Abu Mazen è sempre stata Hamas, che controlla Gaza da quando ne ha cacciato con la violenza l’Autorità Palestinese, dopo il ritiro di Israele da quel territorio nel 2005. Hamas, un’organizzazione designata come terrorista e sostenuta dalla Repubblica Islamica d’Iran, non lascia adito a dubbi: “Non c’è soluzione alla questione palestinese se non attraverso la jihad”, recita l’articolo 13 della sua Carta fondamentale. Quindi Abu Mazen rimaneva l’unica carta da giocare. E si poteva sperare che con l’aiuto americano – compreso un aiuto pro capite maggiore di quello ricevuto dall’Europa con il Piano Marshall – la qualità della vita del palestinese medio sarebbe migliorata, il che avrebbe portato Abu Mazen a concludere che scendere a patti con Israele era nell’interesse dei palestinesi, per non dire del suo personale. Quella speranza non si è concretizzata, come doveva apparire evidente nel 2008. L’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert propose la creazione di uno stato palestinese sul 100% di Gaza e sul 94% della Cisgiordania (più compensazioni territoriali ndr). Sia lo stato ebraico che lo stato palestinese avrebbero avuto la loro capitale a Gerusalemme. Abu Mazen rifiutò seccamente. I leader israeliani e americani restarono sconcertati. Non erano a conoscenza delle radici ideologiche di Abu Mazen? Nel 1982, dopo un periodo di studi a Mosca, Abu Mazen conseguiva il dottorato con una tesi dal titolo: “Le relazioni tra sionisti e nazisti, 1933-1945”. In essa, accusava i sionisti di aver aiutato e favorito “l’annientamento della popolazione ebraica nei paesi europei occupati dalla Germania nazista, per attuare l’ideale sionista della colonizzazione di massa della Palestina e creare uno stato ebraico sul suo territorio”. Sosteneva che i sionisti rimangono “astuti e pericolosi nemici del socialismo e dei movimenti di liberazione nazionale”, nonché “truppe d’assalto della reazione imperialista mondiale” guidata dagli Stati Uniti. In seguito pubblicò un articolo in cui elaborava ulteriormente la sua tesi mettendo in dubbio che le camere a gas fossero usate per sterminare gli ebrei e sostenendo che il numero di ebrei assassinati nella Shoà potrebbe essere “anche inferiore a un milione”. La sua spiegazione del presunto imbroglio: i sionisti avrebbero ottenuto “maggiori guadagni” quando sarebbe arrivato il momento di “spartirsi il bottino”. All’inizio di quest’anno Izabella Tabarovsky, una scrittrice cresciuta in Unione Sovietica, ha spiegato sulla rivista Tablet che Abu Mazen non faceva che riecheggiare la linea del Partito Comunista Sovietico, che equiparava il sionismo al nazismo e dipingeva Israele come “irreparabile e irredimibile”. Se si assume questo punto di vista, ne consegue che qualunque forma di “resistenza” è giustificata. E se ciò dovesse portare a un secondo genocidio degli ebrei in meno di un secolo, beh, ancora una volta la colpa sarebbe dei sionisti, no? Abu Mazen ha 87 anni. Sospetto che ciò che ora lo preoccupa di più è il suo lascito: che il suo ritratto resti appeso accanto a quello di Arafat: due veri campioni della “resistenza”, della lunga guerra contro sionisti, israeliani, ebrei e “il loro ruolo nella società”. È stato a lungo conveniente sostenere la “causa palestinese” senza definire cosa ciò significhi. Sappiamo che per Teheran e i suoi protetti significa sostituire lo stato ebraico – quell’entità sionista illegittima, da apartheid e razzista! – con uno stato palestinese dal fiume Giordano al mar Mediterraneo. O come amano scandire i nemici di Israele, “dal fiume al mare la Palestina sarà libera”: cioè, libera da ebrei. La parola usata dai nazisti era judenrein (“ripulito dagli ebrei”). Se Abu Mazen coltiva siffatte opinioni non sarà possibile porre fine al conflitto finché resterà in carica, indipendentemente da quali e quante concessioni vengano offerte da Israele e da altri. Questo dato di fatto verrà ora riconosciuto dai tanti funzionari delle Nazioni Unite e degli Stati Uniti che impiegano i loro giorni (e i dollari americani) per diffamare e delegittimare Israele? Penso di no. D’altra parte, non credo alle favole.