Come si racconta la Shoah ai bambini Recensione di Lara Crinò
Testata: La Repubblica Data: 14 agosto 2023 Pagina: 31 Autore: Lara Crinò Titolo: «Come si racconta la Shoah ai bambini»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/08/2023, a pag.31 con il titolo "Come si racconta la Shoah ai bambini", l'analisi di Lara Crinò.
Lara Crinò
La copertina (Mondadori ed.)
«La casa era piena di uomini, nazisti ma anche fascisti italiani, il nostro indirizzo era stato dato loro da uno spione che ci conosceva e ci aveva traditi». Il racconto della deportazione verso il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau di Andra Bucci comincia come altri racconti della Shoah: una casa affollata di parenti, perché in tempo di guerra e di persecuzioni le case sono affollate, e povere, e anguste; un colpo alla porta nella notte perché qualcuno, un delatore, spesso una persona conosciuta, ha rivelato che ci sono dei vicini ebrei; pochi minuti per raccogliere un piccolo bagaglio, poi il tragitto verso i vagoni della deportazione. Questa frase, con cui Andra Bucci comincia a narrare la sua storia di bambina rinchiusa nel lager e sopravvissuta allo sterminio, si trova nelle prime pagine di Sarò la tua memoria, di Mario Calabresi. Una storia di trasmissione di memoria dedicata ai più giovani, che affronta col giusto passo un tema di cui molto si dibatte negli ultimi anni: come trasmettere il ricordo di ciò che è accaduto? Si possono dare molte risposte. Tuttavia, per non scadere nella fictionalizzazione del passato è necessario stare un passo indietro e saper ascoltare. Così fa Calabresi in questo libro, dove il testo è accompagnato con grazia dalle illustrazioni di Carla Manea: in scena mette Joshua, il nipotino cresciuto in California, e la sua nonna Andra, che nel corso degli anni imparano a conoscersi durante le vacanze estive di lui in Italia e durante i soggiorni di lei negli Stati Uniti. In quel tempo insieme, man mano che il bambino cresce, nasce il racconto di ciò che la nonna ha vissuto durante la sua infanzia. Si dipana un po’ alla volta, guidato dalla voce «tranquilla, mai agitata» di Andra che rievoca la sua discesa nell’orrore, ma vuole al tempo stesso proteggere il nipote amato. Procede a sprazzi, per flashback successivi, perché ciò che fa male non si può mai dire in una volta sola, e anche noi insieme a Joshua scopriamo o riscopriamo la storia di Andra e di sua sorella Tati, figlie di Mira, una sarta di origini ebraiche, e di Nino, un marinaio cattolico. Andra cresce a Fiume, all’epoca una città italiana: nelle foto della prima infanzia è sempre vestita come sua sorella Tatiana detta Tati, e in quella somiglianza con la sorella, che è maggiore di lei di due anni ma sembra la sua gemella, sta la ragione della sua sopravvivenza. Quando con la madre arriveranno ad Auschwitz, due piccole di quattro e sei anni finiranno nella baracca dei bambini che il dottor Mengele sottopone ai suoi esperimenti. La mamma, prima che le loro strade si dividano, chiede alle figlie di ricordare ogni giorno il loro nome e cognome; la blokova, la delinquente comune che i nazisti hanno messo a guardia della loro baracca, consiglia loro di non dire mai di voler raggiungere la mamma e di non fare mai un passo avanti durante gli appelli; il cuginetto Sergio, invece, lo farà e verrà portato via e ucciso. Dopo la liberazione dal campo e la fine della guerra Andra e Tati non torneranno subito in Italia. Verranno portate prima in Cecoslovacchia, poi a Lingfield in Inghilterra. Scopriranno infine che la madre si è salvata, e potranno ricongiungersi a lei. Come elabora Joshua la storia della nonna? Cercando un modo per esserle vicino, la invita a parlare nella sua scuola americana, e scopre così l’enorme potere della testimonianza diretta. Ma non solo: durante le vacanze, a 17 anni, sceglie di sperimentare almeno in piccola parte le privazioni a cui Andra è stata sottoposta, isolandosi per giorni nel garage di casa, facendo lavori manuali per i vicini, mangiando poco, tenendo un diario: al ritorno in classe, racconterà la sua esperienza e la vicenda di Andra nell’auditorium del suo liceo. Si legge, in queste pagine, il grande affetto che lega nonna e nipote, ma anche quello dell’autore nei loro confronti. Uno sguardo empatico che non significa personalizzare la Storia ma dare importanza alle singole voci. Se continueremo ad ascoltarle, e a farle ascoltare ai nostri figli, salveremo un pezzo di memoria.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppre cliccare sulla e-mail sottostante