Una bandiera in Crimea, la beffa di Kiev ai russi nel giorno della libertà Cronaca di Brunella Giovara
Testata: La Repubblica Data: 25 agosto 2023 Pagina: 5 Autore: Brunella Giovara Titolo: «Una bandiera in Crimea, la beffa di Kiev ai russi nel giorno della libertà»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 25/08/2023, a pag.5, con il titolo “Una bandiera in Crimea, la beffa di Kiev ai russi nel giorno della libertà”, l'analisi di Brunella Giovara.
ZAPORIZHZHIA — Mille bandiere, nel giorno dell’Indipendenza, 32 anni dopo il distacco dell’Ucraina dall’Unione Sovietica. Ma ce ne sono tre più importanti delle altre. Una, piantata ieri mattina in Crimea, zona russificata fin dal 2014. La seconda, comparsa all’alba nel porto di Berdiansk, anche questo territorio occupato. E la terza, alzata al cielo a Horlivka, nel Donbass ancora presidiato dai russi, sullo sfondo si intravvede la città di Donetsk, che è la loro roccaforte. Sono durate poco, ma contava il fatto che tutto il Paese le vedesse, e soprattutto gli alleati occidentali. A ribadire che quella è terra ucraina e che verrà riconquistata, e non è negoziabile, non è scambiabile con un cessate il fuoco, una pace che non sia giusta. E se quella di Berdiansk è stata un’azione fatta probabilmente da partigiani locali, le altre due sono state opera dei marines sulla penisola, e degli incursori a Horlivka. Operazioni audaci, il massimo del risultato possibile, nonostante la scarsezza di mezzi. Soprattutto nel blitz in Crimea, annunciato a cose fatte da Andryi Yusof, vice capo del Gur, l’intelligence militare: «L’obiettivo è stato raggiunto, non ci sono state vittime tra il personale, i russi hanno subito perdite», nell’ordine di una trentina di soldati che difendevano la zona di Tarhanut, e precisamente Mayak, un faro dove è avvenuto lo sbarco di due commando, che potrebbe essere partito dalla costa opposta, da Ochakiv forse, di notte, a bordo di due gommoni, per arrivare sul punto stabilito, piantare la bandiera e andarsene in fretta. O forse a bordo di due elicotteri che hanno sfiorato il mare, sganciato gommoni e uomini, per poi tornare alla base. Non sono chiare tutte le fasi dell’operazione Mayak, ma di sicuro era stata preparata mercoledì, con l’abbattimento di una stazione radar importante — un impianto Reb, per la guerra elettronica — che controlla da Tarhanut tutto il Mar Nero, e quasi tutta l’Ucraina. Da lì venivano lanciati i missili che hanno colpito la costa di Odessa più volte a giugno e luglio. Centrata da uno sciame di droni ucraini, la base russa non esiste più, ed era la condizione necessaria per usare gli elicotteri e riuscire a piantare la bandiera, in un campeggio abbandonato. Il breve video diffuso dimostra il successo del blitz, tra spari e urla. Il presidente Zelensky ha ringraziato anche loro, nel discorso per la Festa, diffuso ieri mattina. Oltre a tutta la popolazione, non solo i militari, e i medici, gli insegnanti, e gli ingegneri e elettricisti che garantiscono una vita quasi normale ai cittadini, in questo tempo di guerra. Ha ringraziato anche «chi non può essere menzionato adesso, non possiamo farne i nomi», le persone che portano a bersaglio operazioni come queste. Simboliche, ma intanto ci sono riusciti. «Tutti siete importanti», chi combatte sul campo e chicombatte a casa, i civili che hanno perso la casa e il lavoro, quelli che hanno perso mariti, figli, e fratelli, le madri che hanno visto uccidere i propri bambini. «In questa lotta tutti contano, perché si lotta per una cosa importante per tutti: una Ucraina indipendente». Perciò il Paese ha bisogno di molte bandiere, e dei simboli che via via vengono mostrati. La grande statua Madre Ucraina di Kiev, con il tridente che ha sostituito la falce e martello sovietica. Le camicie “vishivanka”, che ieri molti indossavano per la festa, compreso il presidente (in una versione militare). La parata dei carri armati e dei missili, nel centro della capitale. Tutti messaggi di orgoglio, mentre in varie parti del Paese cadevano altri missili, altri droni, nuova distruzione.
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