Sant’Egidio: basta! La pace senza giustizia si chiama dittatura Il discorso di Olaf Scholz
Testata: Il Foglio Data: 18 settembre 2023 Pagina: 3 Autore: Olaf Scholz Titolo: «'La pace senza libertà e giustizia si chiama dittatura»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/09/2023, a pag. 3, l'intervento di Olaf Scholz dal titolo 'La pace senza libertà e giustizia si chiama dittatura'.
Olaf Scholz
Riprendiamo l'intervento di Olaf Scholz per metterne in evidenza soltanto poche parole, che rappresentano per noi il contenuto più importante in un discorso al 99% diretto a Sat'Egidio, come dire Vaticano e papa, i principali responsabili della caduta dell'Occidente soffocato dalla parola 'Pace'. La pace senza libertà e giustizia si chiama dittatura, va gridato ogni qualvolta sventola la bandiera con la scritta 'Pace'. Parole che hanno trovato spazio nell'intervento del leader tedesco.
Berlino, 12 settembre 2023
Illustre prof. Riccardi [fondatore di Sant’Egidio], illustre prof. Impagliazzo [presidente di Sant’Egidio], eminenze, eccellenze, illustri rappresentanti delle chiese e delle religioni, signore e signori, benvenuti in Germania – o meglio, di cuore, bentornati! Siamo lieti e onorati che il vostro incontro di pace abbia luogo per la quarta volta in Germania. Nel nostro paese non siete semplicemente degli ospiti sempre graditi, ma molto di più, siete in visita da amici. Con il vostro incontro a Berlino sottolineate il legame tra la vostra Comunità e un paese – la Germania – il cui cammino verso la pace è segnato da tragici errori, da accecamento imperiale e nazionalistico, che ha precipitato l’Europa e il mondo per ben due volte in sofferenze inimmaginabili. E proprio per questo la Germania è oggi un paese che tende la mano con la più profonda convinzione a chi cerca con audacia la pace. All’inizio desidero raccontarvi di un libro che durante l’estate ho finalmente potuto leggere e che da allora mi dà da pensare. Alcuni di voi lo conosceranno sicuramente. E’ stato scritto da un accademico statunitense, il prof. Graham Allison, e il suo titolo è: “Destined to War” – Destinati alla guerra. Partendo dall’antico contrasto tra Sparta e una sempre più potente Atene, Allison esamina la cosiddetta “trappola di Tucidide”, ossia l’ipotesi che l’ascesa di nuove grandi potenze porti inevitabilmente alla guerra contro la precedente potenza egemone. Qui riecheggia, naturalmente, la questione attuale e estremamente inquietante se la guerra sia fondamentalmente inevitabile in un mondo sempre più multipolare come il nostro. La risposta puramente statistica del libro è questa: in 12 dei 16 casi esaminati nell’arco degli ultimi cinque secoli di storia umana, un tale scenario è sfociato in una guerra. I pessimisti ne fanno discendere che le chance della pace sono pessime, la guerra è data 3 a 1. Sant’Egidio non si è mai rassegnata a questa aritmetica. Al contrario, il loro intero movimento si basa sul rifiuto della presunta logica della guerra. Vi si oppongono con l’“audacia della pace”. E’ per questo che siete qui oggi. E’ anche per questo che io stesso sono molto felice di essere oggi con voi, perché condivido non solo la vostra fiducia, ma anche il vostro obiettivo: l’audacia della pace. Ma questa affermazione nei fatti da sola non basta. Lo sappiamo tutti. Oggi probabilmente nessuno in Europa desidera la pace quanto gli ucraini. Ogni giorno difendono la loro libertà, la loro patria, le loro vite contro le ubriacature di potere imperialistiche e storicamente cieche dei governanti del Cremlino. Il piano di pace che il presidente Zelensky sta promuovendo in tutto il mondo esprime chiaramente questo anelito di pace. Allo stesso tempo, dobbiamo guardarci dalle soluzioni fasulle che hanno la parola “pace” solo nel nome. La pace senza libertà si chiama oppressione. La pace senza giustizia si chiama dittatura. Per questo