Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Rosaspina non guarda al passato Non è la prima volta per Israele ma la giornalista non lo sa
Testata: Corriere della Sera Data: 26 maggio 2003 Pagina: 6 Autore: Elisabetta Rosaspina Titolo: «Stato palestinese, il primo sì di Israele»
Sofferto voto del governo Sharon. A giugno vertice con Bush, Abu Mazen, re di Giordania e raìs egiziano
GERUSALEMME - Per la prima volta un governo israeliano ha riconosciuto formalmente il diritto dei palestinesi alla creazione di un loro Stato Falso: il diritto dei palestinesi alla creazione di un loro stato era stato formalmente riconosciuto il 15 maggio 1948 (Le dice qualcosa questa data, signora Rosaspina?)
Un voto storico e sofferto e quella volta non c'era neanche stato bisogno di un voto sofferto: per tutti gli israeliani era scontato che i palestinesi dovessero vivere in pace in un loro stato. Peccato che gli arabi non la pensassero affatto così, e non fossero minimamente disposti a lasciare tutta quella terra non solo agli ebrei, ma neanche ai palestinesi ha ricompattato i ministri del Likud dietro al premier, Ariel Sharon, che ha contato 12 consensi, 7 opposizioni e 4 astensioni alla sua decisione di aderire alla road map, il piano di pace
vogliamo fare una cosa onesta? Chiamiamolo piano e basta, lasciando fuori questa fantomatica pace, che lì dentro (nel piano) non abita proprio
patrocinato da Stati Uniti, Unione Europea, Nazioni Unite e Russia, che dovrebbe condurre alla creazione di uno Stato palestinese indipendente entro il 2005. La risposta del governo israeliano e la stretta maggioranza di voti favorevoli è comunque un buon risultato per Sharon che può dimostrare agli Stati Uniti il suo impegno e l’alto prezzo politico pagato in casa per venire incontro alle richieste americane. Ma il fragore degli ultimi attentati a Gerusalemme e, più a Nord, ad Afula, rimbomba ancora nelle orecchie degli israeliani, convinti che la ripresa del dialogo tra Sharon e la sua controparte palestinese, Abu Mazen, porterà a una nuova, violenta offensiva del terrorismo.
Non "convinti", cara signora, ma semplicemente consapevoli: è dagli incontri di Madrid (1991) che sta continuando a succedere. Lei non lo sapeva? Hamas, per bocca del suo portavoce a Gaza, Abdel Rantisi, ha preannunciato una tregua con Israele. Sarebbe il primo «cessate il fuoco» dal 1987, data di nascita del movimento. Ma è limitato agli obiettivi civili israeliani Il fatto è che per Hamas, come più volte dichiarato da tutti i suoi dirigenti, tutti gli israeliani, bambini compresi, sono considerati militari, e di conseguenza tutti rientrano negli obiettivi considerati legittimi anche dopo questo cosiddetto cessate il fuoco.
ed è subordinato alla fine delle incursioni militari nei Territori, dove muoiono quotidianamente anche civili palestinesi.
E come al solito causa ed effetto vengono capovolti. Non stupisce, naturalmente, che lo faccia Rantisi, ma questa frase non è virgolettata, e sembra dunque un'opinione personale della giornalista «Abbiamo detto chiaramente ad Abu Mazen - ha aggiunto Rantisi - che non smetteremo di colpire i soldati e i coloni». Una tregua condizionata, quindi, che non incide sull’opposizione di Hamas al riformista Abu Mazen: «La road map - ha insistito Rantisi - sarà un disastro per il popolo palestinese.
Certo, perché prevede il riconoscimento dello stato di Israele e la rinuncia a distruggerlo, ma questo è meglio non spiegarlo ai lettori ...
La sola road map che conosciamo è quella per il paradiso dei martiri». Anche il premier israeliano ha comunque una forte fazione contraria alla strada intrapresa con il voto di ieri. Non a caso uno dei suoi primi incontri, dopo la riunione di governo, è stato con i coloni, i cui insediamenti nei territori palestinesi sono messi in discussione dal piano di pace: «Voi siete i pionieri di Israele - ha cercato di tranquillizzarli il primo ministro -, ma la creazione di uno Stato palestinese è inevitabile». Non la pensa così il suo compagno di partito, ministro e avversario Benjamin Netanyahu, che ieri pomeriggio ha preferito l’astensione: «Avrei votato contro solo se gli Stati Uniti non si fossero impegnati a tenere conto delle riserve israeliane e delle modifiche richieste alla road map». Prima fra tutte quella sul diritto al ritorno dei profughi palestinesi
vale forse la pena di ricordare che la risoluzione Onu relativa ai profughi non parla affatto di "profughi palestinesi", bensì di "profughi". Ivi compresi quelli ebrei dai paesi arabi, costretti a fuggire per salvarsi la vita. E a lasciare lì tutto ciò che possedevano. Vale anche la pena di ricordare che gli ebrei risiedevano in quelle terre da molto prima che venissero invase e islamizzate dagli arabi, mentre la maggior parte dei cosiddetti profughi palestinesi erano immigrati dai paesi arabi circostanti da non più di due anni, e ad andarsene non sono stati costretti da Israele, bensì pressantemente invitati dai loro capi arabi (se la signora Rosaspina lo desidera, possiamo fornirle documenti di fonte araba che lo dimostrano)
che gli israeliani temono come un terremoto demografico.
No, non "temono": sarà un terremoto demografico, se verrà permesso. Ed è esattamente a questo scopo (dichiarato) che viene invocato: quello di distruggere Israele come stato ebraico.
Contro la sola eventualità si sono pronunciati 16 ministri del governo Sharon, approvando un documento preparato dal ministro degli Esteri, Silvan Shalom e da Dov Weisglass, inviato nei giorni scorsi da Sharon negli Stati Uniti a perorare l’opposizione israeliana alla richiesta palestinese. «Non possiamo pensare di tenere le nostre truppe a Jenin per sempre - ha detto Sharon in apertura di seduta ai suoi ministri -. Non è nemmeno giusto e giustificato che Israele governi tre milioni e mezzo di palestinesi». I suoi argomenti non hanno convinto i partiti di estrema destra, L’Unione Nazionale e il Partito Religioso Nazionale, i cui sette esponenti governativi hanno votato contro. Un sì a denti stretti è stato espresso dal ministro della Difesa, Shaul Mofaz, fermo nella convinzione che Israele stia imboccando una strada pericolosa.
Convinzione più che giustificata, visti i precedenti di Oslo. Sharon e Abu Mazen potrebbero incontrarsi nel giro di 48 ore. Mentre si sta organizzando un vertice internazionale, per la prima settimana di giugno, a Sharm el Sheikh o ad Aqaba, con il presidente americano Bush, il re di Giordania e il presidente dell’Egitto. «Ma al tavolo non voglio l’Unione Europea né le Nazioni Unite», ha messo in chiaro Sharon. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.