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Gli ebrei sono di nuovo un 'problema': non per l’etnia o la religione, ma perché oggi esiste un paese a maggioranza ebraica
Analisi di Cherryl Smith, da Israele.net
Cherryl Smith Da più di vent’anni (almeno dalla famigerata conferenza di Durban del 2001 ndr), è perfettamente chiaro a coloro che studiano l’antisemitismo che la sua forma attuale più diffusa è l’anti-sionismo. Gli ebrei furono odiati innanzitutto perché mantenevano la loro fede nell’unico Dio e seguivano le loro distinte tradizioni. Si rifiutavano di convertirsi e per questo furono denigrati, esiliati e assassinati. Successivamente furono odiati per la loro etnia, per non condividere la stessa ascendenza “di sangue” della maggioranza nei paesi in cui vivevano. E furono confinati nei ghetti, braccati, ammazzati. Nella nostra epoca attuale l’odio verso gli ebrei per la loro religione o per la loro stirpe (spesso impropriamente indicata come “razza” ndr) viene generalmente considerato al di là dell’accettabile. C’è ancora chi armeggia con vecchie forme di antisemitismo ma, perlomeno in Occidente, resta per lo più isolato. Tuttavia, oggi gli ebrei vengono apertamente e violentemente odiati per il fatto di avere un paese a maggioranza ebraica. Ovviamente non vi è mai stato un momento in cui gli antisemiti ritenevano di essere abietti e insensati. Quando gli ebrei venivano esiliati o uccisi perché non accettavano di diventare pagani, cristiani o musulmani, questa persecuzione sembrava appropriata, persino meritevole, agli occhi dei persecutori. E quando gli ebrei venivano trucidati nell’unica macchina di sterminio industrializzata esistita al mondo, i nazisti dicevano a se stessi che stavano “disinfestando” le loro terre dalla peste della “razza” ebraica. Oggi gli ebrei sono di nuovo un problema: non a causa dell’etnia o della religione, ma perché ora esiste un paese a maggioranza ebraica nella terra originaria degli ebrei. La creazione del moderno stato d’Israele ha comportato un processo pienamente legale, nell’arco di oltre 100 anni, fatto di accordi riconosciuti a livello internazionale, acquisti di terreni a prezzi esorbitanti, avalli dell’Onu e degli organismi suoi predecessori, e la costruzione di tutte le strutture e le basi giuridiche necessarie per un paese nuovo e democratico. Israele continua ad essere l’unica democrazia in Medio Oriente, dove vivono musulmani, cristiani, drusi, beduini e altri gruppi come cittadini a pieno titolo che praticano liberamente la propria religione, operano in tutte le professioni e sono impegnati a ogni livello nella vita del paese. Fino alla fondazione dello stato d’Israele, gli ebrei vissero ininterrottamente in quello che oggi viene chiamato Medio Oriente sin dall’epoca del loro esilio, quasi duemila anni fa. Il libro di Lyn Julius Uprooted (“Sradicati”) offre uno studio completo su come “la civiltà ebraica nel mondo arabo è scomparsa da un giorno all’altro”. Nel giro di pochi anni durante e dopo la fondazione del moderno Israele, 850.000 ebrei che avevano vissuto nel mondo arabo per generazioni furono costretti ad andarsene, e molti furono uccisi nelle violenze come quelle del pogrom Farhud (Iraq nel 1941). Costretti a lasciare il posto di lavoro e poi le proprie case, la maggior parte degli ebrei perse tutto ciò che aveva. Ora, in gran parte di quei paesi non ci sono più ebrei. L’antisemitismo attuale sostiene che, a differenza di qualsiasi altro popolo del mondo, al popolo ebraico non deve essere concesso un paese in cui gli ebrei sono la maggioranza, nemmeno nella loro terra d’origine. In questo tipo di antisemitismo, quello che viene attaccato e calunniato è il popolo ebraico in quanto tale. Dopo essere stati considerati per secoli un’etnia a se stante, ed essere stati per questo ostracizzati e perseguitati, improvvisamente gli ebrei vengono considerati un gruppo solo religioso a cui non dovrebbe essere concesso avere un proprio paese. Se un solo paese al mondo “merita” di scomparire e guarda caso quel paese è l’unico paese a maggioranza ebraica, allora si tratta certamente di antisemitismo. Oggi si registrano crescenti attacchi e aggressioni contro gli ebrei in molti paesi in cui vivono comunità di ebrei, e gli ebrei sono comprensibilmente scioccati da questo ritorno della violenza contro di loro. Chiaro che è scioccante. Ed è chiaro che non dovrebbero esistere attacchi a sinagoghe, negozi ebraici, case di ebrei, a ebrei nei campus universitari, a persone che portano la kippà o una stella di David al collo. Allo stesso modo, non dovrebbero esserci attacchi contro uno stato perché è ebraico. Ma è nostro dovere prendere atto di questa realtà. L’anti-israelismo/antisemitismo non scomparirà. E questo non è colpa degli israeliani più di quanto non fosse colpa degli ebrei, in passato, l’odio antisemita. L’attuale replica dell’antisemitismo sotto forma di anti-israelismo lascia credere che basta dire “sono ebreo, ma sono contro Israele” per non essere angariato o perseguitato. Ma non è così. Nessuno dei recenti aggressori di ebrei si è soffermato a domandare alle sue vittime la loro opinione su Israele, sulle sue politiche o su qualunque altra cosa. Sono state prese di mira indifferentemente comunità di ebrei ortodossi, riformati e conservative, club sportivi ebraici, negozi di alimenti ebraici, bar di proprietà ebraica, studenti e docenti ebrei. Naturalmente, anche Israele non è un posto sempre sicuro. Ma la differenza principale è che, quando viene attaccato Israele, le forze di sicurezza israeliane possono reagire con la massima determinazione, anche se gran parte del mondo sembra ancora non tollerare il fatto che gli ebrei finalmente si difendano.
(Da: Jerusalem Post, 26.8.23) http://www.israele.net/scrivi-alla-redazione.htm |
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