motivo sosteniamo pienamente le richieste dell’Ucraina per una pace giusta che rispetti i principi della Carta delle Nazioni Unite. Che rispetti i principi di integrità territoriale e indipendenza. Per questo sosteniamo le ucraine e gli ucraini nella difesa della loro patria. Lo facciamo anche fornendo armi. Questa decisione non è stata facile per noi – e non la prendiamo alla leggera. Proprio perché conosciamo l’impatto delle armi che forniamo, ci stiamo coordinando da vicino e stiamo continuamente esaminando molto attentamente ciò che è necessario e ciò che è responsabile nella situazione attuale. Ma questo non cambia minimamente la mia intima convinzione: la legge deve superare la violenza, non il contrario. Qualunque altra posizione porterebbe al riconoscimento della legge del più forte. Dove conduca questa strada lo abbiamo imparato fin troppo bene in secoli di sfruttamento coloniale e distruzione bellica. Per me da ciò consegue che continueremo a sostenere l’Ucraina nel suo diritto all’autodifesa finché sarà necessario. Lo ritengo necessario non solo dal punto di vista politico e strategico, ma anche in termini di etica della pace. Sono grato alla Conferenza episcopale tedesca per averlo detto chiaramente nella sua dichiarazione subito dopo l’inizio della guerra di aggressione russa. “Resistere all’aggressione - Conquistare la pace” è il titolo della dichiarazione dei vescovi, e significativamente in questo ordine. Perché la difesa della propria esistenza contro l’aggressore è il prerequisito perché un’Ucraina indipendente e libera possa ritrovare la pace e perché la dirigenza russa sia disponibile a un vero negoziato. Questa realtà deve essere il punto di partenza della nostra ricerca della pace. Per questo le sono grato, professor Riccardi, per aver sempre preteso anche il realismo nell’azione accanto alla speranza per la pace, e per aver orientato in tal senso il lavoro di Sant’Egidio. Quando le Scritture giudaico-cristiane parlano del lupo che dimora con l’agnello e del vitello e del leone che pascolano insieme, purtroppo questa non era allora né è oggi la descrizione della nostra realtà. E’ piuttosto la promessa e la chiamata a lavorare per un mondo diverso, migliore e più pacifico. In altre parole, non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte al fatto che l’uomo possa essere un lupo per l’uomo. Ma non dobbiamo nemmeno rassegnarci a questo verdetto. Tanto più che questa famosa frase di Plauto ha una seconda parte. Per intero recita: “L’uomo è un lupo per l’uomo (…), almeno finché non si conoscono”. E questo mi riporta a Sant’Egidio e al principio che ha caratterizzato la vostra Comunità fin dalla sua nascita nel 1968. Vi affidate alla forza pacificatrice dell’incontro, del reciproco conoscersi e riconoscersi, dell’apprendimento gli uni dagli altri. E’ questo potere che prima o poi porta alla consapevolezza che siamo tutti esseri umani – dotati di uguali diritti, uguali doveri e uguale dignità. Non importa dove si è nati. Non importa se o in cosa si crede. Affermare questa cognizione nella vita quotidiana è il compito di tutti gli stati che si riconoscono nella Dichiarazione universale dei diritti umani. E allo stesso tempo – lo dimostra anche la felice esperienza di Sant’Egidio – è potere e dovere dei responsabili delle religioni come voi rafforzare questa consapevolezza dell’umanità che condividiamo e che ci lega gli uni agli altri. Proprio perché in nome della religione non si è fatta solo la pace, ma anche molte guerre sono state combattute e si combattono tutt’ora. Proprio perché la religione è stata abusata e viene tuttora abusata per privare donne e uomini dei loro diritti umani. E’ per questo ancora più significativo che insieme alziate le vostre voci per la pace e per il rispetto reciproco. Come ha fatto lei, Grande imam al-Tayyeb, quando nel 2019 ha dichiarato insieme a Papa Francesco che “le religioni non devono mai incitare alla guerra, né suscitare sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né istigare alla violenza o allo spargimento di sangue”. La convinzione che non la guerra è santa, ma la pace, è diventata la radice comune del nostro lavoro. Si conforma al principio che colui che vuole la pace deve preparare la pace. La Comunità di Sant’Egidio ha dimostrato nei più diversi scenari del mondo come questo si possa realizzare: • con la efficace mediazione di pace per porre fine alla guerra civile in Mozambico; • con il sostegno al disarmo dei combattenti nella Repubblica Centrafricana; • con il lavoro per la riconciliazione in Sud Sudan, insieme ai rappresentanti della Chiesa anglicana. Questo elenco potrebbe essere allungato. Desidero incoraggiarvi apertamente a proseguire con ogni impegno il vostro lavoro umanitario in Ucraina. Esso include l’aiuto ai rifugiati, come anche i colloqui per lo scambio dei prigionieri. Spesso sono proprio questi progressi negli aspetti particolari che aiutano a preparare il terreno per la fine della violenza e quindi per una pace giusta. Anche noi siamo impegnati su questa strada. Di recente, con il nostro sostegno e quello di molti altri paesi amici, l’Ucraina è riuscita a sedersi al tavolo con i principali stati asiatici, africani e latinoamericani, tra cui Cina, India, Egitto, Arabia Saudita e Brasile. Insieme stiamo ora lavorando per sviluppare i diversi aspetti della formula per la pace in Ucraina e i principi per una soluzione pacifica. Non è semplice, anche alla luce delle diverse percezioni che si hanno nel mondo della guerra russa. E’ necessario tempo e impegno. Tempo, che purtroppo non abbiamo, perché la Russia continua nel frattempo a bombardare, torturare e uccidere in Ucraina. Ma per quanto il tempo incalzi, Papa Francesco ha ragione quando descrive il lavoro per la pace come un “lavoro di artigiani pazienti”. E’ una descrizione davvero calzante. Perché esprime la consapevolezza che la pace non cade dal cielo, ma è il prodotto dello sforzo umano. E che la via della pace porti dal piccolo al grande. Essere artigiani della pace vuol dire impegnarsi per uguali diritti, uguali doveri, uguale dignità. Il cammino per la pace inizia là dove ci impegniamo perché bambini e ragazzi ovunque nel mondo abbiamo la possibilità di accedere ad una educazione di qualità; lottiamo seriamente e in maniera solidale contro la povertà e contro le conseguenze del cambiamento climatico generato dalle azioni umane; accogliamo le donne e gli uomini che fuggono dalla guerra e dalla persecuzione politica E’ un dovere dell’umanità! Al tempo stesso dobbiamo assicurare che le nostre società continuino a sostenere e ad accettare tali impegni. Anche questo è un aspetto irrinunciabile, se intendiamo la pace come “pace sociale” e se vogliamo contrastare i grandi semplificatori, quelli che dipingono la realtà in bianco e nero, quelli che sobillano con la paura e i populisti. E’ questa la via della pace che dobbiamo avere l’audacia di percorrere, sempre più insieme. Perché in un mondo con molti nuovi centri di potere, in società sempre più diversificate e individuali, dobbiamo tutti imparare nuovamente a vivere insieme nel rispetto reciproco delle nostre differenze. Questo è particolarmente vero nel mondo multipolare. Ed è vero anche in un paese come la Germania, in cui oggi convivono persone di molte diverse religioni e visioni del mondo. Cercare non ciò che divide, ma ciò che unisce – cioè l’inalienabile dignità di ogni individuo – anche questa è “l’audacia della pace”. Qualunque contributo io possa dare nella mia qualità di cancelliere federale della Germania, sarò lieto di darlo. Per l’instancabile impegno con cui Sant’Egidio e tutti voi osate la pace, desidero ringraziarvi dal profondo del mio cuore.
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